Di "spedizioni" della troika abbiamo scritto praticamente ogni
settimana in merito alla Grecia, ma anche alla Spagna e al Portogallo.
Senza grosso clamore mediatico, ora, è la volta di una nuova tornata di
"controlli". E questa volta riguardano l'Italia. Il Fondo Monetario Internazionale è a Roma, e i suoi emissari si
muovono tra il Tesoro, la Banca d'Italia, Palazzo Chigi e varie
authority di vigilanza. Passano in rassegna i nostri compiti,
come gli ispettori del Ministero dell'Istruzione di volta in volta nelle
scuole pubbliche. Solo che questa volta si parla in lingua anglofona,
cioè straniera.
Il Ribelle
Ci apriamo al nemico insomma. O meglio, ci lasciamo invadere,
occupare e controllare da chi di fatto è all'origine della crisi nella
quale siamo. L'Fmi viene a verificare che dopo i proclami di Letta, in
merito a Imu, Iva e Lavoro, in ogni caso non si sgarri da quanto a suo
tempo prescritto. E noi non solo li facciamo entrare, ma gli stendiamo
il tappeto rosso dinnanzi a ogni passo.
Il punto di attualità, al centro di questo viaggio d'ispezione
dell'Fmi, è chiaro: vuole vedere da dove prendiamo la copertura per le
manovrine rilanciate dal Governo Letta. Anche gli italiani vorrebbero
saperlo, ma mentre noi ce ne stiamo calmi ad aspettare Godot, l'Fmi
invece non perde tempo, pretende di vedere i libri contabili e ci fa le
pulci.
Altro capitolo d'indagine, cioè, d'ispezione: il settore finanziario
nel suo complesso, ovvero lo stato di salute delle banche italiane. In
tal senso bisogna riscontrare che la European Banking Authority (l'Eba),
cioè l'istituzione comunitaria di controllo sulla sorveglianza
bancaria, al momento non ha riscontrato particolari criticità. Ma
siccome l'ultima ondata di stress test fatta alle Banche europee ha
avuto la veridicità di un incontro di wrestling, visto quello che è
successo dopo, ora Washington vuole vederci chiaro, e di persona. Del
resto la decisione di qualche giorno addietro di coinvolgere anche i
depositanti negli eventuali (eventuali?) casi di sofferenza degli
istituti bancari è eloquente. O almeno dovrebbe esserlo.
Per quanto ci riguarda, del resto già abbiamo le loro basi e i loro
militari tra noi da almeno sessanta anni, figuriamoci se possiamo
permetterci di dire no a chi viene a rovistare tra i nostri cassetti
contabili. Peraltro, grossomodo un anno addietro, l'Fmi ci aveva già
bacchettato in merito allo stato del nostro sistema bancario. Ma
all'epoca c'era Mario Monti al governo, cioè uno di loro, il
quale solo qualche mese prima aveva girato un assegno da 2.5 miliardi a
Morgan Stanley, per chiudere una operazione di derivati sottoscritta
dall'Italia a suo tempo sulla quale, la Banca statunitense, sentito
puzza di bruciato, aveva chiesto - e ottenuto - di essere liquidata
all'istante. Con l'uomo del Bilderberg e della Goldman Sachs al governo,
allora, il gioco fu semplicissimo. I media ufficiali, ovviamente, non
ne parlarono affatto, e mentre sull'Italia si abbatteva la più grande
scure di macelleria sociale degli ultimi decenni una mole tale di denaro
drenata dalle casse pubbliche prendeva la via occidentale.
Ora al governo c'è Letta, altro uomo del Bilderberg e dei poteri forti. Difficile che la musica cambi.
Lo diciamo in altre parole: dopo le notizie uscite in odore di
derivati pericolosi che riguardano il nostro Paese - che ovviamente,
malgrado le smentite, è una realtà - c'era insomma bisogno di una nuova
missione dell'Fmi a Roma. Scommettiamo che tra un po' il governo Letta,
anche in questo caso, nel silenzio più ossequioso dei media, staccherà qualche altro bell'assegno per chiudere operazioni che le Banche
creditrici d'oltreoceano ritengono a rischio mentre dalle nostre parti
iniziamo seriamente a morirci di fame?
Certo che chi ci capisce è bravo !
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