“Rilevanza della forma e della istituzionalità giuridica nella
creazione del valore monetario”.
Occorre precisare quali caratteristiche
tecniche ed economiche assuma il procedimento di emissione nella
creazione del valore monetario, ed in particolare l’enorme rilevanza
della istituzionalità giuridica (cosiddetto corso legale) e la
conseguente manifestazione formale mediante il simbolo monetario di
costo nullo.E’ la manifestazione formale del simbolo che, una volta
recepita dalla collettività,ne determina la tipica rilevanza giuridica
per la coscienza sociale. E’ questa che crea il valore monetario
convenzionale, sicché nel momento stesso in cui si è incorporato nel
simbolo il valore convenzionale, si obiettivizza in un nuovo bene: la
moneta.
Questo bene ha dunque le caratteristiche di essere:a)
immateriale, b) collettivo, c) di avere un valore condizionato: a)
immateriale perché la strumentalità risiede non nell’elemento materiale
del simbolo (la cui funzione consiste nel manifestare il bene,
individuarlo come oggetto di diritto, attribuirne la titolarità al
portatore del documento) ma nella convenzione monetaria. A conferma di
ciò sta il fatto che, se si dichiara una moneta fuori corso, essa, pur
senza perdere la sua integrità fisica, perde il suo valore. Ciò avviene
perché il simbolo ha perso la sua rilevanza giuridica. In breve, perché è
venuta meno la convenzione sociale che attribuiva al simbolo il tipico
valore convenzionale monetario. La rilevanza giuridica è la tipica
convenzione che rende attualmente utile ogni modo di essere degli
strumenti giuridici, le LEGGI. Merita ricordare a questo punto la
magistrale definizione di Pedio: “Conventionis nomen generale est omnia
pertinens quod faciunt qui inter se agunt”.
Da queste ovvie
considerazioni emerge la assoluta inattendibilità delle teorie che
capziosamente ed interessatamente pretendono di qualificare la moneta
come merce, cioè come bene materiale. Queste teorie sono di solito
sostenute per difendere il monopolio culturale delle scienze monetarie,
dirottando la cultura di massa sui falsi binari della concezione
materialistica del valore.La merce è stata da sempre la forma o
manifestazione esteriore del valore monetario e solo entro questi limiti
è accettabile la sua strumentalità o il suo valore che dir si
voglia.Anche l’oro ha valore di moneta non perché sia oro, ma perché ci
si è messi d’accordo che lo abbia.
Tanto è vero ciò, che si usa ormai
normalmente la carta per espletare la funzione tradizionalmente assunta
dall’oro e nessuno si scandalizza se si usa correntemente oro carta,
cioè moneta formalmente manifestata mediante un simbolo di costo
nullo.Quando si distinguono i beni materiali da quelli immateriali in
base alla considerazione che i primi sarebbero percepiti mediante i
sensi (qui tangi possunt) ed i secondi mediante l’intelletto, non si
comprende il punto essenziale della funzione della forma. Anche i beni
immateriali si manifestano infatti mediante un mezzo sensibile: ad
esempio carta ed inchiostro nel diritto d’autore o nel disegno del
brevetto o dell’opera dell’ingegno. Non è dunque questo il criterio
distintivo tra le due categorie di beni. La verità è invece che i beni
materiali si distinguono dai beni immateriali, perché in quelli la
strumentalità risiede nella materia, in questi invece risiede in una
realtà spirituale.
Il valore che è elemento comune a tutti i beni – sia
quelli materiali che quelli immateriali – consiste sempre in una realtà
spirituale, cioè – come abbiamo detto -in una previsione, che è una
dimensione dello spirito perché è un modo di essere del tempo.Così come
non è concepibile la vita senza tempo, non è concepibile valore senza
vita, tanto è vero che non esiste ricchezza in un mondo dì morti. E’
dunque la nostra esperienza vivente che ci rende consapevoli di questa
verità. Se la moneta fosse puramente e semplicemente merce, cioè materia,
essa sarebbe concepibile anche in un mondo senza vita. Per reductio ad
absurdum, dunque,questa tesi è da respingere. b) collettivo in quanto ha
la caratteristica di essere ad un tempo unità di misura convenzionale
del valore dei beni e valore della stessa misura che diventa pertanto
oggetto di scambio.E’ la collettività stessa che accettando la moneta
come unità di misura e mezzo di pagamento ne crea e conserva il valore,
sicché la moneta non sarebbe concepibile se non nell’ambito di una
collettività che ne usa.
Questa caratteristica assume importanza di
grande rilievo nell’ordinamento internazionale del sistema
monetario,perché quando di questa convenzione monetaria partecipano
differenti Stati, nasce un interesse comune alla stabilità ed alla
difesa dei valori monetari che costituisce un incentivo alla pacifica
coesistenza ed al coordinamento dei sistemi economici. c) di aver un
valore condizionato dalla esistenza di beni da misurare nel
valore.Questa condizione è comune a qualsiasi unità di misura. Ed è
questa una precisazione fondamentale per evitare l’equivoco di ritenere
la moneta”rappresentativa ” del valore dei beni esistenti sul mercato
quasi fosse una specie di titolo di credito o fede di deposito.
Il
valore monetario è infatti, come abbiamo visto, convenzionale e non
creditizio. Avere consapevolezza di questa verità significa anche
comprendere che, all’atto della nascita, questo bene deve essere
regolato anche come oggetto di diritto;occorre cioè stabilire per legge,
all’atto dell’emissione monetaria, di chi sia la proprietà della
moneta. Una valida riforma del sistema monetario internazionale non è
concepibile se a monte non accoglie il principio fondamentale di
considerare ogni popolo proprietario della sua moneta. E’ infatti la
collettività dei cittadini che con la sua attività mentale crea il
valore convenzionale monetario.Come abbiamo già detto, e torniamo a
ricordare, il valore della moneta è creato dal fatto che ognuno è
disposto ad accettare moneta contro merce perché, a sua volta,prevede di
poter scambiare moneta contro merce. Questa previsione del
comportamento altrui come condizione del proprio è la fonte del valore
convenzionale monetario.Dunque, ogni popolo va riconosciuto proprietario
della sua moneta in quanto è lui stesso che la crea. Il mancato
chiarimento di questo concetto ha consentito il secolare equivoco
dell’emissione monetaria.
La banca infatti si è attribuita la proprietà
della moneta perché l’ha emessa mediante indebitamento dei
mercato,prestandola, e siccome prestare denaro è sempre prerogativa dei
proprietario,con un rovesciamento contabile, si è attribuita la
proprietà della moneta, il cui valore è, invece, creato dai cittadini.
Particolarmente significativa e rivelatrice la considerazione di E.
POUND: “Lo scopo della guerra civile americana venne scoperto in un
numero dell’ Hazard Circular del 1862:”Il grande debito che i nostri
amici capitalisti dell’Europa faranno creare da questa guerra, verrà
adoperato per controllare la circolazione. Noi non possiamo permettere
che i greenbacks (biglietti di stato) circolino, perché non possiamo
averne il dominio”.
Fonte: http://www.beppegrillo.it/listeciviche/forum/
Ottimo....e' da qui che si deve partire.....
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