20 gennaio 2013

MALI, FRANCIA E POLLI

Ovvero: tutti i polli finiscono allo spiedo
“Sembra che i francesi avessero in corso una delle loro guerre, da quelle parti.”
– Charlie Marlow, da Cuore di tenebra di Joseph Conrad

La visione che il personaggio di Conrad, Marlow, descrive è quella di una fregata francese che spara bordata su una vasta giungla africana, sostanzialmente bombardando un continente. Tale immagine mi si è presentata alla mente questa settimana, quando Mirage ed elicotteri da combattimento francesi sono entrati in azioni contro un esercito eterogeneo d’insorti islamici in Mali. Che ci sia un picco d’instabilità in quel paese senza sbocchi e largamente deserto non dovrebbe certo essere una sorpresa per i francesi: in larga misura la causa sono loro e i loro alleati.
Ed erano stati avvertiti.
Di Conn Hallinan
Foreign Policy in Focus

Un po’ di storia. Il 17 marzo 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la Risoluzione 1973 per “proteggere i civili” nella guerra civile in Libia. Due giorni dopo Mirage francesi hanno cominciato raid di bombardamento contro i blindati e gli aeroporti di Muammar Gheddafi, innescando così l’intervento diretto della Gran Bretagna, assieme al Qatar e all’Arabia Saudita.
La Risoluzione 1973 non autorizzava la NATO e i suoi alleati e parteggiare nella guerra civile libica, solo a proteggere i civili, e molti dei firmatari – comprese Russia e Cina – presumevano che l’azione del Consiglio di Sicurezza avrebbe seguito la prassi normale e avrebbe iniziato con l’esplorare innanzitutto una soluzione politica. Ma il solo tipo di “soluzione” cui era interessata l’alleanza anti-Gheddafi era il genere realizzato da bombe da 600 chili a guida laser.

Il giorno dopo l’attacco francese l’Unione Africana (AU) ha tenuto una riunione d’emergenza in Mauritania nel tentativo di fermare i combattimenti. L’AU era profondamente preoccupata che, se la Libia fosse crollata senza un piano pronto per il dopo Gheddafi, avrebbe potuto destabilizzare altri paesi della regione. L’UA era particolarmente preoccupata che i vasti magazzini di armi della Libia potessero finire per alimentare guerre locali in altre parti dell’Africa.
Tuttavia nessuno a Washington, Parigi o Londra ha prestato alcuna attenzione all’AU e sette mesi dopo che la Francia aveva lanciato i suoi attacchi, la Libia è implosa nella sua condizione attuale di stato mancato. Nel giro di due mesi i tuareg – riforniti delle provviste di armamenti di Gheddafi – si sono sollevati e hanno cacciato dal nord del Mali il corrotto e inutile esercito maliano. 

I tuareg sono gente del deserto, collegati ai berberi che popolano la catena nordafricana dell’Atlante. Hanno combattuto quattro guerre contro il governo maliano da quando il paese è stato liberato dalla Francia nel 1960 e molti tuareg vogliono creare un proprio paese, “Azawed”. Ma il ribollente scontento nel Mali settentrionale non è limitato ai tuareg. Altri gruppi etnici sono irritati per lo studiato abbandono, da parte del sud, di tutto il popolo del nord del paese.
I tuareg stanno combattendo i francesi anche per le miniere d’uranio del Niger.
Il governo di Gheddafi aveva appoggiato a lungo le richieste dei tuareg di un maggiore autogoverno e molti tuareg hanno servito nell’esercito libico. C’è da sorprendersi se tali tuareg hanno saccheggiato i depositi di armi quando è crollato il governo centrale? E che, una volta ottenuta quella fantastica potenza di fuoco, l’abbiano utilizzata per un tentativo di ritagliarsi un paese proprio?

I tuareg sono nomadi e avevano scarso interesse a tenere città come Timbuktu, Gao e Kidal, nel Mali settentrionale, e dopo aver distrutto l’esercito maliano sono tornati nel deserto. Nel vuoto creato dalla rotta dell’esercito maliano, sono affluiti nel Maghreb islamico (AQIM) gruppi islamici, come Ansar-al-Din, al-Tawhid wa al-Jihad e al-Qaeda. Sono queste organizzazioni che i francesi stanno bombardando, anche se ci sono notizie che nel fuoco sono presi in mezzo civili.
Anche gli USA sono coinvolti. Secondo Democracy Now l’amministrazione Obama sta trasferendo truppe e equipaggiamenti francesi nell’area, e sta impiegando droni di sorveglianza. E con la guerra che si estende all’Algeria, dove circa due dozzine di occidentali, tra cui numerosi statunitensi, sono stati rapiti per rappresaglia contro gli attacchi francesi in Mali, gli Stati Uniti possono finire con l’inviare truppe di terra.
Perché i francesi stanno nuovamente bombardando un continente?

Innanzitutto la Francia ha grandi investimenti nel Niger e in Mali. Tirate le somme, si tratta di franchi (o euro, a seconda dei casi). Circa il 75% del fabbisogno  francese di elettricità proviene dall’energia nucleare e una fonte a basso costo è il suo antico impero coloniale nella regione (che, oltre al Mali e al Niger, comprendeva Senegal, Mauritania, Guinea, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Chad, Algeria e Repubblica Centroafricana). La maggior parte del suo combustibile nucleare proviene dal Niger, ma Al Jazeera riferisce che le imprese francesi dell’uranio, del petrolio e dell’oro si stanno organizzando per sviluppare il Mali settentrionale. Salvo che uno pensi che tale “sviluppo” sia un bene per i locali, si consideri che, secondo l’Indice di Sviluppo Umano dell’ONU, il Niger è il terzo paese più povero del mondo.
Ci sono anche altri problemi.
Ad esempio un complesso di Napoleone.

“I francesi, come gli statunitensi, giudicano i presidenti dalla loro capacità di prendere decisioni dure e ce ne sono poche di più dure che mandare giovani in guerra,” scrive il giornalista del New York Times Steve Erlanger, in un articolo sulla decisione del presidente francese Francois Hollande di intervenire in Mali. ‘Hollande, da lungo tempo considerato morbido, cambia volto con una posizione ferma’ (che fa suonare la cosa vagamente come una pubblicità del Viagra), l’articolo cita l’”esperto della difesa” Francois Heisbourg che elogia Hollande per aver agito “con decisione” e per aver “dimostrato di essere in grado di decidere in questioni di guerra e di pace”.

In realtà, nel 1812 quella faccenda di “guerra e pace” finì piuttosto male per i francesi, anche se il modello attuale di Grand Armee francese non deve temere granché quanto a neve e ghiaccio in Mali. Ma il Mali è quasi due volte la Francia: 1.240.000 chilometri quadrati contro 547.000 chilometri quadrati, una bella area da coprire per il Mirage. In realtà gli aerei da guerra francesi non hanno neppure la loro base in Mali, ma nel vicino Chad, a circa 2.000 chilometri dai loro obiettivi. E’ una lunga distanza da percorrere per i cacciabombardieri e lascia loro poco tempo sul campo di battaglia. Apparentemente gli Stati Uniti stanno valutando un supporto mediante rifornimenti in volo, ma, sotto ogni aspetto, le forze francesi incontreranno considerevoli ostacoli logistici. E anche se la geografia del Mali può non fare il paio con le steppe russe in inverno, il suo feroce deserto è un terreno scoraggiante. 

Infine, Hollande desidererebbe distogliere un po’ di pressione dalla sua situazione interna. Non c’è nulla come una guerra per far dimenticare alla gente un’economia stagnante, l’alta disoccupazione, i lavoratori insofferenti e ancora un’altra tornata di tagli d’austerità.
Ma questa guerra potrebbe diventare molto brutta, e se volete la definizione di un pantano, provate con il Mali settentrionale. Invece di essere intimiditi dagli attacchi francesi gli insorti hanno contrattaccato con successo e hanno preso la città di Diabaly, nel Mali centrale. Se Parigi pensava che si trattasse soltanto di disperdere i negracci con qualche giro di bombardamenti, si dovrebbe suggerire che Hollande ristudi le passate campagne controinsurrezionali del suo paese, cominciando da Vietnam. 

I gruppi islamici sembrano godere di scarso sostegno locale. Il Mali è in larga misura un paese islamico, ma non del genere di quello dei simili di Ansar al-Din o dell’AQIM. Ma se si mette a disposizione una gran quantità di potenza di fuoco – che è esattamente ciò che ha fatto la guerra per rovesciare Gheddafi – allora non occorre un grande sostegno per provocare un mucchio di guai.
I ribelli certamente non incontreranno nessuna opposizione da parte dell’esercito del Mali, il cui capo addestrato negli Stati Uniti, il capitano Amadou Sanogo, ha rovesciato il governo democratico del proprio paese due mesi dopo che i tuareg erano venuti dal Sahara all’attacco per prendere Timbuktu. Apparentemente un certo numero di quei soldati addestrati dagli Stati Uniti ha cambiato bandiera, trasferendo armi e mezzi di trasporto agli insorti. 

Ci sono prove che l’esercito del Mali può aver provocato i tuareg, tanto per cominciare. Risulta che, anziché usare i milioni di dollari ricevuti dagli Stati Uniti negli ultimi quattro anni per la lotta contro il “terrorismo” nella regione, l’esercito del Mali li abbia usati per massacrare i tuareg. Cioè, fino a quando questi ultimi non hanno ricevuto un’iniezione di potenza di fuoco superiore dopo la caduta di Gheddafi.
I francesi prevedono di dispiegare circa 2.500 soldati in Mali, ma fanno affidamento sulla Comunità Economica dell’Africa Occidentale (ECOWAS) per raccogliere un esercito di 3.300. Ma l’esercito dell’ECOWAS dovrà essere trasportato in Mali ed essere addestrato e qualcuno dovrà pagare il conto. Ciò significa che per i prossimi numerosi mesi saranno i francesi a difendere il forte, e ciò costerà un mucchio di euro, dei quali non si può dire che la Francia abbia un surplus.

La gente del Mali settentrionale ha antichi motivi di dolersi, ma la crisi attuale è stata scatenata dall’intervento militare in Libia. E se pensate che la Libia abbia creato mostri, pensate soltanto a cosa succederà se in Siria cadrà il governo di Assad senza un percorso politico predisposto. Sì, i francesi sono molto coinvolti in Siria oggi, in una guerra civile che sempre più mette i sunniti contro gli sciiti e si è già diffusa in Libano, Turchia, Giordania e Iraq. In confronto con le riserve di armamenti della Siria, la potenza di fuoco Libica pare una collezione di moschetti e baionette. 

Dominique de Villepin, l’ex primo ministro francese e critico aspro dell’invasione statunitense dell’Iraq, ha scritto recentemente sul Journal du Dimanche: “Queste guerre [come quella del Mali] non hanno mai costruito uno stato solido e democratico. Al contrario, favoriscono il separatismo, gli stati falliti e il tallone di ferro delle milizie armate.” 

E dunque cos’hanno a che fare il Mali e l’intervento francese con i polli?
Che finiscono sempre allo spiedo.

Traduzione di Giuseppe Volpe per © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

3 commenti:

  1. Articolo interessante; mi permetto di fare una precisazione : il nucleare in Francia fornisce intorno all' 80% della produzione di energia elettrica e non dell'energia.

    (L'energia elettrica rappresenta solo una parte modesta del fabbisogno energetico di un paese)

    Grazie !

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    Risposte
    1. Grazie. Ho corretto la traduzione: l'originale parlava genericamente di 'energy' ma non sarebbe stato difficile capire che si trattava di elettricità visto che poi si parlava di combustibile per centrali nucleari.
      Sorry

      Giuseppe Volpe
      Znetitaly.org

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    2. ...Ho corretto anch'io.
      Grazie per il tuo prezioso lavoro di traduzione.
      Ciao

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