Sei le persone arrestate in Catalogna per aver partecipato allo 
sciopero generale del 29 marzo scorso. Intanto il Partito Popolare al 
governo propone il reato di 'resistenza passiva', per punire con il 
carcere proteste simboliche come incatenarsi.
Di 
                                    Marco Santopadre
Contropiano
Una impressionante ondata repressiva si sta abbattendo sui due territori dello Stato Spagnolo che più massicciamente hanno risposto all’appello dei sindacati e delle organizzazioni politiche della sinistra a scioperare durante la mobilitazione generale dello scorso 29 marzo. Contemporaneamente alla retata che ha portato giovedì all’arresto di 14 persone nel territorio basco della Navarra, un’altra maxioperazione di Polizia veniva realizzata in Catalogna, anche in questo caso contro attivisti e giovani accusati di aver compiuto dei reati durante le manifestazioni e gli scontri che hanno caratterizzato lo sciopero generale.
Una impressionante ondata repressiva si sta abbattendo sui due territori dello Stato Spagnolo che più massicciamente hanno risposto all’appello dei sindacati e delle organizzazioni politiche della sinistra a scioperare durante la mobilitazione generale dello scorso 29 marzo. Contemporaneamente alla retata che ha portato giovedì all’arresto di 14 persone nel territorio basco della Navarra, un’altra maxioperazione di Polizia veniva realizzata in Catalogna, anche in questo caso contro attivisti e giovani accusati di aver compiuto dei reati durante le manifestazioni e gli scontri che hanno caratterizzato lo sciopero generale.
A Barcellona e a Tarragona i Mossos
 d’Esquadra hanno arrestato sei persone, accusate di far parte di un 
gruppo che avrebbe incendiato una sede della multinazionale statunitense
 Starbucks e di aver saccheggiato il grande magazzino Corte Inglés, 
entrambi nella centralissima Ronda de Sant Pere di Barcellona. Quattro 
arresti erano già stati effettuati martedì a Camp del Turia, mentre 
durante le manifestazioni, i picchetti e gli scontri del 29 marzo erano 
stati alcune decine – circa 80 - i sindacalisti e i militanti di 
organizzazioni politiche e sociali fermati e arrestati. 
In carcere da 
quel giorno ci sono ancora due studenti dell’Università di Barcellona e 
militanti dell’Associazione degli Studenti Progressisti, mentre un 
manifestante è stato arrestato per aver partecipato ad un blocco 
stradale. Duemila persone avevano già manifestato contro la repressione e
 per la liberazione degli arrestati lo scorso 14 aprile.
Immediatamente in diversi quartieri di 
Barcellona si sono svolte manifestazioni di solidarietà con gli 
arrestati, tra le quali un presidio davanti al tribunale. Per domani 
alle 18 un corteo cittadino è stato convocato da Placa de Catalunya. 
Altre iniziative sono convocate a Tarragona e Girona.
Scrivono in un comunicato i promotori della
 mobilitazione: “Denunciamo la repressione scatenata a Barcellona e lo 
smisurato dispositivo giudiziario, che in accordo al previsto 
indurimento del codice penale ha cominciato ad applicare la legislazione
 antiterrorista anche a presunti reati di semplice vandalismo, con 
l’isolamento e la prigione preventiva imposti a persone improvvisamente 
private del diritto alla difesa che violano la presunzione d’innocenza, 
oltre che una cauzione di 3000€ imposta ad alcune compagne fermate”.
Secondo le organizzazioni sociali e 
sindacali che hanno convocato la manifestazione di solidarietà l’ondata 
di arresti mirerebbe a frenare la mobilitazione già prevista per il 
prossimo 3 di maggio, quando i rappresentanti della Banca Centrale 
Europea si riuniranno proprio a Barcellona.
Prosegue così a tappe forzate il progetto 
del Partido Popular al governo a Madrid, spalleggiato dai partiti che 
rappresentano gli interessi della borghesia catalana e basca, di 
inasprire le norme a disposizione contro le proteste sociali e sindacali
 sempre più diffuse. 
Di ieri la notizia che secondo il progetto di riforma del Codice Penale presentato dal governo Rajoy sarà considerato reato anche incatenarsi in qualche luogo pubblico e forme di protesta simili che mirano semplicemente ad attirare l’attenzione dei media e a rallentare le operazioni di sgombero da parte delle forze di Polizia, e che in nessun caso rappresentano una minaccia per chiunque. Il provvedimento rientra nell’intenzione da parte del governo di aprire un fronte legislativo contro la cosiddetta resistenza passiva.
Incatenarsi sarà considerato ‘attentato all’autorità’ al pari di 
un’aggressione ad un agente di Polizia, anche se – ha chiarito il 
segretario di Stato per la Sicurezza Ignacio Ulloa – la pena sarà 
minore. Previste pene detentive anche nei casi di manifestazioni non 
autorizzate, permanenza in una piazza o in una strada nonostante 
l’ordine di disperdersi da parte delle forze dell’ordine ecc. “Non è 
pensabile che poche persone decidano di impossessarsi di una strada 
pregiudicando i diritti del resto dei cittadini” è il commento di Ulloa 
che poi ha aggiunto: “Non stiamo parlando semplicemente di comportamenti
 renitenti all’esercizio dell’autorità, ma di comportamenti 
recalcitranti, che cercano di minare lo stesso principio di autorità a 
beneficio delle proprie convinzioni”. 
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