La responsabilità di essere stato un consulente della famigerata Goldman  Sachs, una peculiarità che lo associa ai vari Mario Monti, Mario  Draghi, Gianni Letta e al non compianto Tommaso Padoa Schioppa, non  impedisce al primo ministro greco, Lucas Dimitrios Papademos, di avere  ogni tanto un sussulto di dignità nazionale e di sospettare che non si  può oltrepassare un certo limite di decenza per non apparire un verme o  un servo non soltanto davanti ai propri concittadini ma anche davanti a  se stesso. Papademos, chiamato a presiedere un governo di unità  nazionale, con la scusa dell’emergenza, per imporre durissime misure di  austerità ai greci in cambio dell’erogazione delle ultime tranches del  primo prestito internazionale e del via libero al secondo, ha svolto  finora il compito che gli era stato assegnato. 
Di Filippo Ghira
Ma dopo le ultime  richieste venute da Commissione e Banca centrale europea, e dal Fondo  monetario internazionale, il capo del governo è stato costretto ad  indire una riunione di emergenza con i leader politici che lo sostengono  per verificare se sono disposti o meno a sostenerlo in questa nuova  fase che rischia di fare precipitare a minimi termini il consenso dei  cittadini che potrebbero fare pagare duramente ai partiti alle prossime  elezioni la svendita della ricchezza e della sovranità nazionali agli  speculatori internazionali.
Ma poiché Papademos è un tecnocrate che non nutre preoccupazioni di tipo politico elettoralistico ha annunciato che se non vi fosse più in Parlamento l’appoggio per varare le nuove misure richieste, si dimetterà e chiederà al Presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento e andare alle elezioni anticipate. Il socialista Georgos Papandreou, il conservatore Antonis Samaras e il popolare ortodosso, Giorgos Karatzaferis, che appoggiano il governo tecnocratico di Papademos, sono stati messi di fronte alle nuove richieste arrivate dalla troika degli usurai, una cui delegazione si trova da tre mesi ad Atene per monitorare l’applicazione delle misure di austerità richieste.
Quelle nuove  interesseranno il settore privato. Si va quindi dalla riduzione dello  stipendio minimo garantito alla abolizione o al meglio alla riduzione  drastica della tredicesima e della quattordicesima. Si continua con la  riforma dell'accordo collettivo di lavoro che come in Italia dovrà  essere sostituito da tanti contratti a livello aziendale che vedranno la  prevalenza di straordinari e premi di produzione in busta paga. E si  conclude con la riduzione, in una fascia tra il 30% e il 35% delle  pensioni. Tutte misure che si andranno ad aggiungere a quelle che furono  necessarie per incassare le prime tranches del primo prestito. Come il  taglio del 35% delle pensioni e degli stipendi pubblici con il loro  successivo congelamento triennale. L’aumento dell’Iva e delle tasse sui  consumi (alcolici, tabacchi e benzina) seguiti da quello delle tasse  sulle case. 
Ed infine la svendita di quote azionarie di società  pubbliche operanti nel settore del’energia e delle telecomunicazioni.  Questo primo pacchetto di misure, definite di austerità ma che sarebbe  meglio definire di rapina, avevano provocato nel gennaio del 2011  autentiche rivolte di piazza, con assalti ai Ministeri e alle sedi delle  banche. Cosa altro dovremo aspettarci, ha pensato Papademos, se  vareremo misure che dopo il settore pubblico andranno a colpire pure  quello privato?  In particolare Papademos è apparso preoccupato della  reazione di alcuni parlamentari socialisti del Pasok (il primo partito  greco) che hanno minacciato di votare contro le misure richieste.
Se il primo prestito concesso dagli usurai era stato di 90 miliardi di euro, l’entità del secondo è slittata progressivamente da 105 a 130 fino ai 145 miliardi di cui si parla insistentemente da qualche giorno nei palazzi di Bruxelles. Le risorse aggiuntive servirebbero per ricapitalizzare il settore bancario greco, dopo l'intesa con i creditori privati, le banche estere che hanno accettato una decurtazione delle somme vantate a fronte dell’acquisto di titoli di Stato che di fatto si sono trasformati in carta straccia.
Chi sembra avere le idee chiare è la chiesa ortodossa. L’arcivescovo di Atene, la più alta autorità spirituale greca, Ieronimus, ha scritto una lettera a Papademos per denunciare la situazione di povertà e di disoccupazione che in Grecia hanno assunto “dimensioni da incubo”. I disoccupati aumentano di migliaia ogni giorno e sono sempre di più le famiglie che dopo il lavoro perdono anche la loro casa. Una deriva sociale che ha portato ad un preoccupante aumento dei suicidi.
Soprattutto Ieronimus mette sotto accusa i continui tagli agli stipendi e  le nuove imposte che sono divenute insopportabili. La pazienza senza  precedenti dei greci si sta esaurendo, avverte il primate, la paura,  l’insicurezza e la disperazione possono portare alla rabbia e alla  rivolta sociale e portare a situazioni imprevedibili. Il primate  ortodosso attacca, pur senza nominarla, la troika degli usurai,  criticando “gli impegni che non risolvono il problema ma che ritardano  solamente e in maniera provvisoria la morte annunciata della nostra  economia”.
E poi, udite udite, Ieronimus denuncia l’ipoteca che è stata messa alla “nostra sovranità nazionale” così come alla “ricchezza che abbiamo e possiamo avere sulle nostre terre e sui nostri mar”i. Una frecciata a quanti, tra le altre cose, avevano suggerito la svendita dell’Acropoli di Atene per fare cassa e ripianare in parte il debito pubblico.
E poi, udite udite, Ieronimus denuncia l’ipoteca che è stata messa alla “nostra sovranità nazionale” così come alla “ricchezza che abbiamo e possiamo avere sulle nostre terre e sui nostri mar”i. Una frecciata a quanti, tra le altre cose, avevano suggerito la svendita dell’Acropoli di Atene per fare cassa e ripianare in parte il debito pubblico.
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