A chi sa che fra un po’ dentro la scatola dei diritti non ci sarà più niente.
A chi paga tasse che non bastano mai, perché gli evasori sono troppi e se la ridono.
A chi è salito sui tetti, perché per terra non lo cagava più nessuno.
A chi si oppone ai marchionni, casual di fuori e gerarchi dentro, che pretendono servi muti e striscianti.
A chi non vuole più altre ‘grandi opere’ perché gli bastano quelle già fatte: grandi solo di corruzione, scempio e debiti che lasciano a chi verrà.
A chi ha osato alzare la testa contro una dirigenza arrogante protetta da divise e lacrimogeni.
A chi pretende un orizzonte certo e invece la Gelmini gli propone solo un precariato surrogato.
A chi è stanco di raccogliere pomodori al prezzo degli schiavi,
A chi vuol smettere di stare in dieci in una casa per due.
A chi non sopporta più di aver paura di camorristi, polizia e ronde.
A chi inoltre è anche donna e quindi per lei tutto è anche peggio.
A chi non accetta di far carriera come ruffiano o puttana, o le due insieme che è ancora meglio.
A chi è incazzato perché ogni giorno gli rubano un po’ di vita e quindi, volendo, dovrebbe poter capire noi:
quelli a cui negano tutto.
Con la complicità passiva di una massa narcotizzata dalla TV e che non ammette di trovarsi già con un piede nel mattatoio dei vinti,
vi state avvicinando alla nostra normale condizione di vita.
Il secondino ogni giorno vi accorcia la catena,
riducendo la lunghezza che aveva ieri.
Di questo siamo esperti: a noi i diritti li hanno negati migliaia di anni fa e non ce li hanno mai più restituiti.
Da allora, complici le religioni, ripetono che non li abbiamo mai avuti,
che siamo a completa disposizione del genere umano.
Da allora viviamo sopraffatti, bastonati dai ricchi e dai poveri, dai generali e dai soldati.
Rappresentiamo l’allenamento umano alla repressione,
la forma primitiva di sfruttamento resa poi ‘normale’ da secoli di ripetizione.
Per migliaia di anni l’uomo ci ha massacrato per farsi la guerra,
ci ha frustato affinché trainassimo il suo progresso fasullo e ora continua a pagare il conto ammazzandoci.
Mentre giustamente urlate contro chi recinta il vostro futuro col filo spinato,
pensate ai miliardi di noi, bestie internate, che urlano e nessuno le vuol sentire.
Allo sfruttamento assoluto dei più deboli di tutti.
Non dimenticatevi dei senza tutto,
senza voce, senza sindacati, senza bandiere, fecondati a forza, costretti a nascere, a crescere orfani, castrati, sbeccati, ingabbiati, munti, spiumati, incatenati, venduti ed infine spellati e fatti a pezzi.
Per voi la prigione arriva dopo un processo, magari un processo che fa schifo,
ma per noi l’ergastolo arriva subito, senza appello, appena nati.
Per voi la pena di morte non c’è, nemmeno per chi brucia operai o fotte bambini e poi li sotterra: per noi esiste in tutti i paesi, anche nei più civili.
Per voi l’aspettativa di vita è tale da mettere in discussione le pensioni: per noi la vita normalmente è ridotta a un decimo e per come ci trattano gli allevatori è meglio così.
Su di voi le terapie si accaniscono anche quando siete ridotti a larve: a noi ci ammazzano giovanissimi e in piena salute.
Per voi lavorare può essere anche pericoloso: per noi è sempre fatale.
Per voi le morti sul lavoro sono una vergognosa percentuale che deve essere ridotta: a noi ci ammazzano tutti.
Per noi il lavoro è morire.
Quando urlate a chi vi rinchiude o vi bastona:
‘Non siamo animali, non potete trattarci così’, implicitamente ammettete che possano farlo a noi, consci che sfruttamento e prigione sono esercizi esclusivamente umani.
Nessuna bestia pianifica la nascita, la reclusione e la morte di un’altra specie.
E tutto ciò avviene non per questione di vita o di morte, di chi ci mangia o ci strappa la pelliccia, ma per il lucro cospicuo di chi alleva e commercia, e per il gusto o la vanità di chi compra.
E, paradossalmente, tutto avviene anche col contributo di quegli oppressi che, preoccupati esclusivamente della propria difesa, contestano gli oppressori continuando, tranquilli e con cieca incoerenza, a divorare altri oppressi ridotti in polpette.
Siamo condannati a morte per il disinteresse globale di padroni e servi e per soddisfare lucro e palato.
E per ingrassare l’attitudine al non pensare.
Forse non ve ne rendete conto, ma noi, da sempre, vi siamo molto vicini.
Se aprite il vostro frigorifero noi siamo lì, nell’unico posto in cui troviamo pace.
Bellissimo post Alba, condivido, ciao buona giornata
RispondiEliminaCiao. Sono cresciuta mangiando carne e mi piaceva poco.
RispondiEliminaMa faceva "bene" assieme al "latte". Ma il latte è per svezzare i vitelli, al massimo lo si potrebbe bere fino a 12 anni.
Eppure noi homo sapiens staremmo meglio se mangiassimo tanta frutta (matura, autoctona e non esotica) e verdura e poca, pochissima proteina (carne).
Come i gorilla, che perlopiù mangiano frutta, fibra (si, loro hanno tanto tempo per masticare) e pochissima proteina; ogni tanto prendono un topolino e lo trangugiano.
Io non ho problemi a prendere la frutta e la verdura dalle piante, nemmeno a macinare frumento e altri cereali. Ne avrei a prendere qualsiasi altra creatura vivente.
Vedere in autostrada i TIR di trasporto animali vivi, fa passare la voglia di mangiare bistecche, piene di dolore, piene di inquinamento, piene di paura.
Bistecche che per crescere disboscano foreste.
Che ci fanno ammalare a mangiarne tante.
Che debbono darci oscure medicine che ci faranno ammalare, un po' più tardi, oppure faranno ammalare chi verrà dopo di noi.
Che a mangiarle si diventa aggressivi oltre che malati.
Saremmo meno grassi, meno cattivi e forse smetteremmo di sentirci superiori agli animali.
E' una catena: io non rispetto gli animali, altri non rispettano me.
La mancanza di rispetto per la vita fa crescere le disuguaglianze.
Passare dal non avere amore per un animale al non amare il vicino di casa, poi il meridionale, l'extracomunitario, il povero, il malato, il vecchio, il brutto, il grasso, chi non è alla moda.
Senza empatia e comunicazione ci si fa manipolare.
Cara Daniela...
RispondiElimina"L'uomo mentre si preoccupa di migliorare le altre razze, con se stesso lascia tutto al caso"!
Bè, in effetti ho il sospetto che la disuguglianza sia cominciata con la domesticazione, o meglio, con la fine della sacralità che gli uomini primitivi avevano per gli animali.
RispondiEliminaIo, che ammiro l' esplorazione spaziale, provo dolore al pensare che il primo essere vivente ad essere spedito in orbita (la cagnetta Laika, lanciata senza che ci fosse la possibilità di recuperarla, al solo scopo di rispettare i tempi, la fretta) è stato anche la vittima del primo assassinio commesso nello spazio.