6 aprile 2011

NEGOZIAZIONE O BALCANIZZAZIONE? LA COALIZIONE IMPERIALE NON RIESCE A FINIRE CON GHEDDAFI

Infine il “peggiore scenario” ha cominciato a prendere forma per gli USA e la coalizione imperiale che dopo 16 giorni di feroci e ininterrotti bombardamenti “umanitari” non ha potuto piegare la resistenza del leader libico che con i suoi eserciti (ancora deboli) continua a sottomettere ad un recinto e fuoco intenso i “ribelli” addestrati e armati dalla CIA e dai servizi britannici. In questo contesto, Gheddafi cerca di imporre un'uscita negoziata del conflitto mentre gli USA e le potenze imperiali propongono come condizione per un cessate-il-fuoco, dividere il greggio libico tra il regime e i ribelli, mettendo la Libia in una virtuale “balcanizzazione petrolifera”.
IAR Noticias

A 16 giorni dall’intervento militare, con una Libia sottomessa ad un brutale blocco economico e isolamento internazionale, con diverse ipotesi su una crisi umanitaria in corso, Gheddafi continua a contrattaccare e a braccare le forze sediziose nonostante l’appoggio aereo che ricevono dalle forze della NATO che bombardano notte e giorno i bersagli collocati anche nelle zone residenziali abitate da civili, principalmente nella capitale, Tripoli.
La NATO ha dallo scorso giovedì il comando totale sulle azioni militari internazionali (leggasi bombardamenti) in Libia, per completare la transizione della “coalizione imperiale”, che ha già lanciato migliaia di missili e bombe intelligenti, dalla guida della  Francia, Regno Unito e USA l’Alleanza Atlantica.

Qualche giorno prima, l’organizzazione aveva già preso il comando della no-fly zone imposta sulla Libia in virtù di quanto concordato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e, precedentemente, aveva fatto lo stesso con il controllo dell’embargo delle armi che pesa sul paese nord africano attraverso una missione navale in acque del Mediterraneo.

Questo ha dato la giustificazione affinchè il trio criminale USA-Regno Unito-Francia cominciassero i bombardamenti ininterrotti sulle infrastrutture e la popolazione civile del paese petrolifero.
In breve, gli USA ed i suoi Alleati dell’Alleanza imperiale, vogliono dare un “quadro di legittimità” internazionale alla fase finale delle operazioni militari per squartare la Libia, finire con Gheddafi e appropriarsi del suo petrolio.

Così dopo (come fanno sempre) procedere alla “privatizzazione” della ricchezza petrolifera libica, impadronirsi degli attivi finanziari libici all’estero e procedere alla “ricostruzione” del paese.
Ci sono tre possibili scenari per un esito del conflitto militare libico:
  1. Rovesciamento, rinuncia o eliminazione fisica di Gheddafi
  2. Gheddafi negozia la sua rinuncia e l’esilio con le potenze europee.
  3. Balcanizzazione petrolifera della Libia (2 zone, una controllata da Gheddafi, un’altra controllata da USA e UE)
Nella misura in cui i giorni trascorrono, e Gheddafi continua a restare al potere, le contraddizioni si acutizzano nel campo delle potenze centrali, che non riescono ad unificare un criterio comune per affrontare una situazione alternativa.

In questo scenario, e dato l'immobilismo delle potenze imperiali, il leader libico ha compiuto progressi verso una proposta di "soluzione negoziata" del conflitto che sta distruggendo le infrastrutture in libiche.
In generale, gli Stati Uniti e le potenze della NATO a livello di proposta negoziata per un cessate-il-fuoco accetteranno solo che l’esercito di Gheddafi si pieghi e lasci ai ribelli che occupino le posizioni acquisite, cioè città e aree centrali della produzione petrolifera.

Proposta che se accettata dal regime di Gheddafi instituirebbe una balcanizzazione della Libia, dividendo le zone petrolifere tra Gheddafi e le forze appoggiate dagli USA e l’UE.
Abdel Jalil, capo del Consiglio Nazionale della Transizione libico, domenica ha detto che i ribelli patteggeranno un armistizio con il regime di Muamar Gheddafi se l’esercito governativo liberano varie città della zona ovest del paese.

L’esercito di Gheddafi negli ultimi giorni hanno realizzato varie operazioni ben riuscite nonostante i bombardamenti da parte della coalizione internazionale. La linea del fronte, secondo AFP, si trovava venerdì mattina a circa 40 km da Aidabiva, luogo chiave per avanzare a Bengasi, seconda città libica e attuale baluardo dell’insorgenza golpista.

Rifiuto della transizione con Gheddafi
In questo scenario, la Commissione Europea  ha messo in “dubbio” la possibilità che i figli del colonnello Gheddafi possano pilotare il processo di transizione in Libia perché “formano parte del regime” e questo “ha perso legittimità” per continuare a governare il paese.
“I figli di Gheddafi sono parte del regime”, ha detto il portavoce della Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’UE, Micheal Mann, in una conferenza stampa, alla domanda se Bruxelles accetterebbe la possibilità che Saif al Islam Gheddafi possa partecipare alla “transizione democratica in Libia” in cambio dell'accettazione  che il dirigente libico abbandoni il potere.

“La posizione dell’UE è molto chiara: il regime di Gheddafi deve andare via. Vogliamo che si rispetti la volontà del popolo libico e che ci sia una transizione verso la democrazia. Il regime ha perso tutta la sua legittimità e deve andare via”, ha precisato il portavoce di Bruxelles.

Vari “Stati membri come la Grecia e Malta sostengono che mantegono canali di comunicazione sia con rappresentanti del regime della Libia che con rappresentanti del “ribelle” Consiglio Nazionale Libico, che l’UE riconosce come “un interlocutore” valido in Libia.

L’Esecutivo comunitario continua ad essere a favore di esercitare “la massima pressione” per ottenere l’uscita di Gheddafi che spera di ottenere “attraverso una combinazione delle sanzioni economiche e la pressione politica” ed ha reiterato la disposizione dell’UE di appoggiare la “transizione democratica” in Libia come in Egitto una volta che “le ostilità cessino” sul terreno, secondo il portavoce UE.

Gheddafi, da parte sua, ha inviato un emissario a Ankara lunedì, dove si aspetta anche l’arrivo prossimo di un rappresentante del ribelle consiglio nazionale libico, secondo quanto hanno informato varie agenzie citando fonti ufficiali turche.
Secondo una fonte del Ministero degli Esteri turco, l’obiettivo di Ankara è di cercare di sondare le possibilità di un cessate-il-fuoco con le parti. “Parleremo e vedremo se c’è una base comune per uno cessate-il-fuoco” ha detto.

Il rappresentante di Gheddafi sarà il viceministro degli Esteri, Abdelati Obeidi, che domenica ha viaggiato ad Atene per avere un colloquio con il primo ministro greco, George Papandreou, senza precisare, la fonte, chi o quando arriverà il rappresentante dei ribelli.

Secondo quanto hanno spiegato le autorità greche, il regime di Gheddafi propone un accordo politico dato che la soluzione militare al conflitto tra le sue forze e quella dei ribelli, sostenuta da bombardamenti alleati, sembra attualmente impossibile.

“Adesso bisogna vedere come è possibile che inizi un simile processo, un processo politico che permetta un dibattito nazionale”, ha segnalato il portavoce del Ministero degli Esteri greco, Gregory Delavekouras, in dichiarazioni all’emittente NET.
Papandreou ha mantenuto contatti telefonici con i responsabili a Tripoli così come con i dirigenti del Qatar, Turchia, e Regno Unito negli ultimi giorni. La Grecia gode di buone relazioni con Gheddafi da anni.

La balcanizzazione petrolifera
In linea con la balcanizzazione, i “ribelli” libici potrebbero riprendere le vendite di petrolio sul mercato internazionale al di fuori l'embargo delle Nazioni Unite e altri organismi e paesi, se riesce a creare aziende esportatrici non vincolate alle compagnie statali libiche, secondo quanto ha affermato una fonte del Dipartimento del Tesoro degli USA citata da agenzie internazionali.

Il funzionario ha detto che i ribelli potrebbero esportare il greggio libico senza incorrere nelle sanzioni degli USA se realizzassero tali transazioni al margine della Compagnia Nazionale del Petrolio della Libia, i cui attivi, insieme alle sue cinque filiali, furono bloccati dall’ONU e alcune delle potenze mondiali.

Due giorni fa, il Consiglio Nazionale della Libia, creato dai ribelli come “l’unica autorità legittima del paese”, ha nominato capo del Comitato delle Finanze e Commercio il noto oppositore Ali Tarhuoni, che ha studiato economia negli USA.
Da parte sua, il Governo di Muamar Gheddafi ha minacciato con azioni legali le aziende estere che chiudono contratti energetici con i libici, sottolineando in un comunicato che “nessun paese può trasferire la gestione di prodotti come il petrolio ed il gas a bande armate, data la sua importanza strategica a livello mondiale”.

Alla fine dello scorso febbraio, i golpisti a Bengasi hanno promesso che non permetteranno la sospensione dell’esportazione del greggio “che sono legittime e servono per il bene del popolo libico”.
Ma, i leader sedicenti non hanno offerto dettagli su come riusciranno a mantenere il dovuto livello di produzione petrolifera, un settore di grande contenuto tecnologico che nell’ultimo mese è stato abbandonato da decine di migliaia di professionisti stranieri.

La Libia produce petrolio dal 1959 e lo esporta dal 1961
Attualmente occupa l’ottavo posto tra i membri dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP), con una produzione media di 1,56 milioni di barili giornalieri nel 2009 e 2010.

Le entrate delle vendite di petrolio rappresentano fino al 97% di tutti i profitti nell'insieme delle esportazioni del paese africano. I principali consumatori del suo greggio sono l'Italia, la Germania, la Spagna, la Francia, in minor misura la Cina e gli USA, ma l’UE rappresenta l’80% del totale delle esportazioni del greggio libico.

Secondo i dati dell’OPEP, nel 2009 le riserve libiche di petrolio ammontavano a 46.400 milioni di barili e 1.549 bilioni di metri cubi di gas.

Guerra petrolifera
E’ provato, che l’obiettivo centrale dell’operazione imperiale che oggi sta distruggendo la Libia e uccidendo in massa alla sua popolazione è determinato dal petrolio e il controllo geopolitico e militare delle regioni petrolifere (nella maggioranza situate in paesi arabi e islamici) in mano di regimi non docili alle potenze centrali.
All'interno di questo scenario centrale, gli USA e l’UE sviluppano strategie differenziali e si confrontano in una guerra segreta per il controllo delle riserve, vie e oleodotti in Eurasia, Medio Oriente e Africa.

Sebbene ora gli USA e le potenze dell’UE stanno “formalmente” insieme nell’invasione della Libia, il quadro della situazione tenderà a modificarsi per le contraddizioni e le dispute che cominciano a sorgere per il controllo del petrolio libico nella misura in cui si avvicina la svolta militare finale.

L'obiettivo, sia per gli Stati Uniti che per i poteri centrali dell'UE, è quello di controllare e commercialiozzare le riserve di petrolio della Libia, terminare con la National Oil Corporation (NOC) di Gheddafi, industria privatizzando l'industria e la ricchezza petrolifera della Libia.
La NOC, controllata dal governo di Gheddafi, si classifica 25° fra le principali società petrolifere del mondo, secondo le stime di fonti occidentali.


Washington cerca, come in Iraq, che i grandi beneficiari dell’appropriamento della Libia siano Wall Street, i giganti petroliferi anglo-statunitensi, oltre all’industria delle armi e aziende di servizio del Complesso Militare Industriale del Pentagono.

Come è successo con il regime di Saddam Hussein in Iraq, al “bottino di guerra” petrolifero si sommano gli attivi finanziari libici depositati nelle banche estere. Migliaia di milioni di dollari che saranno confiscati dagli invasori USA-europei.

Nel suo disegno originale, l’operazione militare voluta dagli USA nell’ONU cerca l’egemonia nordamericana nel Nord D’Africa, una regione che storicamente fu dominata dalla Francia e, seguita in influenza dall’Italia e la Spagna.

I “colpi” sotto copertura della CIA (e travestiti da “rivolte popolari”) nelle regioni petrolifere africane cercano di eliminare l’influenza delle potenze dell’UE, come la Francia, e installare regimi politici “democratici” ultra dipendenti di Washington. Questo è l’obiettivo centrale.

La strategia globale degli USA nel Nord d’Africa ridisegna la geopolitica di appropriarsi di tutta la regione, consolidata sul piano militare dal comando dell’AFRICOM. Questo dispiegamento colpisce gli interessi della Cina e cerca di terminare con l’influenza dell’UE nel nord africa inclusa la Libia.

E c’è un dato ineluttabile nel progettare il futuro della Libia. L’UE è ultradipendente dal flusso del petrolio libico. L’85% del greggio in questo paese, prima dell’operazione militare internazionale contro Gheddafi,  è stato importato verso le potenze centrali europee. Inoltre, il gas libico si trasportava attraverso il gasdotto Greenstream che attraversa il Mediterraneo.

Questo è il punto dove gli interessi strategici di Washington e dell’UE, soci abituali nella depredazione capitalista del pianeta, si scontrano in Libia. Dopo l’operazione militare, e al di là del risultato, i soci imperiali cercheranno di applicare la loro agenda di appropriamento del petrolio libico.

Questo, in sintesi, è l’elemento centrale (la lotta intercapitalista per il petrolio) che definirà l'esito di un attacco imperiale e il futuro della Libia, con o senza Gheddafi.

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA

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