29 marzo 2011

LE CREPE DELL'EUROPA

Patto dell’Euro, Libia, Fukushima, Portogallo, proteste sindacali a Bruxelles, Londra e Budapest.
Nel Consiglio Europeo di Bruxelles del 25 marzo è stato adottato “un insieme globale di misure che rafforzerà la governance economica dell’UE e garantirà la stabilità duratura della zone dell’euro nel suo insieme”. Si tratta del “Patto dell’Euro”, che in un primo momento si chiamava “Patto di Stabilità” e che, secondo l’osservatorio Corporate Europe significa “il più grande passo verso un modello corporativo di governance economico che si tradurrà in un attacco massivo ai diritti sociali e agli standard di vita.
Di Gorka Larrabeiti
Rebelión 
Il Presidente della Commissione Europea, Barroso, aveva definito le nuove misure sulla governance economica europea come una “rivoluzione silenziosa”. Grandi gruppi di pressione come il BusinessEurope o la Tavola Rotonda Europea degli Industriali, un “forum informale che riunisce i 45 manager e presidenti delle più grandi multinazionali europee” vedono compiersi le rivendicazione che avevano già chiesto nel documento Europa in cammino. Una visione per un’Europa competitiva nel 2025.

Cosa è stato approvato ieri? Ufficialmente un impegno per creare prima di giugno un fondo permanente per riscattare i paesi dal fallimento, un rafforzamento del Patto di Stabilità e Crescita e il Patto per l’Euro. In pratica, aumento dell’età pensionabile, la “flessibilità” del mercato del lavoro, armonizzazione dei tassi d’interesse per le corporazioni tra gli Stati membri, limiti del deficit e adeguamenti dei salari alla produttività. Inoltre, sei paesi che non appartengono all’euro zona (Bulgaria, Romania, Polonia, Lettonia, Lituania e Danimarca) hanno approvato un progetto d’ispirazione tedesca chiamato Patto Euro Plus , che permetterà di controllare  le loro politiche economiche e darà loro l’accesso al fondo di salvataggio; ma, altri quattro paesi (Ungheria, Repubblica Ceca, Svezia e Regno Unito) non lo hanno accettato.

Da parte loro, la Spagna, Francia, Belgio e Germania hanno annunciato nuovi impegni con il Patto, cioè, nuovi tagli. Da quando è in atto il Semestre Europeo, assistiamo, secondo Daniel Gros, del Centre of European Policy Studies, ad una “dittatura dei paesi creditori e della BCE”. Maria Damanaki, Commissaria degli Affari Marittimi e la Pesca e membro del PASOK, ha preso le distanze pubblicamente dalle politiche di aggiustamento che promuove la Commissione Europea dicendo che l’eccessiva enfasi sul problema del debito e consolidamento fiscale potrebbe generare “un degrado sociale”. Ma  a questo Summit, dove dovrebbe continuare a rafforzarsi quella “rivoluzione silenziosa”, i partecipanti sono arrivati avendo dovuto affrontare emergenze ben diverse.

Prima c'è stata la Libia. Un’altra frattura europea. La Francia e la Gran Bretagna, che a novembre scorso hanno firmato un accordo storico di cooperazione militare, hanno deciso di andare in guerra, umanitaria, naturalmente, La Germania si è astenuta; l’Italia è rimasta scontenta dalla leadership della Francia ed ha richiesto la gestione della crisi alla NATO (temendo che la Francia dopo si portasse a casa il pezzo più grande della torta dell’oro nero libico e che la sua ENI ne uscisse svantaggiata). Alla fine, dopo aver iniziato con tre comandi diversi (italiani e statunitensi da una parte e britannici dall’altra e francesi da un altro ancora) sembra che il comando delle operazioni in Libia passa sotto la NATO da domani.  

In ambito europeo ha dato fastidio la leadership francese così come l’astensione tedesca in questa delicata situazione. Il fatto è che, dal Trattato di Lisbona, l’UE conta su Catherine Ashton come Alta Rappresentante in Affari Esteri e di un Servizio d’Azione Estera, “un vero strumento diplomatico dell’Unione”, composto da più di 6000 persone, 150 ambasciate e 50.000 milioni di euro fino al 2013, ma durante le rivolte nei paesi arabi, questo organismo grazie al quale l’Unione Europea avrà finalmente un’unica voce europea che è rimasta misteriosamente muta e l’UE ha continuato ad essere il pollaio di voci diverse, come lo è sempre stata. L’ultimo a parlare fino ad ora è stato il ministro degli Esteri italiano, Frattini, che ha menzionato una proposta italo-tedesca che presenteranno nella prossima riunione che si terrà martedì a Londra.

Dopo c’è stato lo tsunami nucleare a Fukushima. “Si è parlato di apocalisse e credo che sia parola particolarmente ben scelta”, ha dichiarato il Commissario Europeo per l’Energia, Gunthet Oettinger, il 15 marzo, di fronte alla Commissione del Parlamento Europeo a Bruxelles. “Praticamente tutto è fuori controllo”, ha aggiunto il Commissario, affermando “di non escludere il peggio nelle prossime ore e giorni in Giappone”. Sono trascorsi 10 giorni e il ministro dell’Energia francese, Eric Besson, lo ha richiamato pubblicamente ed ha manifestato la sua profonda convinzione che l’energia nucleare avrebbe continuato ad esistere in Europa per tutto il XXI secolo.

Non sorprende la durezza dell’intervento francese: la Francia dipende per il 76% dal nucleare, il Belgio per il 56%. Quello che è certo è che il Commissario europeo ha difeso le sue affermazioni e l’idea è quella di realizzare test in una serie di impianti nucleari in pericolo che hanno reattori VVER440 e utilizzati in Ungheria, Slovacchia e la Repubblica Ceca.
Con la Libia e Fukushima sul tavolo, è arrivato il rifiuto del Parlamento portoghese del quarto piano di austerità presentato dal Governo socialista di Josè Socrates. La cancelliera Merkel ha avvisato: “Tutti quelli che hanno responsabilità in Portogallo devono impegnarsi con gli obiettivi ambiziosi del programma” dell' adeguamento presentato da Socrates.

Detto in altro modo: o accettano ulteriori misure di adeguamento o dovranno accettare il terzo salvataggio del FMI e dell’UE. Hanno già calcolato la cifra del costo: 75.000 milioni di euro (un terzo lo metterà il FMI e il resto l’UE). Non sembra che il Portogallo stia lavorando per accettare il salvataggio. Secondo Josè Socrates, primo ministro portoghese che ha appena presentato le dimissioni,
  • “l’idea che si difenderà meglio l’Europa se il Portogallo chiede aiuti esterni è un’idea infantile. Perché tutti sanno che questo pregiudica il prestigio dell’Europa e della moneta unica. E quel che è peggio è che se cade il Portogallo i rischi aumenteranno per gli altri paesi”. 
Non sembra che ci siano problemi  per il salvataggio del Portogallo, ma cosa succederebbe se si trattasse della Spagna?
A peggiorare le cose, quando stavano per aprirsi le porte del vertice, è stato riferito di un importante cyber attacco contro la Commissione Europea e il Servizio Estero Europeo.

Risultato: se il vertice di Bruxelles di ieri doveva essere la messa in scena comprensibile di quella “rivoluzione silenziosa”, è stato un fallimento. L’UE si vede screpolata su molti lati:  disunità militare, come dimostra la Libia e come ha lamentato il presidente dell’Europarlamento, Buzek;  disunità energetica, come dimostra Fukushima;  disunità fiscale, come dimostrano i vantaggi di cui hanno goduti le corporazioni in Irlanda,  disunità economica, come dimostra l’adesione al patto Euro Plus.

Il silenzio di questa rivoluzione neoliberale che pretendono imporci è stato spezzato con la sonora protesta di quattro manifestazioni di fronte al Summit di Bruxelles. 20.000 lavoratori - per la maggior parte belgi- hanno rivendicato nuovamente la “solidarietà” di fronte all’”austerità”. Hanno protestato per i bonus scandalosi che continuano a guadagnare i banchieri; si sono rifiutati di essere gli unici a pagare per la crisi. A Bruxelles risuonavano due parole fastidiose per i tecnocrati: salari e lavoro. Van Rompuy ha detto: "Il nostro obiettivo finale è quello di creare posti di lavoro". Ma detto meglio: l’ultimo. Prima ci sono l’euro, il meccanismo dei salvataggi o la “governance economica”.
I lavoratori belgi, un paese senza governo che dimostrano chi veramente governa lo fanno all’ombra e in silenzio, hanno protestato e la polizia anti-sommossa ha sparato con idranti e spray al pepe. Ieri le proteste contro i tagli (100.000 milioni di euro nei prossimi 4 anni) si sono spostate a Londra, dove hanno manifestato 400.000 persone.
In Germania, più di 200.000 manifestanti anti-nucleare, divisi nelle principali città, sono scesi in strada per chiedere al governo della cancelliera Merkel l’addio definitivo e totale all’energia nucleare. A Roma 300.000 manifestanti hanno protestato contro la privatizzazione dell’acqua, il nucleare e la nuova guerra per il petrolio. La Confederazione dei Sindacati Europei (ETUC) ha convocato nuove proteste per il 9 aprile a Budapest.


Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA

3 commenti:

  1. Lettera aperta dei medici russi in Libia al presidente della federazione russa
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