25 febbraio 2011

Il Sud America nella geopolitica mondiale

“L’economia nordamericana ha bisogno dei minerali dell'America Latina come i polmoni hanno bisogno dell’aria”. Eduardo Galeano - Le Vene Aperte dell'America Latina.
Il modello civilizzatore nel quale viviamo (capitalismo), con le sue intrinseche caratteristiche di sviluppo, consumismo e spreco, imposto a quasi tutta l’umanità negli ultimi 150 anni, è dipeso per la sua esistenza dalla disponibilità di fonti di energia che sono state allo stesso tempo abbondanti ed economiche.
Di Joel Sangronis Padrón
http://alainet.org/

Le quattro principali fonti di energia per questo XXI secolo che è appena iniziato sono:
A-Combustibili fossili
B-Biocombustibili
C-Energia nucleare
D-Minerali strategici con grande capacità di conservazione e conduzione d’energia (Litio, Coltan).
Il formidabile sviluppo delle forze produttive durante il XX secolo è stato legato alla permanente disponibilità da parte dei centri del capitalismo mondiale, dell’energia che il petrolio, ottenuto per la maggior parte delle volte sotto forma di puro saccheggio
o a prezzi ridicolamente bassi, quasi simbolici.
La logica e le leggi del capitalismo non sono cambiate da allora. Le nuove fonti energetiche saranno oggetto di appropriazione attraverso le aggressioni (esempio Iraq) o di transizioni leonine e usuraie con governi corrotti (come quelli esistenti prima di Chavez in Venezuela).

Il capitalismo è indissolubilmente legato all’imperialismo. Oggi, uno non può sopravvivere senza l’altro. Per un sistema con una struttura e un concetto neo-imperiale non basta l’avere la garanzia della fornitura di determinati articoli o beni; ciò che determina il modello e le caratteristiche delle relazioni imperiali di dominazione è possedere il potere di ottenere tali risorse in forma illimitata e con costi appena superiori alle spese degli investimenti realizzati. La divisione internazionale del lavoro nel quadro del sistema capitalistico a livello mondiale per la sua esistenza richiede elevati tassi di plusvalore, percentuali che possono essere ottenute solo attraverso il saccheggio sistematico delle risorse e del lavoro delle società periferiche e dipendenti.

I primi anni del XXI secolo trovano al sistema capitalista attraverso una delle sue cicliche crisi create dalle sue proprie contraddizioni: da una parte vive una fase di massima espansione a livello mondiale denominata dai suoi apologeti come globalizzazione, ma dall’altra parte presenta dei sintomi inconfondibili del suo essere immerso in una rottura strutturale che, in molti casi, sembra irreversibile e terminale.
Il capitalismo è, per la sua stessa natura, un sistema profondamente irrazionale. Non ho dubbi che la sua fine sia vicina (deve esserlo, l’ecosistema terrestre non sopporterà per molto tempo ancora la sua dinamica depredatrice e distruttiva), ma sono anche convinto che morirà uccidendo, e cercherà di distruggere tutto ciò che s' interpone nella sua suicida corsa per ottenere le risorse energetiche che sono indispensabili per mantenere il suo incessante ritmo di crescita ed espansione, non perché così lo ha deciso una malvagia élite e senza coscienza (se questo fosse il caso bisognerebbe solo sperare che prendessero il potere nei centri imperiali del capitalismo mondiale gente “buona” o almeno sensata, per quanto assurdo e fantasioso sarebbe), ma perché è la sua natura e così lo ordinano le leggi che reggono la sua esistenza, come ha spiegato così bene Marx nella sua opera Il Capitale.
Nello scenario prima descritto il Sud America svolgerà un ruolo chiave e da protagonista, vediamo perché:
Idrocarburi
In Sud America si trovano le maggiori riserve di idrocarburi esistenti nel pianeta. Solo nella fascia dell’Orinoco, e secondo cifre del Dipartimento di Geologia degli USA, si possono recuperare con l’attuale tecnologia, più di 513 mila milioni di barili di petrolio, ai quali bisogna aggiungere i circa 100 mila milioni di barili che il Venezuela possiede come riserve convenzionali, le riserve di gas naturale che equivalgono a circa 30 miliardi di barili e le riserve di carbonio, che equivalgono a poco più di 5 miliardi di barili; a questo bisognerebbe aggiungere gli oltre 100 miliardi di barili che i brasiliani hanno trovato nei loro giacimenti off shore nei bacini del Presal e le riserve di petrolio e di gas che esistono in Colombia, Ecuador e Bolivia, che, senza avere la grandezza dei due primi paesi, non sono neanche da disprezzare. Come punto speciale devo nominare i giacimenti petroliferi appena scoperti nelle Malvinas Argentinas, che secondo le aziende che sono lì con licenza inglese, superano i 18 miliardi di barili e che coinvolgeono gli interessi britannici in modo diretto nella geopolitica energetica della regione.

Questo significa che in Sud America esistono riserve di idrocarburi maggiori a quelle nei bacini del Medio Oriente o del Mar Caspio, con il vantaggio della loro vicinanza a quelli che, fino ad ora, sono stati i grandi centri di consumo energetico del capitalismo mondiale.
Appare evidente che nella lotta alla quale l’umanità assisterà nei prossimi anni per il controllo degli idrocarburi, gli USA cercheranno di assicurarsi il controllo di quella zona del pianeta come riserva esclusiva e strategica di fronte a potenze emergenti come la Cina e la India, ed anche di fronte ai suoi tradizionali alleati europei e giapponesi.

Biocombustibili
Il Sud America  è il principale produttore di idrocarburi nel mondo. Il Brasile produce il 45% di bioetanolo che viene distillato del mondo, l’Argentina è il primo produttore mondiale di olio di soia, così come la Colombia  è il principale produttore di olio di palma africana nel continente, entrambi utilizzati per la produzione di biodiesel. Bisogna precisare che quando si dice che il Brasile è il primo produttore mondiale di etanolo o l’Argentina di olio di soia sembra che lo stato brasiliano o argentino producano questi biocombustibili ma in realtà chi li produce sono le gigantesche multinazionali che si trovano nei territori di questi paesi.

Secondo il Dr. Miguel Angel Altieri, prof. Dell’Università di Berkeley,  
  • “siamo di fronte al disegno di una nuova strategia di riproduzione da parte del capitalismo, che sta prendendo il controllo dei sistemi alimentari. Si sta producendo un'alleanza senza precedenti delle multinazionali petrolifere, biotecnologiche, di macchine, i grandi mercanti del grano e grandi organizzazioni per la conservazione che decideranno quali saranno le destinazioni principali dei paesaggi rurali dell' America Latina ".
Il professore di origine argentino culmina le sue riflessioni con un campanello d'allarme rivolto ai popoli del sud del Rio Grande: “perché gli USA producano tutto l’etanolo di cui hanno bisogno per sostituire il petrolio, dovrebbero coltivare sei volte la loro superficie. Allora è chiaro quello che faranno nei paesi di America Latina e, di fatto, lo stanno già facendo. Si tratta di un imperialismo biologico”.

Energia nucleare
In Sud America ci sono importanti riserve di minerali radioattivi. Paesi come Brasile, Argentina e quasi tutte le nazioni andine possiedono nei loro territori giacimenti di questi minerali. Brasile e Argentina inoltre, dominano tutti i cicli tecnici per la produzione di energia nucleare.
Fino ad ora, tutte le centrali nucleari nel mondo producono energia a partire della fissione (rottura) del nucleo dell’atomo dei materiali radioattivi; ma, le centrali nucleari di nuova generazione (il prototipo è stato costruito in Francia) saranno centrali che produrranno energia dalla fissione nucleare, ma dalla fusione dei nuclei degli atomi dei materiali radioattivi in un processo simile a ciò che avviene nel sole.
Il materiale che finora ha dimostrato di essere più efficienti e adatti per la produzione di energia dalla fusione è il Tritio (una combinazione di Litio con Idrogeno)-  In Sud America esiste circa l’80% dei giacimenti di litio confermati nel mondo e a loro volya le grandi riserve di uranio nei paesi che controllano le fasi tecniche del processo di produzione di energia nucleare aprono molteplici variabili sul ruolo che potrà giocare questa regione sul campo della produzione dell’energia nucleare nel XXI secolo.

Minerali strategici per la conservazione di energia (Litio e Coltan):
Il litio è un minerale estremamente leggero, che presenta come caratteristica principale un’enorme capacità di conservazione di energia elettrica, che trasforma le macchine mosse da questo tipo di energia, che funzionano con accumulatori (batterie) costruite con questo materiale, nella grande opzione ecologica e sostenibile di fronte a quelle che funzionano ancora con combustibili fossili.
Al litio viene assegnato il ruolo di sostituto del petrolio come fornitore di energia per muovere l mondo a partire della terza e quarta decade di questo secolo.
Nel triangolo formato dalle saline di Uyuni in Bolivia, di Atacama in Cile e Hombre Muerto in Argentina, si concentra oltre l'80% delle riserve di litio che fino ad ora sono stati confermati e certificati in tutto il mondo. Nella salina di Uyuni, nel sud est boliviano, si concentra più del 50% del litio conosciuto e certificato fino ad ora. Jerome Clayton Glenn, direttore del progetto millenium dell’ONU, due anni fa ha dichiarato che “in un futuro vicino la Bolivia potrebbe diventare il fornitore di combustibile del pianeta” che non fa altro che confermare le enormi possibilità energetiche che il paese ha nel futuro. La Direzione Generale delle Risorse Evaporitiche della Bolivia ha calcolato a gennaio di quest’anno che il totale delle riserve di litio in Uyuni sono stimate in almeno 18 milioni di tonnellate. Da Washington ed altri centri di potere e propaganda globale hanno promosso il Cile come il grande fornitore di litio per il mondo,mettendo in evidenza la sua legislazione neoliberale mineraria e il rigido allineamento dei governi australi con gli interessi statunitensi nella regione. Il Cile è stato elevato a strategia per screditare e rallentare gli sforzi dello stato boliviano di cercare di sfruttare la sua ricchezza in litio elaborandola nel suo territorio, questi sarebbero anche gli scopi tattici che persegue l’annuncio della scoperta di giganteschi giacimenti di litio nel sud dell’Afghanistan, cioè, sminuire l’importanza dei giacimenti boliviani e in questo modo indebolire la sua capacità negoziatrice di fronte alle aziende e paesi con i quali negozia il governo di Evo Morales l’industrializzazione del Litio nel suo proprio paese.

Il coltan, a sua volta è una combinazione di columbite, tantalite e manganese. Il tantalio (uno dei minerali che lo compongono) è un superconduttore che sopporta elevate temperature, è resistente alla corrosione ed ha, come il litio, una spettacolare capacità di conservazione di cariche elettriche. Il coltan è il materiale base per costruire condensatori, microchip, microcircuiti per pc, cellulari, consolle di videogiochi, sistemi di posizionamento globale, satelliti, missili guidati, ed altri apparecchi di microelettronica, questo senza includere che è anche usato per le adesso immancabili protesi mammarie. 
Fino ad ora si credeva che i giacimenti di Coltan si trovavassero solo in quantità significative nei paesi dell’Africa centro-orientale, nella zona dei grandi laghi (Congo, Ruanda, Burundi) ma l’anno scorso il Venezuela ha annunciato la scoperta di coltan nel suo stato meridionale di Amazonas con riserve che, in un primo momento sono stati valutati oltre i cento mila milioni di dollari, che va a aumentare, se questo fosse possibile, l’importanza strategica del paese bolivariano nello scenario geopolitico dell’energia nel mondo contemporaneo.

Variabili geopolitiche

Questi fatti hanno profonde implicazioni geopolitiche. Data la grandezza delle sue enormi riserve di petrolio (il Venezuela è l'ultimo paese al mondo a raggiungere il suo picco di produzione, circa nel 2067) la nazione bolivariana sembra destinata ad esercitare una posizione dominante nel mercato mondiale del petrolio nel corso di questo nuovo secolo, situazione uguale per la  Bolivia per quanto riguarda il cosiddetto carburante  del XXI secolo, vale a dire il litio.

A questo punto dobbiamo ricordare che i governi di questi due paesi sono stretti alleati politici e ideologici, co-fondatori della Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA), e da questo punto di vista non sembra più tanto un club di utopisti e sognatori, e propulsori di  profondi cambiamenti strutturali nelle forme dell’organizzazione sociale, politica ed economica. Sia il Comandante Chavez che il  presidente Evo Morales hanno dichiarando la loro intenzione di costruire modelli di convivenza umana  e planetaria diversi dal capitalismo globale.

Il nostro modello attuale di civiltà è basato, è pertinente ricordarlo, sulla disponibilità ed il consumo (spreco) di ingenti quantità di energia, quindi è valido affermare che chi controlla le fonti di energia avrà la possibilità di influire sui modelli e le forme di organizzazione sociale e convivenza che l’umanità adotterà nei prossimi decenni. La Bolivia con il suo Sumak Kawasy o tesi del buon vivere, proveniente dalle migliori tradizioni indigene dei popoli che formano il suo stato plurinazionale, ed il Venezuela, con la sua ricerca di un socialismo adattato ed evoluto verso le realtà del presente secolo, sono le poche alternative che si innalzano nel mondo contemporaneo per sfidare, nella teoria e nella pratica, il capitalismo globalizzato.

A questo bisogna aggiungere che il Brasile, primo produttore mondiale di biocombustibili, anche se le sue elite e classi governanti stanno promuovendo modelli alternativi o eterodossi d’organizzazione sociale, cerca di modificare l’ordine unipolare vigente attualmente nel mondo e le possibilità che in questo senso un’alleanza con il Venezuela petrolifera di Chavez o la Bolivia del litio di Evo gli potrebbe dare e che si sta considerando seriamente nelle sale di analisi geopolitiche dei palazzi di Planalto e Itamaraty.

Un asse energetico Brasilia-Caracas-La Paz (Etanolo- Petrolio- Litio) avrebbe una posizione dominante nel mercato dell’energia mondiale del XXI secolo e sarebbe nella situazione di poter imporre condizioni e regole nella multipolarità mondiale.
I geostrateghi cinesi e russi, anche se lungi da concezioni marxiste, o anche progressiste delle relazioni internazionali dei loro rispettivi paesi, non possono non aver percepito le enormi implicazioni di potere che gli scenari prima descritti offrono per la costruzione di un nuovo scenario mondiale e quindi sia aziende cinesi che russe si stanno già piazzando nella regione.

A sua volta, gli analisti statunitensi hanno previsto questi scenari e questo spiega il gigantesco e rinnovato dispiegamento militare (basi, la IV flotta, neo colpi di stato) che negli ultimi anni hanno realizzato nella regione. Per gli interessi nordamericani controllare il Sud America, specialmente i movimenti nazionalisti e anticapitalisti, non è solo una scommessa economica ed ideologica, ma è un imperativo di sopravvivenza imperiale. Il controllo delle riserve energetiche in Sud America, specialmente di quelle petroliere venezuelane, è una condizione necessaria per garantire la sua retroguardia petrolifera ed avere mano libera per cercare di controllare le zone petrolifere del Medio Oriente e nel Mar Caspio e in caso non le controllasse, destabilizzarle al massimo per impedire in questo modo il libero accesso ad esse ad asiatici ed europei.

Lo stabilimento delle 7 basi militari in Colombia ha portato l’internazionalista azteca Alfredo Jalife Rame a chiedersi sulla pagina web di La Jornada del Messico: 
  • “L’installazione delle basi militari statunitensi in Colombia all’unisono degli intenti di balcanizzazione dei paesi petroliferi della zona (Bolivia, Ecuador e Venezuela) non farà parte della guerra di Washington per controllare gli idrocarburi e i metalli strategici come il Litio in Sud America?
I Think Thanks statunitensi capiscono che le rivolte e gli sconvolgimenti nel mondo arabo e musulmano contro l’ordine economico sociale e politico imposto a queste società da regimi tirannici e antipopolari, la cui unica ragione d’essere per decenni è stato quello di garantire il saccheggio delle ricchezze degli idrocarburi di quei paesi da parte delle grandi corporazioni transnazionali sono inevitabili, come si è osservato nelle ultime settimane in Tunisia, Algeria, Egitto, Yemen e Giordania, per questo, il controllo delle risorse energetiche di quello che loro per anni hanno considerato il loro “cortile posteriore”, il Sud America, è considerato un imperativo assoluto.

Un Sud America unito ed integrato è il peggiore scenario che i circoli del potere imperiale possono considerare per i loro interessi nella regione, per questo, i governi degli USA hanno manovrato negli ultimi anni,  in adempimento del vecchio adagio romano del dividi et impera, per impedire o sabotare tutte le forme di associazione o integrazione in America Latina e i Caraibi; per questo, iniziative come l’ALBA, il Sucre, la Comunidad Sud Americana de Naciones, Petrocaribe, Petroandina, Petroamerica, Unasur e Mercosur, che non solo implicano accordi nell’ambito economico ma che sono la trama per fissare le basi verso una maggiore e più profonda integrazione politica, sono viste e attaccate con forza da un potere imperiale che ha la sua principale forza nella divisione e l'isolamento del resto del mondo.
L'energia può essere lo strumento necessario per adeguare questi processi di integrazione del Sud America, E allo stesso tempo trasformarsi nella sua carta di presentazione al mondo multipolare che sta cominciando a conformarSI in questo secolo che appena è cominciato. 
Joel Sangronis Padròn è professore all’Università Nazionale Sperimentale Rafael Maria Baralt (UNERMB), Venezuela.

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA


1 commento:

  1. Il medioriente e poi il mondo

    http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=8011

    m

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