29 ottobre 2010

LA POLITICA DEGLI USA INTENSIFICA I CONFLITTI MONETARI E COMMERCIALI

Dopo la controversa riunione del FMI che ha avuto luogo il 9 ed il 10 ottobre a Washington, la discesa verso una guerra monetaria e commerciale globale si è accellerata e gli USA giocano il ruolo di istigatore capo.
 © Copyright Barry Grey, World Socialist Web Site, 2010

Gli USA incoraggiano deliberatamente una vendita di dollari sui mercati valutari internazionali con lo scopo di far salire i tassi di cambio dei suoi principali rivali commerciali, aumentando così il prezzo effettivo delle sue esportazioni verso gli USA riducendo al contempo i prezzi delle esportazioni statunitensi ai loro mercati.
Anche se in gran parte il responsabile è il crescente disordine finanziario, Washington accusa la Cina, in particolare, di mettere in pericolo il recupero economico globale rifiutandosi di aumentare con più celerità il tasso di cambio della sua moneta, lo yuan. Agendo per ridurre il valore del dollaro, il governo degli Stati Uniti e la giunta dellaFederal Reserve fanno pressione sempre di più  sui cinesi perché rivalutino, ignorando gli avvertimenti di Pechino, che un rapido aumento della sua moneta danneggerà le sue industrie di esportazione, provocando licenziamenti in massa e rivolte sociale.

La politica protezionista  del dollaro a basso costo ha anche un' importante funzione politica interna. Punta a deviare verso la Cina e “gli stranieri” in generalela rabbia crescente del pubblico per il rifiuto di fornire posti di lavoro o un serio aiuto ai disoccupati del governo di Obama e del Congresso. Uno dei suoi sostenitori più entusiasti è la burocrazia sindacale.

Il Rapporto del Dipartimento del Commercio degli USA emesso giovedì di cui il deficit commerciale degli USA si è amplificato di quasi il 9% ad agosto, principalmente a causa di un deficit record di 28.000 milioni di dollari con la Cina, sarà usato per giustificare un'ulteriore pressione sulla guerra commerciale contro la Cina.
La politica degli USA e la crescita delle tensioni internazionali si sono evidenziate nella riunione del FMI a Washington. 

Il segretario del Tesoro degli USA, Timothy Geither, ha dichiarato che la moneta cinese era sopravalutata e ha chiesto che il FMI adotti una linea più dura contro i paesi con surplus, come la Cina, che non rivalutano le loro divise, affinchè accettino una riduzione delle loro esportazioni.
Il governatore della banca centrale della Cina, Zhou Xiaochuan, ha detto che le aspettative che la Federal Reserve degli USA di lanciare ancora più dollari sul mercato attraverso un “quantitative easing”  complicano gli equilibri e inondano le economie emergenti con l’affluenza destabilizzante di capitali.

Di fronte al disaccordo dei rappresentanti della prima e della seconda economia mondiale, il FMI non ha ottenuto nessun accordo sulla crisi monetaria. Alleati di Washington come la Germania ed il Giappone hanno espresso il loro sostegno ad una rivalutazione del renminbi, ma si sono sempre rifiutati di allinearsi dietro un' offensiva diplomatica guidata dagli Usa contro Pechino.
Questo, di fatto, ha rinviato il confronto tra gli USA e la Cina fino al prossimo vertice del G-20 delle principali economie, che avrà luogo l’11 ed il 12 novembre a Seul, Corea del Sud.

La settimana seguente c'è stata una escalation della politica del dollaro a basso costo di Washington, quando la giunta della Federal Reserve ha dato un'ulteriore indicazione sul fatto che si propone di legare l’equivalente elettronico di stampa di centinaia di migliaia di dollari, il cosiddetto “quantitative easing”, possibilmente nella loro prossima riunione per definire le politiche il 2 ed il 3 novembre.
Anche se agisce per stimolare la creazione di posti di lavoro,l'effetto principale di un rinnovamento degli acquisti Federal Reserve dei Titoli del Tesoro degli USA, aumenterà l'offerta di credito praticamente gratuito alle principali banche e corporazioni degli USA e alimenterà un maggior aumento dei profitti nel mercato azionario e corporativo.

Da agosto, quando la FederalReserve ha mosso i primi passi verso la ripresa su grande scala degli acquisti del debito, l’indice della borsa Dow Jones è salita più di un 10% nonostante la costante diminuzione delle buste paga degli Stati Uniti.

Venerdì, in un discorso molto atteso presso la Federal Reserve Bank di Boston, il presidente, Ben Bernanke, ha fatto intendere che è d’accordo con una ripresa anticipata del “quantitative easing”. Parlando del Comitato Federale del Mercato Aperto (FOMC), che determina la politica della Federal Reserve, ha detto:
  • “Considerando gli obiettivi del Comitato, sembra- se non ci saranno imprevisti- che sia giustificata l'adozione di misure complementari”.
Bernanke si è spinto, cosa inusuale, nel dichiarare che il tasso d' inflazione corrente è troppo basso e ha lasciato in chiaro che la futura politica della Federal Reserve sarà di aumentare il tasso dell’inflazione di circa un 2% attraverso stimoli monetari. “Quindi, in effetti” ha detto “l’inflazione si muove a livelli che sono troppi bassi in relazione con quello che il Comitato il comitato ha ritenuto più coerente con il doppio mandato a lungo termine della Federal Reserve (mantenere la stabilità dei prezzi e limitare la disoccupazione)(Enfasi di Bernanke).

La richiesta di una politica monetaria inflazionistica non è guidata, come Bernanke vorrebbe far credere al pubblico, da un desiderio di ridurre significativamente il tasso di disoccupazione. La Federal Reserve non dichiarerebbe che l’inflazione è troppo bassa a meno che confidasse che la continuazione dell’alta disoccupazione permettesse al grande capitale di continuare nel suo sforzo per ridurre gli stipendi ed impedire una ripresa dei salari. 

Nel pronunciare il suo discorso, Bernanke era ben consapevole del fatto che parlare semplicemente di “quantitative easing” e di una politica di rilancio provocherebbe una nuova vendita di dollari statunitensi. In questo caso, la nuova caduta del dollaro, che è cominciata dopo la riunione del FMI, si è accelerata venerdì.

Su una base ponderata del commercio, il dollaro è sceso dello 0,7% ad un nuovo minimo per l'anno dopo il discorso di Bernanke, ed il dollaro australiano ha raggiunto la parità per la prima volta da quando è entrato in fluttuazione libera nel 1983.  Il dollaro americano è sceso anche a parità con il dollaro canadese.
Inoltre, il dollaro è sceso di un punto sotto il franco svizzero. Virtualmente tutte le divise asiatiche sono aumentate di fronte al dollaro, l’oro è arrivato ad un nuovo record, ed altre materie prime come l’argento, il rame ed il grano hanno mantenuto la loro spirale ascendente.
Il dollaro è adesso al suo livello più basso negli ultimi 15 anni contro lo yen e al suo livello più basso in nove mesi contro l’euro.

Il Wall Street Journal on Saturday ha pubblicato un editoriale feroce che senza mezzi termini delinea le implicazioni per la guerra monetaria e commerciale del discorso di Bernanke. Ha iniziato dicendo: “Nel mezzo della sconfitta del dollaro negli anni 70, il segretario del Tesoro, John Connally, ha reso la famosa dichiarazione ad un gruppo di cittadini europei preoccupati che "il dollaro è la nostra moneta, ma il vostro problema!”. Se si legge tra le linee, è più o meno quello che il Presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ha detto ieri per giustificare l’ulteriore “quantitative easing” della FED”.

L’editoriale ha continuato dicendo: “In un discorso di quasi 4.000 parole, il capo della Federal Reserve non ha menzionato neanche una sola volta il valore del dollaro. Non ha mai menzionato i tassi di cambio, nonostante la confusione nei mercati monetari del mondo al cadere il dollaro in previsione di un ulteriore allentamento della Fed ... Il messaggio del presidente è che la Fed è totalmente concentrata sull’economia interna degli USA e che stamperebbe tanti dollari quanti siano necessari per riattivarla. Il resto del mondo si deve arrangiare per conto proprio e può adeguare le proprie politiche come meglio credono diversi paesi. Se altre valute salgono rispetto al dollaro, è il problema di qualcun altro”.

Nella stessa settimana, il giornalista del Financial Times, Martin Wolf ha pubblicato un articolo nel quale ha anche sottolineato l’essenza unilaterale e nazionalista della politica degli USA. “Riassumendo”, ha scritto Wolf: “I responsabili politici degli USA faranno tutto ciò che è necessario per evitare la deflazione. Certamente, la Federal Reserve continuerà ad andare avanti fino a quando gli USA saranno riattivati con successo. Quello che questo sforzo significherà per il resto del mondo non è un suo problema….
  • “Invece di cooperazione nella regolazione dei tassi di cambio e i conti con l'estero, gli USA vogliono imporre la loro volontà, attraverso la stampa…Nel peggior momento della crisi, i dirigenti si sono mantenuti uniti. Adesso la Federal Reserve vuole appenderli separatamente”.
Il Financial Times on Friday ha presentato una certa indicazione della crescente rabbia in Europa per la politica monetaria degli USA ed ha citato un “importante responsabile politico europeo” che ha considerato la politica della Federal Reserve come “irresponsabile”. L’articolo ha citato il ministro russo del Tesoro, Alexei Kudrin, che ha detto che uno dei motivi per l’inquietudine per il tasso di cambio “è la politica monetaria stimolante di alcuni paesi sviluppati, principalmente gli USA, che cercano in questo modo di risolvere i loro problemi strutturali”.

Dopo il discorso di Bernanke di venerdì, il governo di Obama ha annunciato due nuovi passi nel suo confronto con la Cina. Il Dipartimento del Tesoroha ritardato la pubblicazione della sua valutazione semestrale sulle politiche monetarie dei principali partner commerciali degli Stati Uniti, dicendo che fermerà la dichiarazione fino a dopo la riunione del G20 il mese prossimo a Seul. 

Il governo è sotto la pressione di importanti legislatori democratici, appoggiati dai sindacati, affinchè dichiari nella valutazione monetaria che la Cina è una manipolatrice delle divise, un’azione che potrebbe condurre ad imposte e tributi come rappresaglia contro le importazioni cinesi. Ma, il governo si è opposto ad un’azione così apertamente ostile che, del resto, sarebbe stato portato avanti nelle discussioni sul tema della moneta G20. Preferisce formare una coalizione degli Stati europei e asiatici contro la Cina.

Allo stesso tempo, però,in gran parte per placare i falchi protezionisti del Partito Democratico, il rappresentante commerciale degli USA ha annunciato che lancerà un’indagine su una domanda presentata dai Lavoratori Siderurgici nella quale accusano la Cina di sussidi ingiusti ed illegali della loro industria di energia verde. 

IMPATTO GLOBALE DELLA POLITICA MONETARIA DEGLI USA 

La politica del dollaro a basso costo di Washington aumenta la pressione sui principali paesi con surplus- Cina, Germania, Giappone- così come sulle economie emergenti dell’Asia e dell' America Latina perché reagiscono svalutando le loro monete con il fine di compensare il vantaggio commerciali di rivali con divise in caduta, prima di tutto quella degli USA.

E' il classico scenario delle svalutazioni competitive e della politica di “impoverire il tuo vicino” che hanno caratterizzato la Grande Depressione degli anni 30 e che hanno prodotto una rottura del mercato mondiale con blocchi commerciali e monetari ostili, che hanno finito per portare alla Seconda Guerra Mondiale.
Tutte le principali potenze e nazioni in ascesa economica rinunciarono solennemente a questo modo di agire in riunioni internazionali, dopo lo scoppio della crisi finanziaria a settembre del 2008. Ci sono voluti meno di due anni perché questa osannata coordinazione globale crollasse in minacce reciproche e in una guerra economica aperta.

Germania e Giappone, anche se più che felici di costringere la Cina a svalutare il suo tasso di cambio e pronto a sparare alcuni colpi di avvertimento alla Cina a questo scopo, si mostrano riluttanti ad aggiungersi alla crociata anticina di Washington, perché sanno che sono anche un obiettivo della campagna del dollaro a buon mercato degli USA.
Lo scorso mese, il Giappone la cui divisa è salita più di un 10% contro il dollaro rispetto all’anno scorso, ha reagito con una vendita in massa e unilaterale dello yen, e questo mese la banca centrale giapponese ha annunciato un’altra riduzione del tasso di interesse base ed il suo proprio programma di quantitative easing, attraverso acquisti della banca centrale di 60.000 milioni di dollari in buoni del governo giapponese.

Economie emergenti come quelle della Corea del Sud, Tailandia, Taiwan, e Brasile oscillano per la pressione crescente sui loro tassi di cambio alimentata dalle ondate di dollari speculativi che cercano un profitto più alto con l’acquisto di buoni governativi e corporativi di questi paesi che hanno un' elevata crescita.

L' Istituto Internazionale delle Finanze, che opera per grandi banche, ha stimato che 82.500 milioni di dollari fluiranno ai paesi in via di sviluppo quest' anno, il 42% in più rispetto al 2009. Si prevede che soltanto gli investimenti nel debito dei mercati emergenti si triplicheranno a 272.000 milioni di dollari.

Lo scorso mese, il ministro del Tesoro del Brasile, ha messo in guardia contro lo scoppio di una guerra monetaria globale e durante questo mese il governo ha annunciato il raddoppio di una tassa sugli acquisti esteri di buoni brasiliani nel tentativo di fermare l’ingresso accelerato del capitale e l’aumento relativo della moneta nazionale, il reale.

La Tailandia ha adottato misure simili settimana scorsa, annunciando una ritenuta alla fonte del 15% sui pagamenti di interessi e redditi di capitale percepiti dagli investitori stranieri in obbligazioni thailandesi, nel tentativo di fermare l’apprezzamento del baht, che è salito di un 10% contro il dollaro durante quest' anno.

Lo scoppio di una guerra monetaria e commerciale è spinto dal rallentamento generale della crescita economica a livelli anemici che preclude qualsiasi vera ripresa della caduta più profonda dagli anni 30.Di fronte a un calo della domanda interna o dei mercati esteri stagnanti, o (come nel caso degli USA) una combinazione di entrambi i fattori, le principali economie cercano tutte di aumentare le loro vendite all’estero.  Man mano che impallidiscono le prospettive di una crescita dell’economia ai livelli precedenti alla recessione, collassa il sistema delle relazioni monetarie e commerciali multilaterali  risalenti agli accordi fatti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso succede con le probabilità di una genuina coordinazione multilaterale.

In definitiva, il coordinamento generale della politica economica fra le maggiori potenze nel dopoguerra si è basata sulla supremazia economica degli Stati Uniti, rappresentati dalla posizione privilegiata del dollaro statunitense come moneta di scambio globale e di riserva. Questo si è rotto irreparabilmente, con il declino palpabile della situazione economica globale degli Stati Uniti.

Il risultato è una lotta di tutti contro tutti, combinata con un attacco generale in ogni paese contro la classe lavoratrice che è costretta a pagare- nella forma di riduzioni di stipendi e misure d’austerità- per il collasso dell’ordine economico capitalista globale.

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da VANESA

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