17 giugno 2010

Kirghizistan in fiamme: Un altro fronte della guerra per il petrolio

In mezzo ad un rinnovato clima di tensione tra la Russia e l’asse USA-NATO nel Caucaso, in un centro strategico della “guerra fredda” per il controllo delle fonti e strade del petrolio in Asia Centrale, il Kirghizistan, un paese centrale nel dispositivo di occupazione militare dell’Afghanistan, è entrato in un processo di violenza e di “guerra civile” che coinvolge allo stesso modo le due prime potenze nucleari del pianeta. Si tratta di un nuovo e pericoloso fronte di conflitto in un’aerea esplosiva che contiene più del 70% delle riserve petrolifere mondiali.

Di Manuel Freytas

Una polveriera. Il Kirghizistan, un’ex repubblica sovietica di 5 milioni di abitanti, è un centro strategico della “guerra fredda” per il controllo delle fonti e vie del petrolio nell’Asia Centrale.
E’ un paese montuoso dell’Asia Centrale, senza uscita sul mare, che confina con la Repubblica Popolare cinese, Kazajistan, Tayikistan e Uzbekistan. La sua capitale è Biskek.
Il paese ha una popolazione di poco più di 5.350.000 di abitanti in 198 500 km². Irregolarmente distribuiti, concentrati nella capitale Bishkek e le aree bagnate dal fiume Naryn e dei suoi affluenti.
Ha una base russa, una base statunitense, e gioca un ruolo vitale nel dispositivo di occupazione militare in Afghanistan.
Inoltre il processo di violenza e di “guerra civile” scatenato nel  Kirghizistan è un altro pericoloso fronte aperto in una regione petrolifera segnata dai conflitti nel Pakistan e in Afghanistan, che si ripercuotono lungo le frontiere dell’Iran e la guerra latente in Medio Oriente.
Il paese fa parte dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (OCS) insieme alla Cina, Russia, Kazajistan, Tayikistan e Uzbekistan.
Ma anche, in un doppio gioco, ha stipulato accordi con l'asse USA-UE. Recentemente, un governo filo-Usa fu rovesciato da un altro filo-russo.
Questa situazione, ha squilibrato la bilancia e l’ha inclinata verso il lato della strategia del Cremlino che si è trovato con la possibilità di recuperare un enclave strategico che l’”asse occidentale” gli aveva tolto dopo la caduta dell’URSS.
Con il nuovo conflitto aperto qui, la Russia e gli USA tornano a incrociarsi pericolosamente in una regione centrale nella disputa strategica per il controllo delle risorse energetiche che ha avuto il suo primo tramo armato con la cosiddetta “guerra in Georgia” nell’agosto scorso.

Movimenti militari della NATO, la questione dell' installazione di sistemi missilistici statunitensi nello spazio post-sovietico, e di un riposizionamento strategico della Russia in Abkhazia e Ossezia del Sud, che segna il calendario immediato per una regione ad alta tensione del conflitto. 

La Georgia, pilastro della strategia USA nel Caucaso, continua ad essere circondata dall’apparato militare russo, mentre in Ucraina (ex alleata USA) ha preso il controllo un governo filo-russo che ha restaurato tutti gli accordi strategici con Mosca, inclusa la permanenza della base della flotta russa del Mar Nero.

Nel più puro stile della CIA e dei servizi occidentali, la risposta immediata alla cacciata del presidente filo-USA in Kirghizistan, Kurmanbek Bakiyev, è stata la "rivolta popolare" condotta dal presidente deposto.
Poco a poco, la situazione è andata ampliandosi e infine è sfociata in una “guerra civile” tra la maggioranza degli abitanti del Kirghizistan (il 55% della popolazione) e la minoranza uzbeka (il 21% uzbeki).

La “guerra civile” è una metodologia che la CIA e i servizi occidentali usano per conquistare e per riconquistare territori e governi.
L’hanno usata (e la usano) in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Sudan,Yemen, Nigeria ed in generale dove ci sia petrolio e risorse da depredare in nome della “guerra contro il terrorismo”. 

Il Kirghizistan è centrale, non soltanto perché si trova nella zona più strategica ed esplosiva del pianeta, ma anche perché rappresenta un’area di disputa tra la Russia e gli USA con la Cina alla frontiera.
La nuova “guerra fredda” tra la Russia e gli USA, è prima di tutto, una guerra economica per il controllo delle risorse strategiche, con il petrolio e il gas come i due obiettivi fondamentali in disputa.
Si tratta di una guerra (per adesso “fredda”) per il controllo delle reti degli oleodotti (corridoi energetici) euroasiatici dove la Cina gioca la sua sopravvivenza in alleanza con la Russia.

Inoltre, nell’agenda militare e geopolitica dello spazio asiatico, Pechino, allo stesso modo della Russia, si colloca agli antipodi del progetto strategico dell’asse USA-UE che ha militarizzato la regione euroasiatica per destabilizzare le reti energetiche della Russia, delle quali la Cina è la principale beneficiaria.
Mosca e Pechino, in aperta sfida all’egemonia europea-statunitense, a loro volta hanno tracciato accordi militari strategici ed hanno consolidato un blocco militare ed economico comune in Asia in aperto contrasto alla NATO.

Come risultato di una “guerra civile” innnescata dai servizi d'intelligence, oggi, il Kirghizistan è in fiamme e nella situazione di catastrofe umanitaria.
In Oriente, la Russia e l’asse USA-UE fanno a braccio di ferro in una battaglia segreta per vedere chi rimane al controllo del paese.
Gli USA, hanno appena perso un enclave strategico in Ucraina, dovendo rassegnarsi all’influenza sulla Georgia nel Caucaso, non può permettersi il lusso di perdere il Kirghizistan.

E mentre la CIA alimenta la guerra tra le etnie, Mosca studia strategie per intervenire militarmente nel paese come se fosse una “forza di pace”. Con un'altra informazione aggiungo che porta acqua alla strategia del Cremlino: l’11% della popolazione del Kirghizistan è russa.

L’argomento della Russia inizia nella ricerca dell’integrazione del Kirghizistan all’OCS, una specie di “NATO parallela” dell’Asia centrale che ha come leader Pechino ed il Cremlino.

In entrambi i casi, il massacro inter-etnico ha già aperto un altro fronte di conflitto nella strategica zona del “triangolo petrolifero” che coinvolge l’Eurasia e Medio Oriente e contiene più del 70 % delle riserve energetiche mondiali.
Questo è il punto centrale che nasconde il massacro manipolato che la stampa del sistema presenta come una “guerra tra etnie” tra kirghisi e uzbechi.


Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA 

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