11 febbraio 2010

POLVERONE ASIATICO: LO SFONDO DELLA CRISI MILITARE USA-CINA

 La scacchiera della “guerra fredda”

Di Manuel Freytas

I diversi fronti di conflitto (diplomatico, economico e militare) che si stanno sviluppando nei rapporti tra gli USA e la Cina formano parte di una scacchiera molto più complessa al cui centro si trova un conflitto strategico per aeree di influenza nel cosiddetto “triangolo petrolifero” (Eurasia- Caucaso e Medio Oriente)  attuato dall’asse Russia-Cina-Iran (l’asse del male), e dall’asse USA- UE-Israele (“l’asse occidentale”). In questo scenario (e non nel quadro limitato che la stampa internazionale mostra) c’è da leggere la pericolosa crisi militare scatenata tra gli USA e la Cina dalla vendita di armi a Taiwan.

Con la sua immagine pubblica in libera caduta, obbligato ad annunciare il suo primo “adeguamento” della spesa pubblica, screditato dai suoi stessi elettori, criticato per la continuità della “guerra terroristica” ereditata da Bush, con la sua maggioranza parlamentare  usurata nel Congresso, senza poter controllare la crisi economica ed i conflitti nelle zone di occupazione militare, il presidente USA ha appena messo fine ad una settimana nera: Una crisi militare con la Cina di pronostico difficile nella sua evoluzione.

Dopo l’annuncio di un piano del Pentagono per vendere a Taiwan 114 missili difensivi Patriot, 60 elicotteri Balck Hawk, varie navi portamine e equipaggiamenti di comunicazione per gli aerei da combattimento F-16, tutto per un totale di 6.400 milioni di dollari (4.616 milioni di euro), il regime cinese in collera, ha lanciato severi avvertimenti e ha congelato le sue relazioni militari con Washington.

Il conflitto si somma al sorprendente annuncio di Google che poteva togliere i suoi affari in Cina, come risposta dei cyber attacchi ai suoi pc e alle mail di dissidenti del paese asiatico che usano il servizio di Gmail, che ha causato un nuovo fuoco di tensione nel complesso rapporto tra la Cina e gli USA.
Anche se la vendita di armi forma parte di un accordo raggiunto nel 2008 dalla precedente amministrazione Bush, che in quel momento aveva causato la sospensione totale dei contatti militari tra i due paesi, arriva nel peggior momento per  il presidente Obama che ha chiuso il processo di una settimana nera per la sua gestione di solo un anno al fronte della Casa Bianca imperiale.
La prima reazione di Beijing è stata quella di sospendere immediatamente gli scambi militari con Washington e minacciare le compagnie coinvolte: “Beijing imporrà nuove sanzioni a quelle aziende statunitensi che partecipino alla vendita di armi a Taiwan”, ha espresso il Ministro degli Esteri cinesi.

“Consideriamo il grave danno e l’odioso effetto che la vendita di armi a Taiwan causerà, sospendiamo gli scambi militari con gli USA e le prossime visite già pianificate”, ha informato l’agenzia stampa ufficiale Xinhua attraverso un comunicato, il Ministro della Difesa cinese, ha chiamato il convoglio militare dell’ambasciata a Pechino per  trasmettergli la sua più “energica protesta”.
Tra le visite che potrebbero essere sospese figurano quelle del segretario di Stato della Difesa, Robert Gates, e dell’almirante Micheal Mullen, capo dello Stato Maggiore, così come il suo omologo cinese, Chen Bingde, negli USA.
Secondo la stampa cinese, Pechino sanzionerà le aziende che partecipano alla vendita, tra le quali si evidenziano la divisione Sikorsky Aircraft della United Technologies Corp, produttore di elicotteri Black Hawk, ed il gigante Lockheed Martin Corp, che partecipa ai missili Patriot insieme a Raytheon
.
Le rappresaglie potrebbero andare dalla cessazione della vendita di materie prime (minerali o tecnologia informatica) fino al divieto di raggiungere accordi con aziende cinesi o con soci della regione.
In base a quanto esprimono analisti cinesi, l’autentico pericolo per gli Usa è che le sanzioni vadano oltre l’aspetto militare e colpiscano nella stabilità del suo tessuto industriale, molto connesso con il gigante asiatico (nonostante i conflitti geopolitici e militari con Washington, la Cina è un paradiso di mano d’opera a basso costo per le transnazionali USA).

Un altro potenziale rischio- segnalano gli esperti- è che la società cinese, profondamente nazionalista, inizi un boicottaggio ai prodotti e alla cultura nordamericana come aveva fatto nel 2008 con la Francia in una campagna promossa dallo stesso governo dai fori su internet.
La Cina si è mostrata delusa: Attraverso le promesse di Obama, le autorità cinesi hanno previsto una riduzione, per non dire una detenzione, del ritmo dell’espansione militare globale statunitense con l’arrivo di una nuova amministrazione statunitense che prometteva di cambiare la strategia della “guerra preventiva” dell’era Bush per un’apertura di negoziazione dei conflitti militari.

Nonostante il fatto che la finanziaria militare degli USA è quasi 10 volte quella della Cina (che ha una popolazione 4 volte superiore), Washington conta su un fondo di difesa record di 708.000 milioni di dollari (la spesa militare mondiale è di 1,2 mila miliardi di dollari)
E nonostante il fatto che la Russia (la seconda potenza nucleare) spende in armamento USA 40.000 milioni, Mosca e Pechino sono considerati (insieme all’Iran) come le principali minacce strategiche per gli USA ed i suoi alleati dell’”asse occidentale”.

Per Alan Mackinnon, presidente della Campagna di Scozia per il Disarmo Nucleare: “Il mondo della guerra oggi è dominato da un’unica superpotenza. In termini militari gli Stati Uniti si collocano nel mondo come dei colossi. Un paese con solo il 5% della popolazione mondiale è responsabile di quasi il 50% della spesa mondiale in armamenti (con l’ultima finanziaria approvata l’anno scorso, gli USA superano il 60% della spesa totale delle armi a livello mondiale).
Nonostante l’Armata degli USA conti su sei flotte e undici gruppi di attacco (con capacità nucleare), portaerei, sottomarini e aerei dispiegati per invadere o intervenire in paesi, l’attuale capo del Pentagono, Robert Gates, in funzione dall’era Bush, ha segnalato la Cina e la Russia come appoggi dell’”asse del male” che include l’Iran e la Corea del Nord.

Da parte sua, la CIA dell’era Bush ha segnalato la Cina, la Russia e le Organizzazioni di Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP) come le minacce maggiori per gli USA, “più pericolosa che Al-Qaeda”.
Lo scorso settembre, l’attuale Direttore dell’Intelligence Nazionale di Obama, Dennis Blair, rese noto il documento di Strategia dell’Intelligence Nazionale degli USA, pubblicato ogni 4 anni, nel quale si afferma che “la Russia, la Cina , Iran e Corea del Nord rappresentano le maggiori sfide agli interessi nazionali degli USA”.
Ma i fronti che formano, in diversi ambiti (economici, politici e militari) il conflitto USA-Cina si riassumono in un quadro strategico definito dalla nuova “guerra fredda”, che esprime uno scontro di fondo per l’appropriazione delle risorse di gas e di petrolio del triangolo Eurasia-Caucaso-Medio Oriente (più il 70% delle riserve energetiche mondiali)

La scacchiera della guerra fredda.
I diversi fronti (diplomatici, economici e militari) che si stanno sviluppando nei rapporti tra gli USA e la Cina formano parte di una scacchiera strategica molto più complessa al cui centro si colloca un conflitto centrale per aree di influenza nel noto “triangolo petrolifero” (Eurasia, Caucaso e M.O.) attuato dall’asse Russia-Cina-Iran (“l’asse del male”) e dall’asse USA-UE (“l’asse occidentale”).
Dietro al conflitto USA-Cina (e come sfondo essenziale) si sviluppa una guerra per il controllo delle reti degli oleodotti (corridoi energetici) e delle vie energetiche dove la Cina gioca la sua sopravvivenza come potenza accanto alla Russia.

Sotto l’ombrello di questo conflitto strategico centrale, si circoscrivono i diversi episodi della “nuova guerra fredda” che si creano indistintamente tra il blocco USA-Israele, da una parte, e Russia-Cina-Iran, dall' altro.
La nuova “guerra fredda” (o “guerra energetica”), è prima di tutto una guerra economica per il controllo delle risorse strategiche dove il petrolio ed il gas sono i due obiettivi fondamentali in disputa. 

I lineamenti del “Nuovo Ordine Mondiale” costruito sulla base del controllo dei mercati e delle risorse energetiche è, fondamentalmente, un ordine creato affinchè le transazionali, le banche, le compagnie petrolifere e gli armamentisti  capitalisti, facciano “affari”, mentre le potenze cercano di situarsi nell’egemonia del "nuovo ordine”.

Inoltre, Pechino, come Mosca, si collocano agli antipodi del progetto strategico dell’asse USA-UE che ha militarizzato la regione euroasiatica per destabilizzare le reti energetiche della Russia, delle quali la Cina è la principale beneficiaria.
In quel gioco, “Il Grande Gioco”, Mosca e Beijing muovono le loro pedine nel teatro delle operazioni della guerra energetica intercapitalista in aree d’influenza che si disputano dall’Eurasia e gli spazi sovietici fino al M.O. Ed in questa scacchiera, il Cremlino sa che conta solo su due alleati: Iran e Cina.
Mosca e Beijing, in aperta sfida all’egemonia europea- statunitense, hanno tracciato degli accordi militari strategici ed hanno consolidato un blocco militare ed economico comune in Asia  in aperta sfida verso la NATO.

La Russia e la Cina, con la loro potenza economica in crescita ed il loro rinnovato sistema di armamento nucleare e convenzionale, stanno stabilendo patti e accordi strategici che cominciano a sfidare sempre di più l’egemonia imperiale statunitense ed europea in relazione all’Asia, Iran,M.O e America Latina.
Ad agosto del 2007, ripetendo esercitazioni militari congiunte nel 2005 e 2006, nel quadro dell’Organizzazione pro Cooperazione di Shanghai (OCS), Mosca e Beijing, hanno riaffermato la loro alleanza strategica in Asia Centrale. Hanno partecipato inoltre Kadsajstan, Turkmenistan, Kirghizia, Uzbekistan e Tadykistan.

E un dato centrale: l’Iran, il braccio strategico dell’asse Russia – Cina in M.O, ha partecipato in carattere di “osservatore” agli esercizi militari congiunti.
Nel quadro del summit dell’Organizzazione della Cooperazione di Shangai, e l’Organizzazione della Sicurezza Collettiva (OTSC), nel 2008, si è stabilito un convegno per la messa in moto di un blocco politico- militare che  si presenta come sfida alla NATO non solo in Asia Centrale ma anche in tutto il continente euroasiatico.
Si sono stabilite le basi e l’inquadramento di un accordo per la messa a punto di un blocco politico- militare (simile ad una NATO asiatica) che include la cooperazione strategica nell’area di sicurezza.
Dietro a questa sfida all’egemonia del potere degli USA e dell’Europa, e come attori principali, si trovano la Russia e la Cina, le due nazioni che emergono come protagoniste centrali nel nuovo ordine del potere mondiale.

La Cina, con la sua potenza economica (quest’anno aveva tolto il trono al Giappone come seconda potenza economica), può inclinare la pressione economica esercitata contro Mosca, pressione esercitata dalle organizzazioni internazionali controllate dall’asse USA-UE, mentre l’Iran (dipendente dalla Russia nella tecnologia militare e civile) rappresenta la sicurezza petrolifera, geopolitica e militare per far pressione sul blocco occidentale dal Medio Oriente.
Sullo sfondo di questo conflitto strategico, il cui svolgimento è decisivo per il futuro dell’umanità, s'intravede la ragione di fondo della crisi militare (di difficile pronostico) che si è appena scatenata tra la Cina e gli USA.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2010/secciones/norteamerica/0019_crisis_eeuu_china_01feb2010.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

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