28 febbraio 2010

PALLOTTOLE A SALVE CONTRO L'IMPERO!

Summit di Rio: La ribellione dei gerenti.


Di  Manuel Freytas

Dal punto di vista della personalità umana, il doppio discorso è una discrepanza (mancanza di corrispondenza) tra quello che si dice e quello che si fa. Una specie di “disturbo dissociativo dell’identità” che impedisce che la persona si faccia carico ed esegua quanto promette. Spostato sul piano del messaggio politico, il doppio discorso è una “tecnica dissociativa della realtà” attraverso la quale i presidenti, funzionari e politici del sistema, negano immediatamente con i loro atti quello che affermano con le loro parole senza che nessuno chieda spiegazioni.
Questa mancanza di corrispondenza tra la “teoria” (quello che dicono giornalmente per ottenere voti e consenso sociale) e la “pratica” (quello che fanno giornalmente per servire gli interessi dello Stato capitalista che li assume) ha permesso che, ad aprile del 2009, Barack Obama, il CEO dell’azienda imperiale USA (che storicamente sottomette i popoli dell’America Latina) venisse applaudito dai presidenti e si trasformasse per qualche ora nel “primo difensore” degli interessi regionali in un cosiddetto “Summit delle Americhe”. Oggi ripetono lo stesso scenario e lo stesso show ma senza Obama.
Una nuova riunione del Gruppo Rio questo lunedì in Messico, con alcuni notevoli cambiamenti rispetto a quella anteriore.
I presidenti dell’America Latina e dei Caraibi hanno iniziato questo lunedì un summit che promuove un meccanismo d’integrazione regionale dal quale resterebbero “esclusi” gli USA ed il Canada.
“La nostra sfida, la sfida che affronta la regione non è una questione di sinistra o di destra; non è una questione di ideologie o di dottrine, ma bensì una disgiunzione tra il passato ed il futuro, un futuro dove possano fiorire i valori nei quali crediamo, di democrazia per la giustizia nella libertà”, ha segnalato il presidente messicano Felipe Calderon, inaugurando il “Summit dell’Unità dell’America Latina e Caraibi”, un incontro convocato dal gruppo di Rio.
Velocemente, Washington, il padrone del cortile posteriore, ha segnato il nuovo terreno.

“Gli USA non ritengono che i loro interessi possano essere minacciati dal dialogo promosso dai paesi della regione nel Summit del Gruppo di Rio, ha segnalato questo lunedì l’ambasciatore statunitense in Brasie, Thomas Shannon.
“Non lo vediamo (al nuovo foro) come una forma di escludere gli USA. Non credo che si tratti di un' OEA senza gli Stati Uniti. Consideriamo come qualcosa di positivo (buono) che i paesi dell’America Latina migliorino la loro integrazione”, ha affermato in una nota stampa a San Paolo.
La nuova riunione è arrivata con alcuni cambiamenti.

Chavez, Cristina Kirchner, Evo Morales  o Rafael Correa non guardano più ad Obama con un gesto sommesso, quasi con ammirazione, sperando che il presidente imperiale in attesa di una chiamata per immortalare uno “scambio di parole” o un saluto affettuoso davanti alle telecamere televisive mondiali.
I tempi sono cambiati, Obama, con la sua immagine a terra non è stato invitato, gli USA hanno dato una lezione di potere ancora fresca con la caduta e l’espulsione di Zelaya, e adesso la loggia della sinistra governativa ed il resto dei gerenti degli Stati capitalisti regionali cercano nuove logiche di consenso elettorale e politico.

Questa logica si alimenta chiaramente di due operazioni complementari 
A) Criticare o definirsi pubblicamente “nemico” degli USA (o almeno mettere in discussione la loro politica) e governare i loro paesi per le banche e transnazionali che controllano egemonicamente il sistema economico produttivo ed il commercio estero  di tutti gli Stati latinoamericani, protetti sotto il potere militare e delle ambasciate USA nel Cortile Posteriore.
Questa non è un’affermazione teorica, ma una realtà verificabile e statistica che chiunque può appurare investigando le aziende e banche multinazionali che agiscono in America Latina, le reti commerciali, dove fatturano e il ranking delle loro entrate.

E questo comporta ad una prima conclusione verificabile per chi investiga: Dal Centro America al Cono Sud, le reti funzionali dell’economia dell’America Latina (aldilà dei diversi blocchi e associazioni regionali) sono controllate dalle super corporazioni transnazionali degli USA in primo luogo e dell’Europa in secondo luogo.
Sotto questo ombrello di dipendenza economica, effettiva e reale, i presidenti latinoamericani edificano un’ingegneria mediatica di discussione o di falso scontro discorsivo con Washington orientato a trainare voti e creare consenso interno con il rifiuto regionale alla potenza dominante.
Inoltre, da una visione in prospettiva militare strategica e realista, il summit dei 32 paesi che questo lunedì si riuniscono in Messico per analizzare una separazione dagli USA, può considerarsi (con totale proprietà) una farsa politica.
I 32 paesi che si riuniscono lì con una posizione di rottura o di “critica” verso l’egemonia imperiale USA, sono  membri attivi del dispositivo del controllo militare statunitensi della regione attraverso l’inserimento organico del loro esercito e poliziotti nella guerra contro il “narcoterrorismo” impulsato e coordinato dal Comando Sud degli USA.

A livello politico, i governi di America Latina (sia di sinistra come di destra, con l’eccezione di Cuba) si reggono da due principi dottrinari basici stabiliti dal Dipartimento di Stato degli USA nella regione:
1) difesa  ristretta del “sistema democratico” come quadro di regolamentazione politico e sociale a livello regionale.
2) Programmi di lotta contro il “terrorismo”, il “narcotraffico”, ed il crimine organizzato, attraverso convegni di cooperazione sottoscritti con Washington.
La strategia del controllo militare con la “guerra controterrorista” (sottoscritta da tutti i governi regionali) agisce come il sostento chiave al dominio economico, politico e sociale degli USA in America Latina. 

Questo sistema doppio, di parlare con gli USA, e attuare simultaneamente il programma economico livellato regionalmente dalle corporazioni dell' Europa e di Wall Street, è il motivo che spiega la realizzazione del nuovo summit senza gli USA nè Canada in Messico.
L’impotenza di questi governi regionali borghesi dal doppio discorso, la loro incapacità per cambiare l’ordine vigente, è stato dimostrato quando gli USA hanno deciso di porre fine con Zelaya e la sua demagogia “socialista” in Honduras.
A nulla è servito a Chavez e all’asse dei “governi di sinistra” (sostenitori di Zelaya) l’inedito sostegno internazionale ricevuto dalle potenze, governi e istituzioni capitaliste alleate degli USA nel controllo imperiale del pianeta.

Nonostante l’isolamento dell’Honduras, strangolarlo economicamente, e avallare Zelaya come “l’unico presidente costituzionale”, l’UE, l' ONU, l’OEA (vagoni della locomotrice imperiale) si sono dimostrati impotenti nel rimettere al governo al mediatico presidente decaduto del sobrero bianco.
Come d’abitudine (e come lo fa sempre) la prima potenza imperiale ha messo in penitenza i suoi gerenti “ribelli” a parole verso l’esterno, facendo sparire Zelaya da tutti i luoghi che era solito frequentare.
Questo lunedì, in Messico, tornano alla carica per altre luci e telecamere con lo show mediatico anti-USA.

E’ la stessa cosa di sempre, si riuniscono, bevono caffè, pronunciano discorsi infuocati contro gli USA, parlano di un “nuovo ordine regionale” senza Washington e dopo ritornano alla rutine di amministrare i loro paesi per le banche e transnazionali che depredano l’America Latina protetti dalla Quarta Flotta e la bandiera a 50 stelle che sventola perenne nelle ambasciate nord americane regionali.
Quello di Messico non è altro che la continuità della farsa per altre vie.


Traduzione a cura di VANESA

3 commenti:

  1. Ci sono basi militari permanenti degli USA in Italia e Germania dal 1945, così come l'Unione Europea delle elites finanziarie neomafiose è ostaggio della NATO. Senza politica internazionale coerente e con nessuna dofesa autonoma.

    Questo -però- non ha impedito che la Germania fosse un gigante delle esportazioni e che -assieme alla Francia- abbia costituito il centro-motore del progetto di unificazione europeo. Almeno, fino al trionfo neoliberista e la disintegrazione dell'URSS.

    Queste argomentazioni di Freytas mi sembrano massimaliste ed eccessivamente "ideologiche". Con la sua logica, nessun Impero sarebbe mai caduto, e qualsiasi opposizione critica -ma parziale- sarebbe stata futile.

    Scompare la sua lucidità geopolitica quando appare questo suo rigurgito di massimalismo: tutto o niente e -in ogni caso- meglio il nulla che poco, gradualità, il ritmo concreto della realtá, che si esprime con sussulti rivoluzionari una volta -massimo due- in un secolo.

    TITUS

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  2. @Tito

    Da una parte (l'ultima), sono d'accordo con te; dall'altra però...mi sono abituata (è più forte di me) a pensare male e dubitare di tutto, mi hanno inviato questo articolo di Freytas subito dopoaver pubblicato "storia del nuovo ordine mondiale" e leggendo la parte riguardante i "blocchi regionali" che si stanno preparando da tempo a livello mondiale, anche senza dare nulla per scontato, ho pensato che Freytas potrebbe anche aver ragione su alcune questioni.

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  3. Semplicemente, siamo in presenza di una tappa della calante egemonia degli Stati Uniti che -da globale e assoluta- si trova nella fase di dominio relativo e sempre più circoscritto.

    Lo stesso si diceva dell'ALCA -annessione delle economie del continente americano agli USA- il suo fallimento non è stato -e non poteva essere il preludio al socialismo- ma una tappa indispensabile per scrollarsi del neocolonialismo gringo.

    Senza di questo, nessun altro cmbiamento non è possibile e pensabile...
    TITUS

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