16 gennaio 2010

IL LAGO CIAD RISCHIA LA SCOMPARSA

Di Paul Virgo

Cinquanta anni fa, il lago Ciad era più vasto dello stato di Israele. Oggi, ha una superficie dieci volte più piccola, e si prevede possa scomparire del tutto entro 20 anni.


Il cambiamento climatico e il sovrasfruttamento hanno messo in pericolo l’esistenza stessa di uno dei più imponenti laghi africani, e con esso la vita di 30 milioni di persone che dipendono dalle sue acque.


Secondo gli esperti, sta per profilarsi una crisi senza precedenti, che aggraverà il problema della fame in una regione che già soffre di una grave insicurezza alimentare, creando una seria minaccia per la pace e la stabilità.

“Se il lago Ciad si prosciugasse, 30 milioni di persone non avrebbero più nessun mezzo di sostentamento, e questo è un grosso problema per la sicurezza, a causa della competizione sempre più aspra per minori quantità d’acqua”, ha spiegato Abdullahi Umar Ganduje, segretario esecutivo della Commissione del Bacino del Lago Ciad (LCBC).

“Aumenteranno la fame e la povertà. E quando manca il cibo, si crea una predisposizione alla violenza”.


Il lago, che tra il 1963 e il 2001 si è ridotto del 90 per cento passando da 25mila a meno di 1.500 chilometri quadrati, è compreso tra Ciad, Niger, Camerun e Nigeria.


Altri quattro paesi - Repubblica Centrafricana, Algeria, Sudan e Libia - condividono il bacino idrologico del lago, e sono perciò legati alla sua sorte.


"Il lago Ciad si è ridotto”, ha affermato il leader libico Muammar Gheddafi alla Conferenza mondiale sulla Sicurezza Alimentare di novembre tenutasi a Roma presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). “Se si prosciugasse, sarebbe un disastro, e voglio avvertire il mondo di questa imminente catastrofe”.


Il disastro è già cominciato. I villaggi che un tempo avevano porti fiorenti sul lago si trovano ora a miglia di distanza dall’acqua, e sono stati raggiunti dall’avanzata del deserto del Sahara. Pescatori e agricoltori stanno lottando per la sopravvivenza.


"La situazione drammatica è già in atto”, ha detto all’IPS Maher Salman, esperto tecnico della Divisione per la valorizzazione delle acque e delle terre della FAO. “È chiaro che già si cominciano a sentire gli effetti: comincia l’emigrazione; la gente cerca l’acqua e perciò abbandona l’area del bacino”.


I prodotti della pesca, un tempo abbondanti, si sono sostanzialmente dimezzati. Secondo la FAO, la presenza di pesci nel lago si è ridotta del 60 per cento, e così la varietà di pesci pescati.


Gli agricoltori che dipendono dalle acque del lago per l’irrigazione devono spostarsi più vicino al litorale, o sono costretti ad abbondonare la propria attività. La mancanza d’acqua ha fatto inaridire i pascoli, con una riduzione del mangime per gli animali, stimata nel 2006 intorno al 46,5 per cento in alcune aree, con la conseguente morte del bestiame e il crollo dell’allevamento. È esattamente il genere di situazione che preoccupava l’ex vicepresidente della Banca Mondiale Ismail Serageldin nel 1995, quando affermava che "le guerre del ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del prossimo secolo saranno combattute per l’acqua”- un punto di vista sostenuto dai rapporti di molte organizzazioni, tra cui la CIA (U.S. Central Intelligence Agency).


Sebbene molti esperti rimangano scettici sulla prospettiva di guerre totali per l’acqua, molti rapporti riferiscono di scontri tra agricoltori e allevatori, che si contendono la gestione delle terre produttive nell’area del lago Ciad.


Anche la biodiversità ha subito gli effetti della riduzione del lago, così come la situazione sanitaria della regione.


“Gli spostamenti della popolazione in cerca di cibo creano alti livelli di interazione, che complicano le cose a causa dell’alta incidenza di HIV tra gli abitanti del lago Ciad”, dice Ganduje. “La Banca Africana per lo Sviluppo è venuta in nostro soccorso, e stiamo facendo fronte alla situazione”.


Non si può far molto a livello regionale per il cambiamento climatico, che sta colpendo il lago su due fronti: riducendo le piogge che lo alimentano, e accelerando l’evaporazione delle acque, a causa dell’aumento delle temperature. La scarsa profondità lo rende inoltre particolarmente vulnerabile a questi eventi.


È una situazione grave, ma non senza speranza. L’altro aspetto del problema, lo sfruttamento eccessivo, può essere affrontato localmente.


“Siamo ottimisti”, dice Ganduje. "Stiamo regolarizzando l’uso dell’acqua del lago Ciad, e redigendo un trattato affinché tutti abbiano regole comuni e regolamenti per l’uso dell’acqua”.


“Stiamo poi controllando le diverse attività sugli affluenti del lago Ciad, come la costruzione di dighe e le attività di irrigazione. Controlliamo il comportamento umano nella risposta ad altri fattori che sono fuori dal nostro controllo”.


Questa fiducia è in parte giustificata dalla crescente consapevolezza sulla necessità di una risposta.


“Si riconosce la necessità di mettere in pratica nuove strategie di gestione”, afferma Salman. “La maggior parte degli studi riconosce che la riduzione del lago è causata dallo sfruttamento dell’acqua da parte dell’uomo così come dal cambiamento climatico. Ma una soluzione è possibile”.


“L’uso dell’acqua deve essere ottimizzato in ogni settore, migliorando la conservazione dell’acqua e le tecnologie agricole su piccola scala per un’irrigazione più efficiente. Anche la consapevolezza sull’uso dell’acqua è importante, in vista di una sua riduzione”.


La LCBC ripone inoltre forti speranze nell’ambizioso progetto di riportare il lago ai livelli del 1960, deviando l’acqua del fiume Oubangui, uno dei maggiori affluenti del fiume Congo.


“Gli studi di fattibilità sono partiti ed è stato stanziato anche un fondo”, afferma Ganduje. “I capi di stato credono nel progresso. Se gli studi sulla fattibilità risultassero positivi, credo che avremo il supporto politico necessario”.


La FAO non ha preso posizione sulla possibilità che il progetto di trasferimento vada avanti, benché abbia richiamato l’attenzione sul suo possibile impatto, e anche su quello del sistema del fiume Congo. Il punto chiave secondo la FAO è presentare piani concreti per salvare il lago, in modo tale che i donatori possano essere incoraggiati ad impegnarsi in una causa che è cruciale per milioni di persone.


“Esiste un piano d’azione strategico per lo sviluppo sostenibile del lago Ciad, ma per trasformarlo in azione ci serve un piano d’investimento”, afferma Salman. “Abbiamo bisogno di più incontri di donatori per far sì che si impegnino e concretizzino il loro impegno con degli investimenti. La buona notizia è che c’è consenso sulla necessità d’agire”.


Fonte: http://ipsnews.net/news.asp?idnews=49820

3 commenti:

  1. ecco..insomma cercano di nuovo dei soldi per qualcosa di irrealizzabile.
    fermare la naturale progressione della natura. la popolazione del mondo si è evoluta con continue migrazioni influenzata dai cambiamenti climatici (glaciazioni e sglaciazioni).
    tutto il problema sta ora nella sedentarietà umana che ha colpito anche quelle popolazioni che fino a non molto tempo fa erano nomadi, soprattutto in quelle zone impervie del pianeta.

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  2. Il lago Ciad non e' in Israele !

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  3. Ciao anonimo,
    scusa, ma doce hai letto che è in Israele?
    L'articolo dice solo che "cinquanta anni fa, il lago Ciad era più vasto dello stato di Israele" facendo un paragone di estensione...

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