6 novembre 2009

LA NUOVA UE E IL POVERO D'ALEMA

di Decio Siluro

Massimo D’Alema, e con lui tutta la dirigenza dell’ex Pci, ha fatto una fatica incredibile per diventare liberista e filo atlantico. Ha dovuto dimenticare tutti gli insegnamenti ricevuti alla scuola quadri delle Frattocchie; è andato in pellegrinaggio più volte negli Usa; da presidente del consiglio ha persino fatto bombardare la Serbia per dimostrarsi affidabile per la Nato; pare addirittura che quando guarda i vecchi film di Peppone e Don Camillo faccia ormai il tifo per il personaggio interpretato da Fernandel.

Tutto inutile. L’ambasciatore polacco presso l’Unione europea, Jan Tombinski, incontrando alcuni giornalisti ieri mattina a Bruxelles, riferendosi ai candidati per il posto di Alto rappresentante per la politica estera Ue, che, in base al Trattato di Lisbona, sarà anche vicepresidente della Commissione Europea e avrà un suo servizio diplomatico, ha espresso il “non gradimento” del blocco ex sovietico verso il povero D’Alema. Il motivo? Il suo passato comunista. In seguito è arrivata una più conciliante precisazione da parte della rappresentanza permanente della Polonia a Bruxelles, ma Tombinski era stato fin troppo chiaro: “sarebbe meglio avere una persona la cui autorità non potrebbe esser contestata a causa del suo passato".

In difesa di D’Alema è così dovuto intervenire Berlusconi che avrebbe chiamato le cancellerie europee per spiegare che quella dell’esponente del Pd “è una candidatura forte”. Il Cavaliere avrebbe sentito Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, e avrebbe sondato anche altre cancellerie, come quella inglese e quella portoghese.
Ma come, si sarà chiesto D’Alema, Gianfranco Fini viene ormai ricevuto con tutti gli onori a Tel Aviv, dimenticando tutti il suo passato “fascista”, ed io devo ancora pagare i miei trascorsi nel Pci?
Una differenza però c’è e vogliamo rammentarla al povero D’Alema. Lui, comunista lo è stato veramente, Fini, fascista, non lo è stato mai, al massimo possiamo concedergli di aver in buona fede per un po’ creduto di esserlo, nulla di più.

Se fallisse il progetto di trasloco di D’Alema in Europa, lo ammettiamo, ci dispiacerebbe. Certo, le probabilità che l’esponente del Pd ricordi ancora gli insegnamenti ricevuti in gioventù sul senso dello Stato sono deboli, ma c’è sempre la speranza che possa ritrovare una traccia di quel suo passato che lo dovrebbe rendere avversario del capitalismo selvaggio, di quel modello che la cricca mondialista vorrebbe imporre all’Europa per annientarne ogni sua identità. Certo, non bisogna dimenticare che già a metà del secolo scorso il Pci divenne collaborazionista degli americani nell’invasione dell’Italia, ma comunque allora erano in corso altre strategie e lo scenario attuale è completamente differente. Ci preoccupa invece un D’Alema nominato ma bisognoso di dimostrare continuamente la sua atlanticità, sarebbe una iattura, per tuta l’Europa.

Fonte: Rinascita.info

2 commenti:

  1. "Se fallisse il progetto di trasloco di D’Alema in Europa, lo ammettiamo, ci dispiacerebbe. Certo, le probabilità che l’esponente del Pd ricordi ancora gli insegnamenti ricevuti in gioventù sul senso dello Stato sono deboli, ma c’è sempre la speranza che possa ritrovare una traccia di quel suo passato che lo dovrebbe rendere avversario del capitalismo selvaggio, di quel modello che la cricca mondialista vorrebbe imporre all’Europa per annientarne ogni sua identità."
    A noi lettori farebbe piacere leggere qualcosa di sensato. Preghiamo Albakan di non mettere piu testi di giornalisti ubriachi.

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  2. Ciao Francesco,
    normalmente pubblico articoli che condivido, quindi faccio parte anch'io della categoria "ubriachi", anche se non sono una giornalista.
    Però non definisco mai "ubriaco" chi non la pensa come me.

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