28 novembre 2009

DUBAI SCATENA IL PANICO: ESPLODONO I MERCATI CON UNA FUGA IN MASSA VERSO IL DOLLARO



I grandi speculatori finanziari internazionali (i “giocatori in borsa”) si disfacevano velocemente di azioni a “rischio” venerdì e – seguendo la tendenza di giovedì- si rifugiavano nel dollaro statunitense, temendo che una moratoria nel debito di Dubai scatenasse una nuova versione della crisi dei subprime negli USA.

Dubai, uno dei sette emirati, che integrano gli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha registrato un' esplosiva “bolla” finanziaria con la speculazione immobiliare, ha scosso giovedì e venerdì i mercati mondiali annunciando che la sua azienda costruttrice e portuaria più importante, Dubai World, non potrà pagare il suo debito di 60.000 milioni di dollari.

La notizia ha fatto cadere per effetto domino le borse mondiali, dall’ Asia, Europa e America Latina, e la “ondata di vendite” di azioni ha colpito i mercati delle divise e metalli che erano oggetto, fino a quel momento, di speculazione dato che il dollaro era in ribasso.

Le azioni di Wall Street, venerdì, hanno chiuso in negativo, dopo una sessione con un basso volume di affari, dopo che gli speculatori si disfacevano di varie azioni, incluse la Cartepillar, Bank of America e Alcoa, a causa dei timori di un possibile effetto domino della crisi a Dubai.

La borsa, venerdì, ha chiuso tre ore prima dopo che il mercato era rimasto chiuso giovedì per il Giorno del Ringraziamento.
Il Dow Jones Industrial Average è calato di 154 punti, cioè l’1,48% , a 10309,92 , dopo essere sceso prima a 10231.

Il crollo di venerdì è stato il più grande che si è verificato dal 30 ottobre scorsoe si verifica dopo che, mercoledì, l’indice aveva chiuso con il massimo raggiunto in 13 mesi.

Le borse asiatiche sono crollate venerdì a causa dell’onda d' urto causata dalla crisi del debito di Dubai, che ha debilitato le azioni delle banche e ha fatto lievitare lo yen ad un nuovo record in 14 anni contro il dollaro, nel momento in cui gli investitori si allontanavano da operazioni rischiose.

A Tokio, è crollato il Nikkei. A Seul, si è sfaldato il Kospi. A Shanghai, l’indice generale è precipitato. Il mercato borsistico di Hong Kong ha chiuso con un – 4,84%. La borsa dei Valori di Bangkok è ceduta di 5,36 punti. Le piazze finanziarie di Kuala Lampur e di Singapore sono rimaste chiuse per la festa del sacrificio dell'agnello. E l’indicatore di valori tecnologici Kosdaq è affondato di un 4,67%.

Le azioni europee continuavano con le perdite della sessione precedente all’apertura di venerdì, dovuto alle preoccupazioni sui problemi del debito a Dubai che continuavano a diminuire l’interesse degli speculatori per gli “attivi a rischio”-

Alle 08:06 GMT, l’indice FTS Eurofirst 300 dei principali valori europei perdeva un 1,4 % a 974.94 punti, dopo essere crollato di un 3,3% giovedì, la sua maggiore perdita in 7 mesi.

Le azioni delle megabanche statunitensi sono crollate venerdì. Citigroup è scesa di un 2,6%, la Bank of America un 3%, Goldman Sachs 2,8% e JPMorgan un 2%.

Tuttavia, il calo più marcato è stato osservato negli ADS delle banche europee. Lloyds è calato di 49 cts, o il 7,9%, a 5,71 dollari, la Royal Bank of Scotland di 55 cts, o il 4,6% a 11,48 dollari e HSBC Holdings di 3,61 dollari, o il 5,8% a 58.46 dollari.

Gli specialisti considerano che il collasso non è stato maggiore non perché giovedì la borsa di Wall Street era chiusa per la festa del Ringraziamento, ma perché in quella giornata-presagivano- di poter vivere un “venerdì nero” comparabile a quelli che si sono vissuti durante i fallimenti bancari dell’anno scorso.

L’effetto Dubai

Le conseguenze della crisi del debito di Dubai ha avuto delle ripercussioni, venerdì, in tutto il mondo, creando il timore di un’altra ondata di agitazione finanziaria e dimostrando quanto vulnerabile continua ad essere l’economia mondiale nonostante gli incipienti segni di recupero.

La crisi è cominciata mercoledì quando Dubai, parte degli Emirati Arabi (EAU), ha detto che avrebbe chiesto ai creditori della statale Dubai World e della sua controllata principale Nakheel (NAKHD:UL) di sospendere i pagamenti di miliardi di dollari di debito come un primo passo per una ristrutturazione.

Nakheel è l’immobiliare delle tre isole con forma di palme che hanno così tanto sedotto i famosi ed i magnati, e diventare una calamita per i mega gruppi speculatori del capitalismo finanziario che operano a livello globale.

I timori che il conglomerato statale Dubai World fosse inadempiente con il pagamento del debito hanno colpito giovedì e venerdì i mercati azionari in Asia, Europa e America Latina.

L'azienda, che ha una passività totale di 60.000 milioni di dollari, ha chiesto un rinvio di sei mesi per i suoi obblighi di debito, avendo problemi nelle loro filiali di investimento e immobili Nakheel e Istihmar World.

La scossa ha causato panico e vendite di azioni di banche, costruttori e aziende con interessi in Medio Oriente e molteplici speculazioni sulle identità finanziare che sarebbero state colpite in Europa.

Dopo e stato diffuso che un buon numero di potenti banche inglesi avevano fatto dei prestiti agli Emirati Arabi, che la propria borsa di Dubai è il principale azionista della Borsa di Londra (London Stock Exchange), in modo che le azioni di questa entità e della maggior parte delle banche europee sono state tagliate.

Le azioni, dall'Asia ai principali centri finanziari in Europa e in America Latina sono stati colpiti dal timore di esposizione degli istituti di credito alle imprese che hanno costruito Dubai nelle isole del Golfo Persico, hanno pianificato città dal Pakistan all' Africa e hanno disegnato il centro finanziario della più grande regione esportatrice di petrolio, in una nuova versione dell’ “economia di carta” la cui struttura finanziaria è appena esplosa.

Negli ultimi anni, Dubai si è sviluppata in gran modo con la speranza di essere la mecca del turismo mondiale ricco ed una metropoli cosmopolita in Medio Oriente.

Ma in questo processo le aziende coperte dallo stato hanno accumulato un debito di 80.000 milioni di dollari, motivo per il quale gli emirati, forse, avranno bisogno di un altro piano di riscatto dal loro vicino Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti.

“Questo è un importante promemoria che la crisi creditizia è dimenticata ma non sparita”, ha detto in un articolo Robert Rennie, stratega del Westpac Global Markets Group citato da Reuters.

Le banche asiatiche, come i suoi pari europei, si sono affrettate a prendere distanza da Dubai, un emirato desertico che è emerso dall’oscurità per investire in in istituti di credito a livello mondiale come quelli della Standard Chartered e che ha attirato assessori di fondi con la promessa di uno stile di vita “libero da tasse”.

Dubai World, il mega gruppo finanziario che è dietro la “veloce espansione” dell’emirato aveva passivi di 59.000 milioni di dollari fino ad agosto, la maggior parte del debito di Dubai che raggiunge gli 80.000 milioni.

La notizia ha messo in panico i mercati che già fantasticano con un remake del collasso della “bolla” immobiliare statunitense che ha fatto esplodere il sistema finanziario globale nel 2008.

“Il bottone del panico è stato schiacciato nuovamente”, ha detto Francis Lun, assessore generale del Fullbright Securities a Hong Kong, citato da Reuters.

Il crollo del debito di Dubai deriva da una “bolla immobiliare” (simile ai subprime negli USA) che è implosa dopo il fallimento di convertire le faraoniche costruzioni (costruite con crediti ad alti interessi) in un affare redditizio con il turismo ad alto livello per stranieri.

Il fallimento del progetto immobiliare per convertire il Dubai in un centro egemonico regionale di attività turistiche che sarebbero andate da una catena di hotel, a centri di spettacolo, attività ricreative ed operazioni di trasporto, hanno fatto esplodere finalmente la “bolla” e scatenato la crisi, i cui risultati non sono ancora chiari.

Fuga verso il dollaro

La realtà supera sempre la finzione: La crisi finanziaria a Dubai ed il suo impatto nei mercati finanziari ha dimostrato nuovamente (così come IAR lo sostiene da tempo e lo ha dimostrato nei suoi articoli) che il dollaro USA è il rifugio del capitalismo transnazionale (statale e privato) in epoche di cataclismi.

Dopo il collasso a Dubai, gli speculatori internazionali ad alto livello si sono rifugiati nel dollaro in Europa in mezzo ai timori che possono trasformare questo comportamento in generale tendenza a livello mondiale, secondo il Wall Street Journal.

A causa di questo, il dollaro ha guadagnato nelle operazioni europee di giovedì, dopo aver registrato significative cadute in Asia, dove ha raggiunto un minimo in 14 anni contro lo yen ed ha obbligato vari governi ad investire per frenare la sua caduta.

Giovedì a Londra, l’euro si collocava a 1,5071 dollari, dopo aver raggiunto un massimo di 1,5142 dollari durante la giornata di negoziazioni dell’ Asia. Il dollaro ha toccato i 86,73 yen, dopo che era sceso a 82,26, ad un livello non visto più da luglio del 1995. La libra sterlina si è collocata a 1,6541 dollari, dopo aver raggiunto un massimo di 1,6725 durante la giornata asiatica.

La notizia sull’apprezzamento della moneta statunitense ha colto di sorpresa gli speculatori che erano più ottimisti sulle prospettive di Dubai ed ha causato una fuga verso il sicuro rifugio del dollaro. La tendenza del passaggio delle azioni al dollaro, ha causato un crollo dei mercati borsistici europei giovedì e che si è ripetuto venerdì.

A livello nazionale, e anche se il Giappone è rimasto forte, altri hanno adottato misure aggressive per comprare dollari.

Per il Journal, le Filippine, Tailandia, Singapore e Corea del Sud sembrava vendessero le loro valute giovedì. La Banca Nazionale della Svizzera è intervenuta per vendere dollari verso la metà della sua sessione in Asia, anche se la banca centrale non ha voluto rilasciare commenti.

Se l’euro e lo yen continuano a rafforzarsi, per esempio, il costo delle esportazioni europee e asiatiche nei mercati internazionali aumenteranno.

Alcuni paesi che sono già intervenuti. Corea Del Sud, Taiwan, Filippine e Tailandia hanno fatto i loro passi per frenare l’aumento delle loro monete e cercare di mantenere la competizione delle loro esportazioni di fronte alla Cina, la cui moneta, lo yuan, è legata al valore del dollaro.

L'intervento sempre più definito dei governi di acquistare dollari e buoni del Tesoro, cerca di scatenare una nuova scalata nella quotazione della moneta statunitense che renderà più competitive le sue economie nel mercato delle esportazioni “dollarizzato”.

La crisi di Dubai e la corsa in massa verso la divisa statunitense aumentando la sua quotazione può rendere più facile il compito.

Fonte:
http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/medio_oriente/0056_dubai_desata_panico_27nov09.html

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da
VANESA

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