6 ottobre 2009

DOPO IL "SI" DELL'IRLANDA...

di Jose A. García Saez

La vittoria del SI nel secondo Referendum in Irlanda fa si che il Trattato di Lisbona sia definitivamente approvato, anche se mancano le firme del presidente polacco e ceco. Dal momento che la Commissione europea assicura che il trattato dovrebbe entrare in vigore all'inizio del 2010. Sembra quindi che già abbiamo il Trattato e con lui un’Europa, ci dicono, più dinamica, più trasparente e più democratica. Ora la domanda che mi pongo è: Perché vale più il SI del 2 ottobre che il NO del 12 giugno 2008? Se uno pensasse male direbbe che dovremmo valorizzare e rispettare i risultati dei Referendum unicamente in base all'essere in linea o no con il Modello dell’Unione Europea che disegnano i leader europei a porte chiuse.

Ma non pensiamo male... quello che succedeva, come dichiarava Durao Barroso questo fine settimana, è che i cittadini irlandesi nella prima votazione non erano ben informati, però in questa seconda votazione conoscevano perfettamente il Trattato e le sue conseguenze. Come il resto degli europei non abbiamo potuto manifestare la nostra volontà democratica sul Trattato quindi non c’era bisogno di conoscerlo; ma forse sarebbe interessante fare una breve (e parziale) valorizzazione sui cambi che porterà, dato che la sua entrata in vigore ci toccherà tutti, anche se non abbiamo avuto la possibilità di votarlo tramite referendum.

Riconosciamo, in primo luogo, che il Trattato di Lisbona introdurrà qualche aiuto che renderà agile e chiarificherà il funzionamento dell' Unione. Per spiegare alcune di queste migliorie, possiamo cominciare dicendo che il Trattato di Lisbona non sarà un testo che verrà applicato direttamente ma modificherà i trattati basici: Il Trattato della Unione Europea (o di Maastricht) ed il Trattato del Funzionamento dell’UE (vecchio Trattato della Comunità Europea). Il primo può considerarsi come il testo basico che fissa le istituzioni ed i principi del funzionamento dell' Unione, mentre il secondo sarebbe un testo da sviluppare. A questi due documenti andrebbe aggiunta la Carta dei Diritti Fondamentali dell' UE, che infine diventa giuridicamente vincolante.

Adottando una personalità giuridica propria, l' Unione potrà aderire come strumento internazionale di protezione dei diritti fondamentali, come si prevede con l’adesione al Convegno Europeo dei Diritti Umani, e questo dovrebbe significare che gli atti delle istituzioni potranno essere giudicati dal Tribunale Europeo dei Diritti Umani, che è un' istanza internazionale estranea ad esso. Questo miglioramento contrasta, però, con la vergognosa eccezione permessa nel famoso Protocollo 30 alla Polonia e al Regno Unito, di fronte ai cui tribunali non sarà valido allegare i diritti riconosciuti dalla Carta dei Diritti Fondamentali. Particolarmente, in tale protocollo si insiste sul fatto che in questi Stati non saranno applicati i diritti economici e sociali enunciati, e certamente, nel titolo IV della Carta sotto l’inquietante epigrafe della solidarietà.

La tolleranza mostrata verso questa eccezione nell’applicazione dei diritti fondamentali è, nella mia opinione, un buon indicatore di come si sta costruendo l’Unione Europea che riflette il Trattato di Lisbona. Per la libera circolazione di merci e di capitali, ovviamente, non si contemplano eccezioni. L’articolo 63 del nuovo Trattato di Funzionamento stabilisce con tutta chiarezza che “sono proibite tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi”. Se questo rimane così, c’è da chiedersi in quale modo potranno imporre, ad esempio, una tassa tipo Tobin come quella che adesso tanti leader europei stanno considerando necessaria per evitare la speculazione finanziaria, principale responsabile della crisi sistemica nella quale ci troviamo sommersi.

Certamente, si, come ci dicono, uno dei motivi per il quale gli irlandesi hanno votato Si al Trattato di Lisbona è la stabilità economica che ipoteticamente l' Unione darà loro, forse non conoscono così a fondo le conseguenze dell’approvazione del Trattato. Forse non sapevano neanche che l’unico settore in cui saranno sollecitati a realizzare delle spese pubbliche è il settore militare. Invece di promuovere il disarmo, gli Stati membri si impegnano a migliorare le loro capacità militari (art. 42.3 TUE). Forse non sapevano neanche che tutti i servizi pubblici saranno d’interesse economico generale, e che sono sottomessi alle regole della libera concorrenza (art 107 TFUE). Dubito anche che questa seconda campagna informativa ( la cui spesa si è ridotta da 24 a 20 milioni di euro rispetto alla precedente) abbia sottolineato troppo il rafforzamento dell'indipendenza della BCE, che si consolida come un' istituzione più dell' Unione Europea, capace di giocare in modo totalmente indipendente e autonoma con il prezzo dell’Euro, come se il prezzo del denaro fosse una decisione strettamente tecnica che non ha bisogno di nessun tipo di controllo politico.

Sono solo alcuni dei motivi per i quali credo valesse la pena che gli irlandesi votassero per il NO. Perché un NO ci avrebbe aiutato a riflettere sul tipo di Unione Europea che il Trattato di Lisbona sta consolidando (non inventando) e ci avrebbe dato tempo per pensare ad un’Europa più giusta, realmente impegnata con la pace, con l’ambiente ed i diritti umani. Sia per il suo contenuto materiale che per la forma in cui è stata elaborata, la cittadinanza non dovrebbe conformarsi a questo Trattato. Un’altra Europa è possibile, ma senza maturazione civica non esiste razionalità politica. Continuiamo a dire NO allora, che così non va. Usiamo l’immaginazione e l' esperienza per costruire insieme quest' Europa diversa, quest' Europa che allontanerà l’approvazione del Trattato di Lisbona.

Fonte: http://www.attacpv.info/participacio/index.php?option=com_content&task=view&id=671&Itemid=1

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

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