23 luglio 2009

LA POVERTA' MONDIALE E I GUADAGNI CAPITALISTICI

Gli estremi che non si toccano

Di Manuel Freytas
Per la stampa del sistema l’aumento della povertà mondiale e l’aumento della ricchezza non sono processi inversamente proporzionali che si retro-alimentano a livello di causa ed effetto. Povertà che si espande su scala globale, e ricchezza (attivi manageriali e fortune personali) che si concentrano in poche mani non hanno niente a che vedere uno con l’altro, seguono vie separate. Che le fortune personali dei più “ricchi” del ranking di Forbes duplicano il PIL mondiale, non hanno nulla a che fare con l’esistenza di 3000 milioni di persone (la metà del pianeta) che soffrono di “povertà strutturale”, o dei 1000 milioni di persone che non ricoprono i loro bisogni basici di alimentazione e di sopravvivenza nel mondo. Gli estremi non si toccano mai, il grande segreto per pubblicare documenti sulla povertà e ricchezza senza che appaiano come cause strutturali dell’esistenza di ricchi e poveri. Mentre il Dipartimento dell' Agricoltura statunitense (ERS) ci informa che più di 80 milioni della popolazione mondiale è diventata povera e a rischio di carenza alimentare durante l’anno scorso come conseguenza del rialzo dei prezzi dell’energia e degli alimenti, altre informazioni dicono che la maggior parte delle grandi banche statunitensi ( Citigroup, Morgan Stanley, Bank of America, Goldaman Sach, J P Morgan Chase, ecce) hanno craccolto profitti nonostante la crisi economica e la recessione che fanno crollare l’economia reale. Tutte queste istituzioni madri del sionismo finanziario USA, hanno avuto guadagni esorbitanti nel secondo trimestre e si sono configurate come le “grandi vincitrici” tra quelli che fanno affari con la recessione nella prima potenza imperiale. Certamente, tra le due notizie (la fame mondiale e i guadagni capitalisti) non si dice ( come dettaglio) che una porzione significativa delle entrate bancarie del secondo trimestre provengono dalla speculazione finanziaria con il petrolio e le materie prime nei “mercati del futuro” il cui impatto fa salire il prezzo degli alimenti e dell’energia mondiale. In base al dossier ufficiale statunitense, le prospettive (della fame mondiale) sono peggiori se si applicano le predizioni del FMI che avverte che il numero di persone a rischio aumenterà niente meno che di un 12 % durante il 2009: 97 milioni di persone, essendo l’America Latina ed i Caraibi le regioni più colpite, 10 milioni dei suoi residenti passeranno a far parte del gruppo colpito dall' insicurezza alimentare. Certo che la “sicurezza alimentare” non ha nulla a che fare con il mercato dei commodity, dove, in base a stime fatte dal Senato Usa, a marzo del 2008 giornalmente si speculava con 680 milioni di dollari ed in un solo giorno si speculava tanto quanto in 20 giorni nel 2003. Solo a febbraio del 2008 si sono creati 160 fondi d’investimento a livello mondiale di commodity agrari, che hanno innalzato a livelli siderali la speculazione nei “mercati del futuro” e hanno fatto esplodere i prezzi degli alimenti basici per la sopravvivenza che già manca alla metà della popolazione umana del pianeta. D’accordo con i dossier del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, il caso dell’Africa sub-sahariana è particolarmente grave. Contiene il 25 % della popolazione totale dei 70 paesi studiati, ma più della metà del totale della popolazione è a rischio alimentare. Inoltre, la regione dipende sempre più dalle importazioni di cereali. A fine degli anni 80 chiedevano un 10 %, adesso sollecitano un 20 %. “Quindi, quando si innalzano i prezzi internazionali dei cereali, la possibilità di importare alimenti diminuisce, data la capacità finanziaria limitata della regione”, in base allo studio realizzato. Come è abitudine, la stessa stampa imperiale che diffonde il dossier sorvola sul dettaglio che il prezzo internazionale dei cereali è determinato dai megaconsorzi capitalisti che controllano la produzione, commercializzazione ed i mercati mondiali degli alimenti. Fuori dall’orbita del controllo statale dei governi, le risorse essenziali per la sopravvivenza rimangono sottoposte alla logica della redditività capitalista di un pugno di corporazioni transnazionali (con capacità informatica, finanziaria e tecnologica) che controllano a livello globale e con una protezione militare – nucleare degli USA e le superpotenze. In questo scenario, la produzione e la commercializzazione mondiale del petrolio e degli alimenti non è sottoposta alla logica del “ bene sociale” ma alla più cruda logica del guadagno capitalista. Per la FAO, dieci corporazioni transnazionali controllano attualmente l’ 80 % del commercio mondiale degli alimenti primari, ed un numero simile di super aziende controllano il mercato internazionale del petrolio, il cui impulso speculativo si nutre del processo dell’inflazione causa della fame che già si sta stendendo in tutto il pianeta. Tra le prime piovre transnazionali dell' alimentazione, si trovano l’azienda svizzera della Nestlè, quella francese Group Danone SA e la Monsanto Co. , che cappeggiano mondialmente la commercializzazione degli alimenti e che, oltre a controllare la commercializzazione e le fonti di produzione, possiedono tutti i diritti su scala mondiale sui semi e materie agricole. Queste transnazionali, che egemonizzano il loro campo a livello mondiale, sono le principali benefattrici dell’aumento dei prezzi e della richiesta globale del petrolio, alimenti e grano nel momento in cui sono scarsi e non soddisfano la richiesta mondiale. Dietro questo favoloso affare fatto con le risorse essenziali per la sopravvivenza umana, si trovano le principali banche e gruppi finanziari di Wall Street, che giocano un ruolo determinante nella speculazione dei mercati dell’ energia e di materie prime che guidano l'escalation dell’attuale aumento dei prezzi. In questo modo le piovre (forse squali rende di più l’idea) petrolifere e alimentari, fissano le regole del gioco e il funzionamento dei mercati dell’energia e del petrolio, che, insieme all’acqua (controllata anche dalle transnazionali) formano il gruppo delle risorse essenziali per la sopravvivenza della umanità. Conseguentemente, l’aumento dei prezzi è il prodotto del commercio capitalista monopolista e dell' azione speculativa nei principali commerci delle materie prime, tra i cui strumenti finanziari si trova il ICE ( Intercontinental Exchange) di Londra e la borsa mercantile di New York e Chicago. Secondo gli analisti specializzati di Wall Street, un 60 % del prezzo del petrolio greggio e delle materie prime alimentari hanno come causa la speculazione in futuro non regolata, con fondi precisamente auto denominati “speculativi”, banche e gruppi finanziari che usano le borse di futuri ICE di Londra e NYMEX di NY e il commercio internazionele delle banche. In questo terzo fronte dell’affare agro-energetico-finanziario (produttore diretto della fame e della inflazione mondiale) si trovano in prima linea la Goldman Sachs e la Morgan Stanley, super giganti della speculazione finanziaria nella parte alta della scala del capitalismo transnazionale sionista con sede in Wall Street. In questo scenario, i prezzi non vengono fissati solo per la domanda di consumo, ma principalmente, per i bisogni commerciali e la domanda speculativa nei mercati finanziari agro- energetici. In modo tale, che quando gli analisti danno solo ed esclusivamente la colpa dell’aumento dei prezzi alla riduzione della produzione e dell' offerta stanno nascondendo la speculazione finanziaria che è la principale causa dell’aumento dei prezzi degli alimenti e del petrolio. Conseguentemente , nessun dossier ufficiale “libero” sulla crescita della povertà e della fame mondiale, mette in evidenza che il processo che porta ad alzare i prezzi e la speculazione finanziaria con il petrolio e gli alimenti (causa dell’aumento dei prezzi degli stessi) causano una inflazione mondiale e una fame generalizzata nei paesi più poveri della terra, e sorpassano le capacità dei governi che lasciano il controllo delle proprie riserve essenziali nelle mani delle corporazioni multinazionali. Dentro il modello dell’economia generalizzata di enclave, le corporazioni petrolifere, alimentari e dell’acqua, controllano (attraverso la privatizzazione dell’attività economica) tutto il processo di estrazione, produzione e di commercializzazione locale ed internazionale. Riassumendo; controllate dalle corporazioni transnazionali e privati dalla loro condizione di “bene sociale”, il petrolio e gli alimenti, si convertono in merce capitalista con un valore fissato dalla speculazione del mercato, diventando la causa principale della fame e dei conflitti sociali che già adesso comincia a svilupparsi in tutto il pianeta. Quindi, la commercializzazione internazionale delle risorse basiche per la sopravvivenza non si realizza prestando attenzione ai bisogni delle comunità dalle quali si estrae, ma prestando attenzione alla logica del guadagno capitalista delle corporazioni che le controllano. I livelli di produzione non si realizzano nell’interesse dei bisogni umani della popolazione ma rispondendo ai bisogni del mercato e del guadagno capitalista. Spogliate dalla loro condizione di ”bene sociale” per la sopravvivenza , queste risorse si trasformano in merce capitalista con un valore fissato dalla speculazione del mercato ed i prezzi non vengono stabiliti solo dalla domanda di consumo di massa ma dalla domanda speculativa dei mercati finanziari e agro-energetici. Ed i governi, non avendo il potere di gerenza sulle sue risorse agro-energetiche diventano burattini delle corporazioni che li controllano e che si appropriano del guadagno prodotto dal lavoro sociale in quei paesi. Questo è lo scenario che non descrive la stampa internazionale e i loro analisti o le organizzazioni del sistema come l’ONU o la Banca Mondiale i cui dossier sulla povertà e la ricchezza camminano su vie parallele, senza che si retro-alimentino a livello di causa ed effetto. La piramide della ricchezza e della povertà
Mentre il processo dell’inflazione e della recessione scaturito dalle economie centrali (USA e Europa) già sta creando fame, povertà e svalutazione accentuata del potere d’acquisto della maggioranza su scala mondiale, un gruppo selettivo di super-aziende e multimilionarie moltiplicano su scala cosmica i propri attivi aziendali e fortune personali. Sono i settori complementari ( i generatori della fame e la povertà mondiale) che non appaiono mai nei dossier e analisi ufficiali che attribuiscono le cause della fame e dell' emarginazione sociale non allo sfruttamento capitalista ma alla “cattiva amministrazione” dei governi. I “ super ricchi”, manager e azionisti dei gruppi capitalisti che si dividono il mondo come se fosse una torta, quelli che appaiono abitualmente ritratti nelle classifiche del jet-set decadente, conformano il risultato finale di un processo di accumulo della ricchezza in poche mani il costo della crisi mondiale e del restringimento progressivo della partecipazione della maggiorana nel processo di divisione della produzione mondiale. Mentre l’economia mondiale è già entrata in un processo d’inflazione-recessione che ha il suo impatto nell’aumento dei prezzi e nel costo della vita di molti settori della società mondiale (soprattutto di quei settori più vulnerabili e non protetti) , le banche, le aziende transnazionali (principalmente le petrolifere) registrano bilanci di guadagni immensi superiori alle finanziarie e al PIL di decine di paesi della periferia del mondo messi insieme. Quando parlano della “crisi sociale” i giornalisti, intellettuali e analisti del sistema ne parlano in maniera astratta e generica, senza precisare l’impatto (discriminato per ogni settore) che hanno sulla piramide sociale del sistema capitalista mondiale. Così, ad esempio, la stampa internazionale che si è espressa negli ultimi giorni, con totale impunità (e senza una forte controinformazione) su come la crisi sta “colpendo ai più ricchi”, la cui piramide è capeggiata dai super milionari dei ranking del giornale Forbes. I media e gli analisti (che informano la società in modo massiccio) mantengono centrata la loro preoccupazione nelle perdite dei grandi consorzi aziendali transnazionali nella riduzione delle fortune dei super ricchi e nella svalutazione degli stipendi multimilionari dei manager delle metropoli degli Stati Uniti ed Europa). Quasi non c’è informazione (e quella che c’è è manipolata e ridotta) di come la crisi dei paesi centrali ha un grande impatto sull’economia e sulle società dei paesi sottosviluppati dell’Asia, Africa e America Latina, dov' è concentrata la maggior parte della fame e della povertà mondiale. I media internazionali sionisti, che nascondono sistematicamente la relazione simbiotica tra povertà e ricchezza (una è la conseguenza dell’altra) e commentavano con preoccupazione come la crisi ha ridotto gli stipendi del club dei super milionari nel ranking di Forbes che è sceso da 1.125 membri nel 2008 a 793 nel 2009. Nel 2007, 500 multimilionari sommavano una fortuna di quasi 3 mila miliardi di dollari, una cifra che equivale alla finanziaria annuale degli Stati Uniti, la più grande potenza imperialista del pianeta, e a decine di PIL annuali dei paesi dipendenti. Nonostante la crisi economica-finanziaria mondiale e la crisi sociale che genera, l’aumento dei prezzi degli alimenti e dell’energia, le ricchezze personali in tutto il mondo sono cresciute di un 5% a 109.5 mila miliardi, in base ai dati sullo studio della “ricchezza mondiale” pubblicato nel 2008 dal Boston Consulting Group (BCG). Ma, per dare un' ulteriore idea di quello che significa, in termini comparativi, questa cifra di 109.5 mila miliardi di dollari, bisogna puntualizzare che equivale a quasi due volte e mezzo il PIL annuale degli USA e dell’UE, le due potenze economiche centrali che concentrano più del 60% della produzione mondiale. Questo ammasso incredibile di denaro accumulato da una minoranza di “popolazione ricca” (retta al vertice della piramide dai super ricchi) è quello che manca a più di 1 miliardo di persone che “sopravvivono” con circa un dollaro al giorno, secondo i dati della Banca Mondiale e altre istituzioni del sistema, e a più di 3 miliardi di persone che non arrivano a coprire il parametro dei bisogni basici , misurato dalla casa, alimentazione e salute. La stampa internazionale (del sistema) , i suoi giornalisti e commentatori, diffondono quelle cifre, impressionanti e fantastiche, suscitando una mischia rara tra ammirazione ed invidia per non essere tra i membri di quel ranking, che vengono visti come persone toccati dalla “ bacchetta magica e il prestigio sociale”. In questo modo, i giornali, le radio e i canali televisivi mettono l’accento della “notizia” nel fatto che è diminuita la cifra della fortuna dei tre sionisti che sono a capo del ranking di Forbes : Bill Gates, Warren Buffett e Carlos Slim, i cui patrimoni insieme sommano quest’anno 112.000 milioni. Certamente la stampa del sistema non chiarisce che la finanziaria di 896 milioni che l’ONU e la BM destinano per “combattere la povertà nel mondo” equivale solo allo 0,8% dei 112.000 milioni (in mano di solo tre persone). Il Programma per fare fronte alla crisi mondiale degli alimenti, (GFRP, le sue sigle in inglese) sviluppato dalla Banca Mondiale non raggiungono neanche l’1% della somma accumulata dai tre capitalisti più ricchi, ma questo non è “notizia” per la stampa sionista imperiale. Mentre le potenze capitaliste centrali si concentrano per “combattere la povertà” con una finanziari dei 896 milioni di dollari, i primi 20 milionari di Forbes concentrano insieme una cifra di più di 400.000 milioni di dollari. Questa cifra ( in mano a 20 persone) equivale quasi al PIL completo del Sud Africa, l’economia centrale dell’Africa, la cui produzione totale è un quarto della produzione totale africana. Mentre 20 super milionari accumulano una fortuna equivalente ad un quarto della produzione totale africana, per la FAO, nell’Africa sub sahariana , una ogni tre persone (236 milioni nel 2007) soffre di denutrizione cronica. La maggior parte delle persone denutrite nel mondo (1 miliardo) vive nei paesi in via di sviluppo, per la FAO, e di esse, il 65 % si concentra in sette paesi : India, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan e Etiopia. Quasi due terzi (583 milioni nel 2007) dei famelici del mondo vivono in Asia. Come controparte (a dimostrazione di quello che produce il capitalismo) queste zone segnate da un' altissima e crescente concentrazione di fame e povertà, figurano nelle statistiche economiche mondiali come le più grandi generatrici di ricchezza e guadagno aziendale capitalista degli ultimi 10 anni. Sia il “miracolo asiatico” come il “miracolo latinoamericano” (della crescita economica senza divisione sociale) si sono costruiti con mano d’opera schiava e con stipendi in nero. Questo porta a far cadere il “modello” per effetto della crisi recessiva globale, la parte più importante della crisi sociale emerge con licenziamenti in massa che si realizzano in quelle zone. Ma di questa questione strategica, vitale per la comprensione della crisi globale e del suo impatto massivo nel pianeta, la stampa internazionale non se ne occupa. I media locali ed internazionali sono occupati nel delucidare la diminuzione delle fortune dei ricchi e la perdita dei guadagni aziendali. E si compie l’assioma di massima del sistema capitalista : Povertà e ricchezza, sono estremi che non si toccano. Se si toccassero, la maggioranza famelica comprenderebbe chi è il loro carnefice ed i ricchi perderebbero la loro impunità.
Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0048_pobreza_ganancias_paralelas_20jul09.html Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA Ai link sotto il seguito della conferenza di Noam Chomsky "Crisis and Hope Theirs and Ours" Parte 2°, Parte 3°, Parte 4°, Parte 5°, Parte 6°, Parte 7°, Parte 8°.

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