13 gennaio 2009

GAZA (2002): IL MASSACRO DI JENIN



Questo è un film fatto di grandi assenze: Bakri ha potuto infatti raggiungere Jenin solo a massacro avvenuto, il 26 aprile 2002, giorno in cui l'Esercito ha lasciato il campo. Ci è rimasto cinque giorni, ritornando solo un'altra volta per alcune rifiniture fotografiche. Ma è stato sufficiente: scheggia su scheggia si ricostruisce una storia, un'unità fatta di rovine. E di dolore. È questo che il suo autore vuole sviscerare in tutte le sue infinite variazioni. Ne risulta dunque un film sulla sofferenza umana: "su un'anima ferita, un cuore spezzato, un albero sradicato, una casa demolita, un fiore spezzato.".
È un dolore così forte, che non ha quasi bisogno di parole. Il primo, sorprendente testimone è un muto. Ma nessuno meglio di lui sarebbe capace di mimare efficacemente gli eventi, a cui ha assistito. I fatti sono talmente enormi che, appunto, non serve una dialettica particolare. Quindici secondi serratissimi racchiudono tutto: gli agguati, gli scontri, le barricare, le esecuzioni. Al primo piano, che puzza di morte e ha perso l'uso del linguaggio, si contrappone un secondo piano più vitale. La città continua a respirare: i vagiti, i canti, i rumori, le ombre raccontano di una comunità che è stata colpita al cuore, ma non è umanamente degradata. Ricomincia sempre da capo. E, soprattutto, non si arrende.
RESISTERE, NONOSTANTE TUTTO


Gentili lettori, questa è la prima parte di 6, del documentario sul massacro di Jenin del 2002 a Gaza. Invitiamo a vedere tutto il film.

«Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi come i nazisti»

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