10 gennaio 2010

ECONOMIA MONDIALE: VENTI CHE ANNUNCIANO TEMPESTE


di Yonie Moreno

In recenti dichiarazioni del Presidente della
Federal Reserve, Bernanke, ha sottolineato che l'economia americana è “di fronte a turbolenze formidabili”. Sembra che i 700.000 milioni di dollari in aiuti per evitare il collasso del sistema finanziario globale in seguito al fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008, che ha coperto il buco enorme lasciato dal crollo della bolla immobiliare, il più grande nella storia del capitalismo non sono stati sufficienti a scongiurare il pericolo della crisi. Al contrario, la crisi si è risolta temporaneamente, a costo di trasferire l’enorme debito non pagato del settore privato a quello pubblico. L’indebitamento pubblico è arrivato a livelli sconosciuti e rappresenta un problema per la borghesia in tutti i paesi del mondo.

Paul Kurgman, in un recente articolo intitolato “
La missione inconclusa di Bernanke” segnalava la necessità di continuare con l’aiuto statale. Questo dicembre, il pacchetto di 700.000 milioni di aiuti, tocca la sua fine. Si rinnoverà? La pressione dei repubblicani e buona parte del banco democratico, non è a favore. Krugman nel suo articolo argomentava che era ancora necessario un nuovo piano per stabilizzare il sistema bancario che è stato colpito. Era anche necessario per porre fine alla grave disoccupazione e la sofferenza di milioni di persone non riescono a trovare lavoro. Di fronte alla visione filantropica di Krugman sembra che una buona parte della borghesia si accostava all’idea di ritagliare l’enorme debito contratto dallo stato e che se non ridotto potrebbe portare al mancato pagamento a medio e lungo termine di obbligazioni e una ripresa dell'inflazione.

Cosa farà Obama? In un’intervista a Fox News, Obama ha indicato che “è importante riconoscere che, se continuiamo ad aggiungere debito pubblico, nel mezzo del recupero, la gente può perdere la fiducia nell’economia degli USA, che può portare ad una doppia recessione”.

Attualmente il paese ha un debito pubblico di 12,03 miliardi di dollari (8,8 miliardi di euro), secondo i dati ufficiali del Dipartimento del Tesoro. Questa cifra, la più alta del mondo, e rappresenta l'83% del PIL (dati del 2008). Expansion.18-11-00

Intrappolati in un mare di contraddizioni...e di debito


Così la borghesia della principale potenza imperialista è intrappolata tra l’iniettare più denaro per stimolare l’economia mantenendo debole la crescita economica e tagliare la disoccupazione o tagliare l’enorme debito che minaccia il futuro.


La stabilità economica dopo la recessione più importante dagli anni '30 è piena di incertezze.
Come segnalava l' Economist nel suo ultimo numero nell’articolo intitolato “La grande stabilizzazione”, “la cattiva notizia è che la stabilità di oggi, è preoccupatamente fragile, perché la domanda mondiale continua a dipendere dal sostegno del governo e dalla generosità pubblica che ha coperto vecchi problemi, mentre ha creato nuovi fonti di instabilità. I prezzi delle proprietà continuano a scendere più di quanto stiano crescendo, e come mostra la nazionalizzazione del gruppo Hypo dell’Austria questa settimana, l’instabilità bancaria ancora persiste. I segni apparenti del successo, come il ritorno del capitale pubblico prestato dalle megabanche nordamericane, rendono facile da dimenticare che il recupero ancora dipende dall’appoggio governativo. Allontanando gli effetti temporanei della ricapitalizzazione delle aziende, e che gran parte della ripresa della domanda globale è stata attraverso il denaro pubblico, conseguente all'aumento indotto gli investimenti da parte del governo cinese di aumentare la spesa negli Stati Uniti. Questo vuol dire riattivare il recupero nelle grandi economie emergenti, mentre si sta solo rinviando una ricaduta nella recessione nella maggior parte del mondo ricco”.

L’indebitamento,
il fattore chiave per la crescita degli ultimi 20 anni è diventato il cappio che rischia di strangolare l'economia capitalista. L’imperialismo nordamericano ha combattuto questo lasciando cadere il dollaro del 20% da dicembre 2008. Adesso la borghesia nordamericana cerca l’uscita dalla crisi nel mercato mondiale attraverso questo deprezzamento del dollaro che porta nel resto del mondo prodotti nordamericani a bassi prezzi. Questo nella pratica significa che la borghesia nordamericana esporta disoccupazione.

A tutto questo si aggiunge il fatto che i tassi d’interesse, sono a zero. Considerando l’inflazione,
i tassi di interesse reali sono negativi. Eppure le banche continuano a non prestare denaro. L’idea che regolando i tassi d’interesse si possa regolare l’economia capitalista si è mostrata come una cortina fumogena per gonfiare la bolla speculativa degli ultimi 20 anni sulla base di credito a basso costo. I tassi d’interesse sono bassi, la caduta del commercio mondiale del 2009 è di circa il 10%, la più grande dalla grande depressione, e le banche continuano a non prestare soldi. Dove investirà capitale la borghesia? Non nelle apparecchiature installate con sovraccapacità nel settore.

Dominio del capitale finanziario e anarchia


Come una piaga biblica
il capitale finanziario sta nuovamente gonfiando il prezzo delle materie prime e dell’oro. Questa è la spiegazione del perché il petrolio non è sceso nonostante la caduta del consumo mondiale, spiega anche come i paesi arretrati che dipendono dalle esportazioni di materie prime siano riusciti ad uscire dalla crisi. Così una nuova bolla, sulla base dei bassi tassi d’interesse, la saturazione dei mercati mondiali frutto della sovracapacità e la caduta del consumo delle masse, sta nascendo. Come i Borboni, la borghesia nella sua senilità, nè impara nè dimentica la recente crisi. Quella bolla cadrà spingendo di nuovo l’economia mondiale verso il basso.

Avrà nuovamente
classe media la capacità di tamponare il sanguinamento delle risorse dell’anarchia speculativa? Vedremo, il fatto è che la dimensione della perdita della nave dell'economia capitalista è molto grande. Sono state messe delle "tavole" perché non entri molta acqua, anche se ci sono meno travi in una barca traballante che rischia di crollare in qualsiasi momento. Anche così i capitani delle navi, che non sono nè Obama, nè Bernanke, nè i governi capitalisti, ma gli speculatori internazionali, accelerano l’andamento della nave e la portano verso un’altra tempesta spinti dalla ricerca di profitti.

Quell' equilibrio instabile con il quale si conduce la catena dell’economia mondiale si può rompere da qualsiasi parte come si è visto negli ultimi mesi, ci sono molti anelli deboli: la possibilità di fallimento di Dubai ha fatto traballare i mercati mondiali, il debito totale di Dubai si calcola in circa 80.000 milioni di dollari; Dubai World, il conglomerato controllato dal settore pubblico ha congelato i suoi impegni di pagamento, quasi 60.000 milioni sono impegnati con la banca europea. O il timore del fallimento in Grecia a causa dell’elevato debito pubblico.


Nell’epoca del declino capitalista, come segnalava Lenin, è schiacciante il dominio del capitale finanziario che segna il ritmo dell’economia capitalista, un ritmo anarchico che approfondisce invece di attenuare gli squilibri e lancia dalla finestra l’illusione fittizia della regolamentazione del mercato.
La concentrazione del capitale nelle mani di pochi, paradossalmente, approfondisce l'anarchia economica.

La rinascita della lotta di classe


I tremori nella struttura economica, se manifestano come forti scosse nella superstruttura della società capitalista. Le ripercussioni nella lotta di classe sono evidenti:
la politica di taglio del deficit si fa alle spalle della classe operaia in tutto il mondo. La Grecia è lo specchio in cui si possono guardare il resto dei paesi capitalisti avanzati. Si sta preparando uno sciopero generale contro le misure fiscali del governo di Papandreou che pretende di tagliare il deficit pubblico del 12,7% del PIL stimato per il 2009 a meno del 3% del PIL nel 2013, ad un ritmo annuale del -2% a partire dal 2011. Tra le misure per ottenere questa riduzione delle spese, Papandreou ha proposto di tagliare di un 10% le spese pubbliche, congelare gli stipendi superiori ai 2000 euro e frenare i contratti fino a tutto il 2010. Senza uscire dalla crisi, l’Europa ed il resto del mondo sono di fronte a una recrudescenza della lotta di classe e del movimento dello sciopero contro i piani della borghesia per far pagare la crisi ai lavoratori.
Sì, soffiano formidabili venti a sfavore, venti che sono il preludio della nuova tempesta che si avvicina.

Fonte:
http://www.aporrea.org/internacionales/a92769.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da
Vanesa

8 gennaio 2010

ESMA: IL PROCESSO EMBLEMATICO

22 anni fa festeggiarono la chiusura dei processi contro di loro senza neanche vedere un giudice. Adesso, una ventina di questi repressori della Scuola Meccanica dell’Armata (ESMA) affrontano per la prima volta un tribunale per delitti di lesa umanità perpetuati contro 85 vittime, la maggiore parte sparite.

Tra gli accusati si trova Alfredo Astiz, un simbolo del potere della dittatura tra il 1976 ed il 1983 e anche un caso emblematico di impunità. Nonostante i molteplici crimini che gli sono stati attrinuiti, la sanzione delle leggi “punto finale” e “obbedienza dovuta” nel 1987 gli ha permesso di essere libero da qualsiasi processo da quel momento, allo stesso modo di tanti altri repressori dichiarati.


Ma arrivano anche in manette al processo altri 15 ex marines e membri dell’esercito e della Polizia Federale, tutti accusati di sequestro, torture, assassinii e sparizioni forzate sotto il marchio dell’ESMA, l’istituzione che da formazione militare passò ad essere un centro di concentrazione clandestina a Buenos Aires per circa 2.000 prigionieri.


Nell’udienza di martedì (dic. 2009 NDT), l’ultima dell’anno, la procura considerò provata la partecipazione di Astiz nel sequestro e sparizione nel 1977 delle monache francesi Alice Domon e Leonie Duquet. Ha anche dettagliato che sotto i suoi ordini e di altri repressori hanno agito nell’ESMA gruppi che “hanno sequestrato, torturato e saccheggiato”.


L’avvocato querelante, Rodolfo Yanson,
che rappresenta l'superstiti, ha spiegato a IPS che “nel 1986 gli ex marines avevano cominciato ad essere processati in circa 200 casi con testimoni, meglio documentati, e con questo si era andati avanti con il processo, ma un anno dopo con le leggi di Punto Finale e Obbedienza Dovuta tutto quanto si era fermato.

Il Congresso ha abrogato nel 2003 quelle due norme con carattere di amnistia, che erano state approvate sotto pressione militare 15 anni prima, e le cause sono state riaperte. Ma l’impulso più grande è stata la dichiarazione di incostituzionalità di tali norme da parte della Corte Suprema di Giustizia nel 2005. Ci sono stati dei passi fatti in avanti in diverse cause e quest’anno è il turno dei repressori dell’ESMA.


Insieme ad Astiz sono adesso sotto processo altri marines riconosciuti come crudeli repressori, come Juan Carlos Rolon, Antonio Pernias, Jorge Acosta, Jorge Radice, Juan Antonio Azic, Ricardo Cavallo, Alberto Gonzalez, il vice Almirante Oscar Montes e l’ex tenente coronello Julio Cesar Montes, tra gli altri.


La procura ha determinato che Astiz e Acosta coordinavano le operazioni repressive nell’ESMA in modo che,
“mentre i detenuti venivano torturati, altri gruppi fossero pronti per sequestrare”.

I casi per i quali si giudicano gli imputati sono 85, ha spiegato Yanson.
"Questa è la prima tappa di un processo che durerà per circa otto mesi nel 2010, ma dopo ci sarà un secondo processo con un altro centinaio di casi e si rivedranno molti degli accusati”, ha annunciato.

In questo segmento si giudicano casi emblematici come il sequestro e la sparizione di Domon, Duquet e dei familiari degli scomparsi, tra di loro 3 fondatrici, in piena dittatura, delle Madres de Plaza de Mayo, che prendono il nome dalla loro marcia di ogni giovedì con un fazzoletto bianco sulle loro teste intorno alla zona da cui prendono il nome, situato di fronte alla sede del governo argentino.


Per quei crimini, Astiz, che allora era un giovane tenente della marina, si infiltrò nel gruppo di familiari e religiosi che si riunivano per discutere in che modo avrebbero reclamare i sequestrati. Diceva di essere fratello di un scomparso. Le madri e le suore lo protessero senza sapere che le avrebbe consegnate nel 1977 ai suoi colleghi repressori che le hanno sequestrate, torturate e fatte sparire.


Per la sparizione delle due suore fu condannato
in contumacia in Francia nel 1990. L’ex marine, ha beneficiato della legge di obbedienza dovuta, era libero in Argentina, ma è rimasto ironicamente prigioniero tra le frontiere del suo paese perché sarebbe stato arrestato dalla polizia internazionale (Interpol), appena avrebbe messo piede in giurisdizione straniera.

Nonostante questa situazione, si vantava della sua impunità. Nel 1989 in un’intervista giornalistica disse che era “
nel paese, l’uomo meglio preparato tecnicamente per uccidere un politico o giornalista. A me, l’Armata ha insegnato a distruggere. Non mi ha insegnato a costruire. So mettere mine e bombe, so infiltrarmi, so disarmare un’organizzazione, so uccidere. Tutto questo lo so fare bene”.

In base a queste dichiarazioni, Astiz finalmente fu cacciato dalla Marina. Ma ancora era protetto dalla legge e non poteva essere processato. Soltanto dopo il 2003, quando tornarono i processi, fu determinata la sua detenzione e venne processato.


Questo primo processo iniziò l’11 settembre, ed ha avuto la sua ultima udienza di quest’anno martedì e seguirà in altre due sessioni da realizzarsi a gennaio. La fine del processo è previsto per la seconda metà del 2010.


I querelanti sono familiari di persone sparite, come Marcelo Brodsky, superstiti come Victor Basterra e Graciela Daleo, e organizzazioni sui diritti umani. “Lavoriamo affinchè gli imputati conoscano una sentenza, che speriamo li condanni”, ha detto Yanson.


Si condannerà in questo processo anche il crimine al famoso giornalista e scrittore
Rodolfo Walsh nel 1977 e si cercherà di chiarire il sito dove giacciono i suoi resti, e parte della sua opera inedita. L’autore di “Operazione Massacro”, uno dei primi romanzi di" non-fiction " scritti in castigliano, è stato ucciso per la strada ed il suo corpo fu portato all’ESMA, secondo i testimoni.

Da quando si sono dichiarate incostituzionali le leggi di amnistia, ogni anno si realizzano processi. Nel 2009 ci sono state un 70% in più di condanne rispetto al 2008 e si spera che nel 2010 ci sia un aumento rispetto al 2009. Ma questa è la prima volta che si procede contro i repressori dell’ESMA.


L’unico condannato per questi casi era stato a metà degli anni 80 l’ex comandante dell’Armata Emilio Massera,
il primo membro della giunta dittatoriale, che insieme agli altri capi di stesso rango sono stati condannati all'ergastolo ed altri a vari anni di carcere, ma nel 1989 sono stati graziati dal presidente Carlos Menem.

Quando quel perdono fu annullato, l’ex marine fu dichiarato insano di mente e rimase agli arresti domiciliari ma senza condanna.


Nel 2007 si era cercato di procedere nella condanna al prefetto Hector Febres, un altro repressore della ESMA, ma dopo essere stato detenutoè stato trovato morto per avvelenamento in una cella della Prefettura Navale dove aspettava la parte finale del suo processo per i crimini commessi in questo centro clandestino di detenzione.

L’assassinio di Febres, e la precedente sparizione di un testimone e sopravvissuto della repressione, Jorge Julio Lopez nel 2006, hanno portato i querelanti ad esigere maggiori garanzie durante questo nuovo processo. “
Non posso dire che abbiamo delle garanzie totali ma qualcosa c’è. Il Ministero di Giustizia sta lavorando abbastanza su questo”. Ha ammesso Yanson.

“Questo non significa che
gli imputati possano essere intimiditi”, ha chiarito. Nella prima udienza del processo, Astiz ha portato il libro “Tornare ad uccidere”, dell’ex funzionario argentino Juan Bautista Yofre, e lo mostrava sorridente di fronte al pubblico prima di lasciare la sala. Nella seconda udienza ha portato “Il Processo” di Franz Kafka, in allusione alla forma nella quale si identifica il regime.

E ci sono state minacce. Una è stata ricevuta telefonicamente a casa dalla madre del procuratore Eduardo Taiano,
pubblico ministero al processo. Un’altra è stata un’interferenza nell’elicottero presidenziale l’11 dicembre nella quale la voce diceva “uccidete la stronza” nel momento in cui è stata trasferita la presidente Cristina Fernandez.

Il governo lo ha
associato con l’inizio del processo ai repressori dell’ESMA, chiuso per il ritorno della democrazia e trasformato dal 2004 su ordine dell'allora presidente Néstor Kirchner nell’Archivio Nazionale della Memoria e spazio di promozione e di difesa dei diritti umani.

Fonte:
http://www.ipslatam.net/nota.asp?idnews=94346

Tradotto e segnalato per Voci Dalla Strada da
VANESA

7 gennaio 2010

USA E CINA: UNO PERDE, L'ALTRO VINCE

di James Petras

Introduzione

Il capitalismo asiatico, in particolar modo quello della Cina e della Corea del Sud, è in competizione con gli USA per il potere mondiale. Il potere asiatico globale è spinto da una crescita economica dinamica, mentre gli USA applicano la strategia della costruzione dell’impero attraverso mezzi militari.


Lettura di un numero del
Financial Times
Anche una lettura superficiale di un solo numero del Financial Times- del 28 dicembre 2009- illustra le divergenze strategiche della costruzione dell’impero. Nella pagina uno, l’articolo principale sugli USA, parla circa i conflitti militari in espansione e la loro “guerra contro il terrore” sotto il titolo “
Obama chiede una revisione della lista delle organizzazioni terroriste”. In contrasto, ci sono due articoli, nella stessa pagina, uno sulla Cina, che informano dell’inaugurazione, in questo paese, del treno più veloce del mondo e della sua decisione di mantenere la propria moneta vincolata al dollaro come un meccanismo per promuovere il suo dinamico settore di esportazioni. Mentre Obama si focalizza nella creazione di un quarto fronte di battaglia (Yemen) nella “guerra contro il terrore” (dopo l’Iraq, Afghanistan e Pakistan), il Financial Times nella stessa pagina informa che un consorzio della Corea del Sud ha vinto un appalto di 20.400 milioni di dollari per lo sviluppo di centrali nucleari per uso civile negli Emirati Arabi Uniti, superando i concorrenti di Stati Uniti ed Europa.

Nella pagina due del FT c’è un articolo più lungo sulla nuova rete ferroviaria cinese, che mette in risalto la sua superiorità sul servizio ferroviario degli USA. L’ultramoderno treno ad alta velocità cinese trasporta i passeggeri tra due delle città più importanti, a 1.100 km di distanza, in meno di 3 ore, mentre il treno “Express” della compagnia Amtrack, degli USA, “impiega tre ore e mezzo per coprire 300 km tra Boston e New York”. Mentre il sistema ferroviario degli USA si deteriora per la mancanza di investimenti e di manutenzione, la Cina ha speso 17.000 milioni di dollari nella costruzione della sua linea ferroviaria ad alta velocità.
La Cina pianifica la costruzione di 18.000 km di nuovi binari del suo ultramoderno sistema per il 2012, mentre gli USA spenderanno una somma equivalente per finanziare la loro offensiva militare in Afghanistan e Pakistan, così come per aprire un nuovo fronte bellico nello Yemen.

La Cina costruisce un sistema di trasporto che unisce i produttori ed i mercati lavorativi delle provincie dell’interno con i centri di fabbricazione e porti costieri, mentre nella pagina 4 del FT si descrive come gli USA
ancora si aggrappano alla loro politica di affrontare la “minaccia islamica” in una “guerra senza fine contro il terrore”. L’occupazione e le guerre contro i paesi musulmani hanno sviato centinaia di migliaia di milioni di dollari di fondi pubblici verso una politica militarista senza alcun beneficio per il paese, mentre la Cina modernizza la sua economia civile. Mentre la Casa Bianca ed il Congresso sovvenzionano e soddisfano lo Stato militarista- coloniale d’Israele, con la sua insignificante base di risorse e mercato, allontanandosi da 1.500 milioni di musulmani (FT, pag 7), il prodotto interno lordo (PIL) della Cina si è moltiplicato per dieci negli ultimi 26 anni (FT,pag 9). Mentre gli USA hanno dato più di 1.400 milioni di dollari a Wall Street e ai militari, aumentando il deficit fiscale e di conto corrente, duplicando la disoccupazione e perpetuando la recessione (FT, pag 12), il governo cinese lancia un nuovo pacchetto di stimolo diretto ai settori interni del manifatturiero e la costruzione che ha prodotto una crescita dell’ 8% del PIL, una riduzione importante della disoccupazione e il “rilancio delle economie vincolate” in Asia, America Latina e Africa (TF, pag 12).

Mentre gli USA spendono male il loro tempo, risorse e personale nell’organizzazione delle “elezioni” per i loro corrotti stati satelliti dell’Afghanistan e Iraq, e partecipavano alle inutili mediazioni tra il loro intransigente socio israeliano e il loro impotente cliente palestinese, il governo della Corea del Sud ha sostenuto un consorzio guidato dalla Korea Eletric Power Corporation
nel suo tentativo riuscito di 20.400 milioni di euro per l'installazione di centrali nucleari, aprendo così la strada a svariati altri contratti multimilionari nella regione (FT, pag13).

Mentre gli USA spendevano più di 60.000 milioni di dollari per il controllo interno e la moltiplicazione in numero e in misura dei suoi organismi interni di sicurezza in cerca di potenziali terroristi, la Cina investiva più di 25.000 milioni di dollari consolidando i suoi scambi energetici con la Russia (FT, pag13).


Quello che ci raccontano gli articoli e le notizie di una sola edizione, in un solo giorno, del FT, riflette una realtà più profonda che illustra
la grande divisione del mondo di oggi. I paesi dell’Asia, con in testa la Cina, stanno raggiungendo lo status delle potenze mondiali, a base di grandi investimenti nazionali ed esteri nell’industria manifatturiera, il trasporto, la tecnologia, l' estrazione e lavorazione dei minerali. Al contrario, gli USA sono una potenza mondiale in declino, con un peggioramento della società risultato della sua costruzione dell’Impero con mezzi militari e della sua economia finanziaria speculativa:

1-
Washington cerca clienti militari di minor importanza in Asia, mentre la Cina allarga i suoi accordi commerciali e di investimenti con importanti soci economici: la Russia, Giappone, Corea del Sud e altri.

2-
Washington drena la sua economia nazionale per finanziare le guerre all’estero. La Cina estrae minerali e risorse energetiche per fomentare il suo mercato interno del lavoro nell' industria.

3-
Gli USA investono in tecnologia militare per lottare contro insorgenti locali che si scontrano agli Stati satelliti degli USA, la Cina investe in tecnologia civile per creare esportazioni competitive.

4-
La Cina comincia a ristrutturare la sua economia per sviluppare l’interno del paese, e assegna spese sociali maggiori per correggere i grandi squilibri e disuguaglianze, mentre gli USA riscattano e rinforzano il settore finanziario parassita, che ha saccheggiato l’industria (riducendo i suoi attivi attraverso fusioni e acquisizioni), e specula su obiettivi finanziari senza impatto sul lavoro, produttività o la competitività.

5-
Gli USA moltiplicano le guerre e l'accumulo di truppe in Medio Oriente, Asia Meridionale, Corno d’Africa e Caraibi; la Cina offre investimenti e prestiti di 25.000 milioni di dollari per la costruzione di infrastrutture, l’estrazione di minerali, la produzione di energia e la costruzione di costruzione di impianti di assemblaggio in Africa.

6-
La Cina firma accordi commerciali di migliaia di milioni di dollari con l’Iran, Venezuela, Brasile, Argentina, Cile, Perù e Bolivia, assicurando l’accesso all’energia strategica e alle risorse minerarie e agricole; Washington da 6.000 milioni di dollari di aiuti militari alla Colombia, ottiene dal presidente Uribe la cessione di sette basi militari (per minacciare il Venezuela), appoggia un colpo militare nel piccolo Honduras, e denuncia il Brasile e la Bolivia per diversificare le loro relazioni economiche con l'Iran.

7-
La Cina aumenta le relazioni economiche con le economie dinamiche dell’America Latina che rappresentano più di un 80% della popolazione del continente; gli USA si associano con lo stato fallito del Messico, che ha il peggior ruolo economico dell’emisfero e nel quale potenti cartelli della droga controllano ampie regioni e sono penetrati profondamente nell’apparato statale.

Conclusione


La Cina non è un paese capitalista d’eccezione
. Sotto il capitalismo cinese, si produce lo sfruttamento del lavoro, le disuguaglianze di ricchezza e di accesso ai servizi abbondano, i piccoli agricoltori si vedono sfollati per i progetti di mega dighe, e le aziende cinesi estraggono minerali e altre risorse naturali nel Terzo Mondo senza troppe esitazioni. Ma, la Cina ha creato decine di milioni di posti di lavoro nell’industria ed ha ridotto la povertà molto più velocemente e per molte più persone nel lasso di tempo più breve della storia. Le sue banche finanziano soprattutto la produzione. La Cina non bombarda, non invade nè saccheggia altri paesi. Al contrario, il capitalismo degli Stati Uniti è una mostruosa macchina militare globale che drena l'economia nazionale e riduce il tenore di vita del paese per finanziare le sue guerre infinite all'estero. Il capitale finanziario, commerciale, immobiliare mina il settore manifatturiero, beneficiano della speculazione e di importazioni a basso costo.

La Cina investe in paesi ricchi di petrolio; gli Usa li attaccano.
La Cina vende vassoi e ciotole per matrimoni afghani, gli USA bombardano le celebrazioni con i loro droni. La Cina investe in industrie estrattive, ma, a differenza dei coloni europei costruisce ferrovie, porti, aeroporti e fornisce crediti a prezzi accessibili. La Cina non finanzia né arma guerre etniche, nè organizza “rivoluzioni di colori” come la CIA statunitense. La Cina autofinanzia la propria crescita, il suo commercio ed il suo sistema di trasporto; mentre, gli USA stanno sprofondando sotto un debito di parecchi miliardi di dollari per finanziare le guerre senza fine, per salvare le loro banche di Wall Street e puntellare non altri-settori produttivi, mentre molti milioni di persone restano disoccupati.

La Cina crescerà ed eserciterà potere attraverso i mercati, gli USA entreranno in guerre senza fine nella loro
cammino verso il fallimento e il decadimento interno. La crescita diversificata della Cina è legata a partner economici dinamici; il militarismo degli USA è vincolato a narco-stati, regimi diretti da signori della guerra, supervisori delle repubbliche delle banane, e all’ultimo e peggiore regime razzista e coloniale dichiarato: Israele.

La Cina attrae i consumatori del mondo; le guerre globali degli USA producono terroristi all’interno del paese e all’estero.


La Cina potrebbe trovarsi di fronte ad una crisi e anche ribellioni dei lavoratori,
ma ha le risorse finanziarie per risolverli. Gli USA sono in crisi e possono dover affrontare una ribellione interna, ma hanno esaurito il loro credito e le loro fabbriche sono all’estero, mentre le loro basi ed installazioni militari rappresentano passivi, non attivi. Ci sono meno fabbriche negli USA disposte a riassumere i loro lavoratori disperati: uno sconvolgimento sociale potrebbe rivelarsi ai lavoratori statunitensi occupando gli scheletri vuoti delle loro vecchie fabbriche.

Per diventare uno Stato “normale” dobbiamo cominciare dall’inizio:
chiudere tutte le banche d’investimento e le basi militari all’estero, e ritornare in America. Dobbiamo cominciare la lunga marcia verso la ricostruzione di un’industria al servizio delle nostre necessità nazionali, a vivere dentro il nostro proprio ambiente naturale e ad abbandonare la costruzione dell’impero a favore della costruzione di una repubblica socialista democratica.

Quando prendiamo il
Financial Times, o qualsiasi altro giornale, e leggere della nostra propria linea ad alta velocità che trasporti passeggeri statunitensi da New York a Boston in meno di un’ora? Quando saranno le nostre proprie fabbriche a fornire i negozi di ferramenta? Quando costruiremo generatori di energia eolica, solare e oceanica? Quando abbandoneremo le nostre basi militari per permettere che i signori della guerra, i trafficanti di droghe e i terroristi si trovino di fronte alla giustizia della loro stessa gente?

Arriveremo a leggere tutto questo sul Financial Times?


In Cina, tutto è iniziato con una rivoluzione...


Lo scrittore statunitense James Petras è professore di Sociologia nella Binghamaton University, State University di New York.


Fonte:
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=98167

Tradotto per Voci Dalla Strada da
VANESA

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6 gennaio 2010

2010: DI MALE IN PEGGIO...

http://iarnoticias.com/images/varios_07/5_calentamiento_global_2.jpg
di Guillermo Almeyra

Entriamo in un anno che, per i lavoratori e i settori popolari di tutto il mondo, porterà ancora più difficoltà, penurie e disgrazie.
I guadagni delle banche e le borse non vogliono dire che la crisi è finita, ma che il loro salvataggio sulle spalle dei contribuenti, ha mantenuto la bolla finanziaria, facendo si che gli investimenti in questo settore speculativo sia più attraente dell' investimento nella produzione di beni industriali. Le politiche di rianimazione industriale che la prima potenza mondiale applica- gli USA- aggravano la stessa crisi. In effetti, mantenere e aumentare la produzione sovvenzionata di automobili equivale ad un maggiore sperpero di materie prime, con un aumento della produzione di gas ad effetto serra che aumenterà il riscaldamento globale. E sia la produzione di energia nucleare come quella di biocarburanti eserciteranno una pressione molto più grande sulle risorse idriche, sempre più scarse e minacciate dalla privatizzazione e a questo si dovranno aggiungere i costi della distruzione dei suoli, in competizione con l’alimentazione o la contaminazione da rifiuti radioattivi.

Interi paesi africani si priveranno della loro terra- come fa l’Etiopia- per darla alla Cina, Corea del Sud, India che semineranno in esse gli alimenti di cui hanno bisogno,
ovviamente a costo della fame dei paesi ospitanti. L’impossibilità di arrivare ad un accordo a Copenaghen sul problema climatico perchè ogni potenza difende ai “suoi” capitalisti a spese del futuro umano (inclusa la Cina) avrà anche enormi conseguenze a causa dell’innalzamento dei mari, minaccerà tutte le zone e città costiere (sia dei paesi meno industrializzati come delle metropoli), la desertificazione di intere regioni e la crescente carenza di acqua è unita in altre zone a grandi inondazioni e aumenteranno l’intensità ed il numero dei sempre più distruttivi uragani tropicali.

Dall’altra parte,
continuerà la debolezza del dollaro ma tutti quelli che annunciano la fine del biglietto verde e la sua sostituzione per un altro equivalente, così come quelli che credono in un crollo del sistema capitalista, sono pessimi analisti e non tengono conto nè dei fatti nè della storia. La Cina, in effetti, sta cercando disperatamente un accordo a lungo termine con gli Stati Uniti, la cui economia è sostenuta con l'acquisto di buoni e i suoi investimenti e da cui dipende il mercato delle esportazioni. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno un potere militare che supera di di gran lunga quello degli altri concorrenti (Cina, Russia,India, Giappone, UE e Brasile) messi insieme e, anche se dalla Seconda Guerra Mondiale ha perso (o “pareggiato”) tutte le guerre (Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan) continua a subordinare alla sua politica bellica gli europei, come dimostra la trasformazione della Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), nata per affrontare l’Unione Sovietica, in un apparato militare che agisce in Medio e Estremo Oriente in funzione della geopolitica di Washington.

L’egemonia statunitense è in crisi ma non è in discussione e la Cina, che ha bisogno di crescere economicamente al meno di un 8% annuo per mantenere i suoi posti di lavoro, sente già gli effetti della crisi negli USA e in Europa ( i suoi mercati di export), ai quali è strettamente legata e
comincia ad avere gravi problemi sociali, in modo che non può nè vuole aspirare ad essere il nuovo Egemone. In quanto al BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) non bisogna vedere le etichette “made in Cina” o “feito em Brasil” ma chi produce ed esporta. Robert Reich, ex ministro del Lavoro di Bill Clinton, ha scritto al riguardo ne "Il lavoro delle nazioni" che “il cittadino statunitense che, ad esempio, compra una macchina della General Motors entra senza saperlo in una transazione internazionale. Dei 10.000 dollari pagati alla GM, circa 3000 vanno alla Corea del Sud per il montaggio, 1750 al Giappone per i componenti avanzati, motori, albero di trasmissione, elettronica; 750 alla Germania per la progettazione stilistica; 400 a Taiwan e Singapore per i piccoli componenti; 250 al Regno Uniti per servizi pubblicitari e marketing e 50 all’Irlanda e alle Barbados per l’elaborazione dei dati”. Non esportano, in effetti, “i paesi” ma le grandi transnazionali che in esse sfruttano la mano d’opera in modo che non è possibile ignorare nè la lotta di classe tra gli sfruttati, oppressi e sfruttatori capitalisti, nè la lotta delle transnazionali con i governi e il capitale nazionale.

Questo è il grande problema:
il capitalismo non crollerà se nessuno lo seppellisce e se le sue vittime non sono capaci di usare la crisi per unirsi in un ordine chiuso, per affrontarlo su scala regionale, continentale, internazionale, per rompere con la politica criminale di continuare a produrre lo stesso per i consumi inutili a scapito di tutto e tutti, e se è possibile, in cambio, imporre direttamente, in autonomia, una produzione alternativa e un consumo socialmente responsabile. Più disoccupazione- per il capitalismo- significa più offerta di mano d’opera a basso costo, meno sindacati, più disunione dei lavoratori. Cioè, poter alzare il tasso di guadagno per uscire da questa crisi, fino alla prossima. Per questo non basta preservare le attuali fonti di lavoro: se vogliamo uscire dal disastro, inoltre, bisogna ri-orientare la produzione ed il consumo e lottare per costruire un altro sistema sociale.

Fonte:
http://www.jornada.unam.mx/2010/01/03/index.php?section=opinion&article=012a2pol

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di
VANESA

5 gennaio 2010

OBAMA DICHIARA GUERRA AL PAKISTAN


Il presidente Obama, con il generale USA McChrystal


di Webster G. Tarpley

Così come ha spiegato nel suo discorso a West Point, il presidente Obama è disposto ad usare il conflitto bellico in Afghanistan come scusa per lanciare una nuova offensiva contro il Pakistan. Da quando ha preso il potere ha aumentato significativamente il numero e l’intensità degli attacchi aerei contro il nord del Pakistan mentre riceve pressioni perché li estenda al Beluchistan. Per Webster G. Tarpley, l’obiettivo immediato della strategia del Grande Gioco, diretto da Obama nella regione, è smembrare sia l’Afghanistan quanto il Pakistan attraverso il fomento di rivolte secessioniste tra i gruppi etnici su entrambi i lati del confine.

Il discorso di Obama il 1 dicembre in (l’accademia militare di) West Point, rivela niente meno che l' offensiva brutale contro l’Afghanistan non è altro che un modo per fomentare e portare la guerra degli USA nel vicino Pakistan [1].

4 gennaio 2010

IL VENEZUELA CONFINA CON LA NATO

L’Olanda concede l’uso di Aruba al Pentagono

di Tito Pulsinelli

Le frontiere nordiche del Venezuela sono quelle marittime dei Caraibi, che lo mettono in contatto con la NATO: Portorico appartiene agli Stati Uniti, e Aruba e Curazao stanno sotto la bandiera del Regno d’Olanda.

La Martinica e Guadalupe è “territorio d’oltremare” della Francia che Sarkozy ha ricondotto nell’alleanza militare atlantista (De Gaulle si sarà rivoltato parecchio nella sua tomba). Con Monserrat il contatto è con la Gran Bretagna. Aruba e Curazao stanno a un tiro di sputo dalle coste venezuelane e dai ricchi giacimenti del lago di Maracaibo.

Durante il fallito vertice di Copenhagen, Chàvez ha per la prima volta chiamato l’attenzione internazionale a posare il suo sguardo sul possedimento coloniale olandese di Aruba. L’isola non è più un esotico paradiso turistico ma anche il centro di una intenso sviluppo di infrastrutture militari aeroportuali degli Stati Uniti.

Le sue quiete acque spumose sono solcate da barche a vela e fuoribordo, però cominciano ad essere affiancati da corvette, guardacoste e navi militari della resuscitata IV Flotta degli Stati Uniti. Alcuni settori della popolazione dell’isola denunciano anche il transito di unità navali a propulsione nucleare.

Il concerto mediatico “occidentale” si affrettò ad usare le consuete tinte monocramatiche per far risaltare l’ennesima “stravaganza” del presidente del Venezuela. Sarà, però le autorità di Aruba si affrettarono a dire che la questione era stata chiarita e risolta. Caracas, però, ribadisce la sua denuncia, e sottolinea la aumentata frequenza del traffico militare nordamericano e la specificità delle tecnologie militari in arrivo –o transito- nell’isola. E’ bene ricordare che il Venezuela possiede un satellite, quindi il monitaraggio ha una certa attendibilità.

Le autorità olandesi stanno assecondando generosamente lo sforzo militare di Washington per ri-posizionarsi nel continente americano (FOLs). Sette basi concesse dalla Colombia, un numero imprecisato ceduto dal Panama del neoliberista Martinelli, completano l’operazione di avvicinamento operativo agli idrocarburi e l’accerchiamento del Venezuela.

Dagli Stati Uniti rispondono con sdegnati dinieghi, e rilanciano “pettegolezzi” volti ad alimentare il canovaccio-fantasy di imprecisate complicità venezuelane nel narcotraffico. Lascia increduli che la alleanza militare tra il primo produttore mondiale di cocaina ed il primo mercato di consumo sia tanto avara di risultati positivi, da dover sempre addossare la responsabilità ai….paesi confinanti (sic) o che hanno la disgrazia di trovarsi nelle rotte tra Colombia e Stati Uniti.

E’ un fatto, però, che il viceconsole degli USA James E. Hogan, il 24 settembre scorso, uscì dalla sua casa di Curazao e non vi fece più ritorno. Si elaborarono molte ipotesi e moventi che non hanno retto alla prova del tempo. Tra queste, spiccavano le denunce sul narcotraffico che investe Curazao con fuoribordo provenienenti –of corse- dalle vicine coste venezuelane.

Non è casuale, però, che poi viene a galla che il viceconsole era in realtà un quadro della DEA (Drug Enforcement Administration), già attivo in Africa come “addetto commerciale”. Perchè –e da chi- è stato ucciso?

Un altro omicidio eccellente è quello eseguito in Honduras contro il massimo responsabile della repressione del narcotraffico –generale Julián Arístides González- che viene assassinato in pieno regime post-golpe, alla vigilia dell’elezione presidenziale-farsa. Era stato incaricato dal deposto presidente Zelaya.

Cè del marcio nei lidi caraibici olandesi ed il tentativo di alzare un polverone per sviare l’attenzione dal connubio DEA-Pentagono, droga e basi militari, è reiterativo e scontato. Molti ricordano una operazione di smantellamento di un cartel di narcos a Curazao avvenuta nello scorso aprile. Si trattava di una base operativa per le rotte marine verso l’Olanda, Belgio e Danimarca.

Furono arrestate una quindicina di persone: diversi colombiani, surinamesi, gente di Aruba e Curazao, alcuni venezuelani. La DEA parlava solo di questi ultimi e chiamava in causa Cuba e il Venezuela come responsabili. Vennero arrestati anche 4 cittadini libanesi e la DEA ripiegò a sfruttare propagandisticamente questi ultimi. Chiamò in causa Hezbollah, sulla base di un’equazione meccanica che trasforma in guerriglieri sciiti qualsiasi cittadino del Libano, anche se cristiano-maronita.

Durante sei anni la DEA non riuscì a dimostrare nessun nesso -neppure indiretto- tra il governo di Caracas e le narcomafie colombiane, ma da quando venne espulsa dal Venezuela non desiste dal montare raffazzonate provocazioni, come quella malriuscita di Curazao. La chiamata di correo in narcotraffico è un teorema difficile da dimostrare, finora la ciambella rimane senza buco.

In America latina stanno avvenendo molte morti sospette tra i dirigenti della lotta al narcotraffico, soprattutto in Messico, dove la situazione è diventata esplosiva e Washington punta a marchiarlo come "Stato delinquente". Dappertutto si riscontra un intreccio perverso dove converge l’economia criminale delle narcomafie con l’operato della DEA. Unite, agiscono come testa d’ariete che sconquassa tessuto sociale ed istituzionalità nazionali, e legittima differenti livelli di intervenzionismo esterno.

Con la finalità di restaurare un egemonismo continentale in affanno, sulla base di metodi illegali, colpi di stato camuffati a posteriori con simulacri di elezioni, eliminazioni fisiche selettive, guerra civile strisciante. Le intenzioni degli Stati Uniti verso l’America indolatina permangono invariate: non sono affatto buone, come prima e più di prima (di Obama). La DEA sembra sempre più un comparto complementare, subordinato o interno al Pentagono.

Fonte: http://selvasorg.blogspot.com/

1 gennaio 2010

IL RUOLO DEL PENTAGONO NELLA CATASTROFE GLOBALE

Valutando la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Copenaghen - con più di 15.000 partecipanti da 192 paesi, e più di 100 capi di Stato, così come 100.000 manifestanti per strada- è importante chiedersi: come è possibile che l' inquinante peggiore del biossido di carbonio e altre emissioni tossiche nel pianeta non sia oggetto di nessuna discussione, proposte o restrizioni, durante la conferenza?

In ogni caso, il Pentagono è il più grande utilizzatore istituzionale di prodotti petroliferi e energetici. E, nonostante questo,
il Pentagono è esente da ogni accordo climatico internazionale.

Le guerre del Pentagono in Iraq ed in Afghanistan; le sue operazioni segrete nel Pakistan; il suo equipaggiamento in oltre 1.000 basi statunitensi in tutto il mondo; le sue 6.000 installazioni negli USA; tutte le operazioni della NATO; le sue portaerei; aerei jet; sperimentazione; formazione e vendita di armi, non saranno prese in considerazione per quanto riguarda i limiti dei gas ad effetto serra degli USA o inclusi in alcun conteggio.


Il 17 febbraio, l’Energy Bulletin aveva dettagliato il consumo di petrolio del Pentagono solo per aerei, barche, veicoli terresti e installazioni
che lo hanno reso il consumatore singolo di petrolio più grande del mondo. Fino ad allora, l’Armata degli USA aveva 295 navi da combattimento e ausiliarie e circa 4000 velivoli operativi. L’esercito degli USA aveva 28.000 veicoli blindati, 140.000 High-Mobility Multipurpose, più di 4.000 elicotteri da combattimento, varie centinaia di aerei di ala fissa ed una flotta di 187.493 veicoli. Fatta eccezione per 80 sottomarini e portaerei nucleari, che propagano inquinamento nucleare, tutti gli altri veicoli sono a petrolio.

Secondo il CIA World Factbook del 2006, solo 35 paesi (su 210 al mondo) consumano più petrolio, al giorno, del Pentagono.


Le forze armate degli USA usano ufficialmente 320.000 barili di petrolio al giorno.
Tuttavia, questo totale non comprende il combustibile utilizzato dalle imprese appaltatrici o il combustibile consumato nelle strutture in affitto e privatizzate. Nè include l’enorme quantità di energia e di risorse utilizzate per produrre e mantenere il suo equipaggiamento di morte o le bombe, granate o missili che utilizza.

Steve Kretzmann, direttore dell’Oil Change International, informa che : “La guerra in Iraq ha prodotto almeno 141 tonnellate di biossido di carbonio (MMTCO2e) da marzo del 2003 a dicembre 2007….
La guerra emette più del 60% di tutti i paesi. ...Queste informazioni non sono facilmente disponibili….perché le emissioni di militari all'estero sono esenti da obblighi di comunicazione nazionale, per la legge degli USA e della Convenzione quadro dell’ONU sui Cambiamenti Climatici (www.naomiklein.org, 10 dicembre). La maggior parte degli scienziati danno la colpa alle emissioni di biossido di carbonio per i gas ad effetto serra e al cambiamento climatico.

Bryan Farrell nel suo nuovo libro “The Green Zone: The Environmental Costs of Militarism”, dice che
“il più grande attacco contro l’ ambiente, contro tutti noi nel globo, viene da un’agenzia…le Forze Armate degli USA”.

Come è riuscito il Pentagono ad essere esente dagli accordi climatici?
Durante le negoziazioni degli Accordi di Kyoto, gli USA hanno chiesto (esigendo) come condizione per la loro firma che tutte le loro operazioni militari nel mondo e tutte le operazioni nelle quali partecipano con l’ONU e/o con la NATO fossero totalmente esenti dalle misure di riduzioni. Dopo aver ottenuto questa gigantesca concessione, il governo Bush rifiutò di firmare l’accordo.

In un articolo del 18 maggio del 1998, intitolato “
National security and military policy issues involved in the Kyoto treaty” (Sicurezza nazionale e questioni politiche-militari coinvolte nel trattato di Kyoto) il direttore Jeffrey Salmon descrisse la posizione del Pentagono. Cita il documento annuale del 1997 al Congresso dell’allora segretario della Difesa William Cohen: “Il dipartimento della difesa raccomanda energicamente che gli USA insistano su una clausola di sicurezza nazionale nel protocollo sul cambiamento climatico che si sta negoziando”.

Secondo Salmon, questa disposizione nazionale per la sicurezza è stata avanzata in un progetto
che specificava “esenzione militare totale dei limiti di emissioni di gas ad effetto serra. Il progetto comprende operazioni multilaterali come attività approvate dalla NATO e dall' ONU, ma include anche azioni legate ampiamente con la sicurezza nazionale, che sembrerebbe comprendere tutte le forme di azioni militari unilaterali e la formazione di tali azioni.

Salmon ha citato anche al sottosegretario di Stato, Eduard Eizenstat, che diresse la delegazione degli USA a Kyoto. Eizenstat ha informato che “
il Dipartimento della Difesa e i militari in divisa che sono stati insieme a me a Kyoto, hanno ottenuto tutte le richieste che avevano detto di volere. Cioè, autodifesa, mantenimento della pace, aiuto umanitario”.

Anche se gli Stati Uniti avevano già ricevuto queste garanzie durante le negoziazioni,
il Congresso degli Stati Uniti approvò una clausola esplicita garantendo l’esenzione militare degli USA. L’Inter Press Service, ha riferito il 21 maggio 1998: “I legislatori degli Stati Uniti, nel loro più recente golpe conto gli sforzi internazionali per contenere il riscaldamento globale, hanno esentato oggi le operazioni militari degli USA dall’accordo di Kyoto che specifica gli impegni vincolanti per ridurre emissioni di “gas effetto serra”. La Camera dei Rappresentanti ha approvato un emendamento alla legge dell’autorizzazione militare che l’anno prossimo “proibisce la restrizione delle forze armate sotto il Protocollo di Kyoto”.

Attualmente, a Copenaghen, continuano a valere gli stessi accordi e linee direttive sui gas ad effetto serra- Ma, è estremamente difficile trovare la più minima menzione di questa omissione manifesta.


Secondo la giornalista e ambientalista, Johanna Peace,
le attività militari continueranno ad essere esenti da un ordine esecutivo firmato dal presidente Barack Obama che prevede che le agenzie federali riducano le loro emissioni di gas d’effetto serra fino al 2020. Peace segnala che: “Le forze armate rappresentano un 80 % dei bisogni energetici del governo federale”. ( http://solveclimate.com/ , 1 settembre)

L’esclusione generale delle operazioni globali del Pentagono fanno sembrare le emissioni di
anidride carbonica degli USA appaiono molto meno di quello che in realtà sono. Ma, anche senza contare il Pentagono, gli USA hanno le maggiori emissioni di biossido carbonio del mondo.

Più che emissioni


Oltre ad emettere biossido di carbonio,
le operazioni militari degli USA liberano nell’aria, nell’acqua e nel suolo, altri materiali altamente tossici.

Armi statunitensi fatte con uranio impoverito hanno scaricato decine di migliaia di chili di microparticelle
di rifiuti radioattivi altamente tossiche in tutto il Medio Oriente, Asia Centrale e Balcani.

Gli Stati Uniti vendono mine
antiuomo e bombe a grappolo che sono una delle principali cause di esplosioni ritardate, di mutilazioni e di disabilità soprattutto dei contadini e le popolazioni rurali in Africa, Asia e America Latina. Ad esempio, Israele ha lanciato più di un milione di bombe a grappolo fornite dagli USA nel Libano durante l’invasione del 2006.

La guerra degli Stati Uniti in Vietnam lasciato vaste aree così contaminata con l'erbicida Agente Orange
che attualmente, più di 35 anni dopo,la contaminazione da diossina è di 300 a 400 volte superiore rispetto ai livelli di “sicurezza”. Gravi malformazioni alla nascita e alti tassi di cancro derivanti dalla contaminazione ambientale stanno continuando in una terza generazione.

La guerra del 1991 degli USA in Iraq, seguita da 13 anni di crudeli sanzioni, l’invasione del 2003 e l’occupazione seguente, hanno trasformato la regione- che ha una storia di 5000 anni come granaio del Medio Oriente- in una catastrofe ambientale. La terra coltivabile e fertile dell’Iraq
è diventata una landa desolata del deserto dove il minore dei venti causa una tempesta di sabbia. L’Iraq, che era esportatore di alimenti, adesso importa l’80% dei suoi alimenti. Il Ministro dell’Agricoltura irachena stima che il 90% della terra soffre una severa desertificazione.

Guerra ambientale negli USA


Inoltre, il dipartimento della difesa si è opposto sistematicamente ad ordini dell’
Environmental Protection Agency (Agenzia Protezione Ambientale-EPA) di ripulire le basi statunitensi contaminate. (Washington Post, 30 giugno 2008). Le basi militari del Pentagono sono in testa alla lista dei siti più inquinati del Superfund, e gli inquinanti penetrano nelle falde acquifere di acqua potabile del suolo.

Il Pentagono si è anche opposto agli sforzi dell’EPA di stabilire nuovi standard di inquinamento per due prodotti chimici che si trovano ampiamente nei siti militari: perclorato, trovato nel propellente di razzi e missili; e tricloroetileno, uno sgrassante per parti di metallo.


Il tricloroetileno è l’inquinante d’acqua più diffuso nel paese ed è assorbito dalle falde acquifere
in California, New York, Texas, Florida e altrove. Più di 1.000 siti militari negli USA sono contaminati con questa sostanza chimica. Le comunità più povere, in particolare comunità di gente di colore, sono le più colpite da questo avvelenamento.

I test statunitensi di armi nucleari nel sud-ovest e nelle isole del sud del Pacifico hanno
contaminato con radiazioni milioni di ettari di terre ed acqua. Montagne di scorie radioattive e tossiche di uranio sono state abbandonate in terre indigene nel sud-ovest. Più di 1000 mine di uranio sono state abbandonate in riserve navajo in Arizona e New Mexico.

In tutto il mondo, in vecchie basi ed altre ancora operative in Porto Rico, Filippine, Corea del Sud, Vietnam, Laos, Cambogia, Giappone, Nicaragua, Panama e la vecchia Jugoslavia, barili arrugginiti di prodotti chimici e solventi e milioni di proiettili sono criminosamente abbandonati dal Pentagono.


Il miglior modo per pulire drammaticamente
l'ambiente è chiudere il Pentagono. Quello che serve per combattere il cambiamento climatico è un completo cambiamento del sistema.

Sara Flounders è co-direttore delL' International Action Center


Fonte:
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=16609

Tradotto per Voci Dalla Strada da
VANESA
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