8 settembre 2009

MENTI COLONIZZATE: LA STUPIDITA' E' LA COSA PIU' DIFFICILE DA COMBATTERE?

Ogni personaggio storico ha avuto una frase emblematica, e Lenin ha avuto la sua: “La stupidità è la cosa più difficile da combattere” E la stupidità, generalmente, salta alla vista quando qualcuno domanda ( o ri-domanda) utilizzando la logica ed il buon senso.

di Manuel Freytas

“E per quale motivo dovrebbero invadere (il Venezuela) per petrolio se Lei se lo vende già tutto agli USA?", è stata la domanda del giorno nel summit UNASUR fatta dal presidente peruviano, Alan Garcia, che ha lasciato per la prima volta Chavez a bocca aperta e senza risposta.

In quale libro di strategia militare si consiglia che per vincere una guerra bisogna vendere le risorse strategiche di sopravvivenza al nemico e diventare il suo primo socio commerciale?
Questo, esattamente, fa Chavez: Il principale fornitore di petrolio ed il principale socio commerciale degli Stati Uniti nella regione.

Secondo le cifre della Camera Venezuelana Americana del Commercio e dell’Industria, Venancham, che raggruppa aziende venezuelane e multinazionali statunitensi che operano nel Venezuela, lo scambio commerciale tra gli USA Venezuela tocca i 70.000 milioni di dollari nel 2008.

La cifra rappresenta, per la Camera, un vero record storico e mostra che le “turbolenze diplomatiche tra i due paesi non hanno colpito il commercio bilaterale”.

Per il presidente del Venancham, Edward Jardine, “questa cifra dello scambio economico nel 2008 dimostra la solidità delle relazioni commerciali che esistono tra i due paesi”.

Venancham è composta da più di 1000 aziende venezuelane e multinazionali statunitensi che danno lavoro diretto a circa 700.000 persone e la maggior parte degli esperti stima che se si verificasse una rottura commerciale tra gli Stati Uniti e Caracas, l’economia venezuelana probabilmente collasserebbe.

L’impulso principale di questa bilancia commerciale bilaterale è stato l’alto prezzo del petrolio registrato a metà del 2008. Il Venezuela vende giornalmente agli Usa più di 1,1 milioni di barili.

I dati ufficiali dimostrano che :
A) gli Stati Uniti sono il cliente principale per le esportazioni venezuelane, particolarmente quelle petrolifere,
B) Il Venezuela spedisce più di un milione di barili di greggio giornalieri al mercato statunitense, in gran parte raffinerie di sua proprietà che alimentano le stazioni di servizio Cigto, di proprietà sempre venezuelane,
C) Dagli Stati Uniti provvengono circa un terzo delle importazioni venezuelane,
D) Gli Stati Uniti rappresentano il 50% delle relazioni commerciali tra il Venezuela ed il resto del mondo”, come ha evidenziato l'ex presidente del Vanancham, Edmond Saade.

Un recente comunicato fornito da Venancham, segnala che la somma dei tre primi mesi dell’anno vigente, dimostrano che il 96% delle esportazioni sono costituite dal petrolio, essendo il 4% restante coperto da esportazioni non petrolifere.

A quanto espresso recentemente dal presidente della Camera, Edward Jardine, le aziende degli Stati Uniti che operano nel Venezuela, “promuovono al massimo la crescita del commercio e dell’industria, così come gli investimenti fatti tra le due nazioni”.

In conclusione, Chavez, in base alle cifre ufficiali, non soltanto mantiene intatta la struttura del sistema capitalista in Venezuela (commercio egemonizzato dalle corporazioni transnazionali dell’USA) ma è inoltre, il principale fornitore latinoamericano dell’unica risorsa strategica che gli Stati Uniti non possono sostituire (ne produce solo il 25% del suo fabbisogno): Il Petrolio.

La questione, logica, semplice ee evidente: Come Chavez può rappresentare un pericolo strategico per la sopravvivenza degli USA?

In questo quadro, segnato dalle statistiche ufficiali ed i numeri reali, uno “Chavez rivoluzionario ed anti statunitense“ è tanto illogico ( per il senso comune) quanto pensare che a Cuba ci sarebbe stata una rivoluzione con Fidel Castro come principale alleato di Washington in America Latina.

Nonostante questa realtà di dipendenza commerciale con l’Impero che dice di combattere, Chavez nel 2005, nel Summit delle Americhe in Argentina, si è eretto come porta bandiera contro l’ALCA ( trattato del libero commercio) che gli USA volevano imporre in America Latina.

Come si può essere nemico (a morte, come dice Chavez) degli Stati Uniti e a sua volta essere il suo principale alleato commerciale?

Questo è il punto che, da una mente logica e non alineata, non vicina a Chavez.

Chavez, storicamente, ha costruito un potere politico e di consenso elettorale ( esterno ed interno) appellandosi a due punti: La guerra antimperialista e la minaccia di un' invasione degli Stati Uniti nel Venezuela per appropriarsi delle sue risorse petrolifere.

Sicuramente, tutto l’immaginario analitico della sinistra sulla “ militarizzazione imperialista” ruota intorno a questa teoria che gli USA vogliono invadere il Venezuela per appropriarsi della sua principale risorsa strategica.

Torniamo alla domanda (ovvia) di Alan Garcia a Chavez: E per quale motivo dovrebbero invadere (il Venezuela) per il petrolio se Lei lo vende tutto agli USA?

Per trovare una risposta logica a questa domanda bisogna ricorrere alla strategia del dominio con i “nemici di paglia”.

Realtà e finzione.
Comprovato: Chavez, dopo il referendum che ha vinto nel 2004, ha stabilito un patto con il management locale e transnazionale (uno dei cui operatori principali è stato il multimilionario Gustavo Cisneros) che lo ha preservato dalla cospirazione economica per rovesciarlo come successe in aprile del 2002.

Comprovato: Lo Stato venezuelano, il suo Parlamento, le sue istituzioni, i suoi partiti politici, i suoi funzionari, il suo sistema elettorale, i suoiparlamentari non sono rivoluzionari ma capitalisti-borghesi.

Comprovato: L’entourage di funzionari e di manager che circondano Chavez non è rivoluzionario ma capitalista-borghese e fa affari privati con il petrolio venezuelano.

Comprovato: La struttuta socio-economica del Venezuela non è rivoluzionaria ma capitalista, al punto tale, che la sua società di consumo riflette una delle piramidi più marcate dalle linee contrastanti di “ricchi” e di “poveri” nella regione.

Comprovato: Le forze armate del Venezuela e la loro struttura non sono rivoluzionarie ma forze al servizio di uno Stato Capitalista. Nella loro totalità, i suoi generali (come il resto dei militari dell’America Latina, tranne Cuba) vengono formati nel Comando Sud degli Stati Uniti, e la maggior parte di essi continuano a mantenere oleate le relazioni con il Pentagono e il Dipartimento USA.

Comprovato: I servizi dell’Intelligence del Venezuela mantengono legami storici con la CIA, DEA e l’FBI ed il resto delle agenzie nordamericane provenienti dalla lotta contro il “narcoterrorismo” ed il “ crimine organizzato”.

Comprovato: il Venezuela è uno stato capitalista, con una struttura economica capitalista ed una società stratificata tra “ricchi e poveri” e ideologizzata nei parametri del consumismo capitalista che non differisce (tranne per Cuba) del resto dell’America Latina.

Comprovato: il Venezuela capitalista è un socio commerciale strategico degli USA e se rompesse i rapporti con Washington la sua struttura economica collasserebbe.

E Chavez, non è il presidente di Cuba (un paese che ha fatto una rivoluzione) ma il Presidente del Venezuela.

Macchiaveli in America Latina.
Nonostante la realtà numerica e statistica del rapporto societario ( simbiotico) di Chavez con gli Stati Uniti, perché la sinistra continua a chiamare “ rivoluzionario” il suo governo?

Perché un segmento maggioritario della sinistra internazionale chiama “rivoluzionario e antimperialista Chavez, se nè il suo governo, nè le sue politiche, sia sotto l’aspetto politico che sociale, sono mai usciti dalla loro natura strutturale del sistema capitalista che sempre è esistito nel Venezuela?

E perché l’Impero capitalista statunitense (nonostante l’inserimento comprovato del Venezuela dentro l’ordine e la governabilità capitalista) continua a considerare Chavez come il “nemico numero uno” del suo sistema di dominio in America Latina?

Esiste un precetto strategico (di natura machiavellica) che sostiene che per evitare che sorga un nemico reale che metta in pericolo il sistema di potere vigente, è necessario inventare un “nemico di paglia”, controllabile e inoffensivo, che sarà presentato come se fosse il nemico reale, o la “minaccia principale” del sistema.

Aldilà del suo discorso “rivoluzionario”, i governi di sinistra aventi come leader Chavez non cambiano la struttura della stabilità economica, la governabilità politica e la “pace sociale” di cui le banche e le transnazionali capitaliste hanno bisogno per continuare a depredare le risorse strategiche dell’America Latina dentro il quadro della “ legalità democratica”.

I governi di sinistra, aldilà dei loro discorsi mediatici anti USA nei fori regionali, la loro sopravivenza economica e politico elettorale è legata al destino dello Stato capitalista, e sono i primi difensori della legalità e della governabilità democratica nella regione.

In questo scenario, la strategia con il “nemico di paglia” ha come scopo principale “ disattivare” i conflitti sociali e le lotte popolari ( naturalmente violente e “anti –sistema”) e dirigerli verso sentieri “pacifici” e meramente “reclamanti”, attraverso il loro inserimento nel “sistema democratico” controllato da Washington e dall’ establishment economico capitalista della regione.

La relazione “vincolante” FARC- governi di sinistra tracciata dall’Intelligence nordamericana come l’ipotesi principale di “ terrorismo” e di “destabilizzante” continentale nasconde una profonda ragione machiavellica di “dividere per dominare”, creando un falso scontro e controllando contemporaneamente i due opposti.

Chavez ed Uribe, Colombia e Venezuela + il “terrorismo” della FARC, sono appena “ bucce” ( mascherate da conflitto maggiore) di un intreccio di interessi sotterranei dell’Impero nordamericano e del capitalismo transnazionale (corporazione e banche) che controllano ai governi dell’America Latina , al di sopra delle istituzioni giuridico- statali che le consacrano come “ nazioni indipendenti”.

In questo scenario il “terrorismo” della FARC serve:

A) Affinchè il Complesso Militare Industriale e gli armamentari vendano armi agli eserciti latinoamericani che combattono il “terrorismo” sotto “protezione” del Comando Sud degli Stati Uniti.

B) Per giustificare l’azione militare imperiale intorno alle fonti strategiche di risorse naturali e di energia nel “cortile di casa” che Washington considera (e controlla) come se fosse suo.

C) Per le giustificazioni dottrinali di futuri compiti di repressione e “criminalizzazione” dei conflitti sociali che cominceranno a prendere piede nella regione con lo sviluppo del processo recessivo- inflazionario scatenato dalla crisi globale del sistema capitalista.

E a cosa serve Chavez ed i “ governi di sinistra”?

Chavez (così come lo vendono le grandi catene dell’Impero) è la figura emblematica, l’immagine rappresentativa della “sintesi” alla materializzazione tutta insieme del “pericolo dittatoriale” e “terrorista” che si cerne sull’America Latina.

Con il presidente venezuelano come l’orco “dittatore-terrorista” della regione, gli Stati Uniti compensano la mancanza del “nemico reale” che nell’epoca della guerra nelle zone d’influenza con la Russia fu rappresentato dalla Cuba di Fidel Castro, all’epoca esportatrice di rivoluzioni armate.

In Chavez si mescola mediaticamente- e psicologicamente- il terrorismo della Farc e il “nemico rosso” dell’epoca della Scuola delle Americhe e della Dottrina di Sicurezza Nazionale.

Come dicono i precetti basici di qualsiasi libro di strategia politica: bisogna inventare un nemico falso, malleabile e controllabile, che oscuri e resti protagonismo al nemico reale che possa presentarsi.

L’ immagine di “terrorista” e destabilizzatore che Washington ed il Dipartimento di Stato associano a Chavez è orientata a neutralizzare l’apparizione di veri nemici.

Cioè i leader popolari che fanno ancora scioperi generali, bloccano strade, occupano aziende e mettono in rischio la “governabilità” e gli “affari” delle banche e transnazionali capitaliste in America Latina.

Riassumendo, con Chavez, Morales e Correa, non c’è alcuna possibilità di crescita della sinistra rivoluzionaria nelle strade, invece c’è crescita della sinistra elettorale e governativa. Una sinistra di addobbi istituzionali, disciplinata, assimilata ed integrata al sistema.

Una sinistra dello Stato capitalista, con apparati sindacali, movimenti e partiti di sinistra che compiono la loro funzione di “opposizione” nel quadro del sistema “democratico” e dei parametri stabiliti per preservare la “governabilità” , la “pace sociale” e la “stabilità” precisamente ciò di cui ha bisogno il sistema per la sua “crescita economica” senza distruzione sociale della ricchezza.

Il falso litigio Uribe-Chavez, con la Farc come detonante, sintetizza in due punti la strategia con il “nemico di paglia” per dominare e controllare da “sinistra” e da “destra”, secondo il vecchio precetto machiavellico aggiornato da Washington e dai suoi strumenti di potere.

Sia Chavez (in grado minore) che Uribe ( in modo totalizzante) hanno le loro linee di comando e di intelligence militare infiltrate dalla CIA e dal Comando Sud degli Stati Uniti, gli esecutori della strategia di controllo militare di Washington nella regione.

In pratica, se Chavez volesse ordinare una guerra contro la Colombia che non figurasse nei piani degli Stati Uniti, sarebbe eliminato o fatto cadere da un golpe interno, e questo indica chiaramente che se esplodesse finalmente un conflitto militare regionale è perché Washington lo sta usando per i suoi piani.

In questo scenario, gli analisti superficiali e giornalisti del sistema (stipendiati dalle aziende e dai consorzi mediatici) possono solo vedere la buccia senza il contenuto. La falsa guerra Chavez-Uribe ha il suo limite nella “governabilità economica” imposta da Washington come strategia di dominio nella regione.

La falsa guerra della “sinistra” e della “destra” (con le Farc nel mezzo) resta smontata di fronte ad una realtà: Sul piano politico, i governi di sinistra (tanto come quelli di destra) si reggono in base a due principi basici:
1) Difesa ristretta del “sistema democratico” come cornice di regolamentazione politica e sociale stabilita dal sistema capitalista a livello regionale,
2) I programmi di lotta contro il “ terrorismo”, il “narcotraffico” ed il “crimine organizzato”, stabilito come ipotesi di conflitto regionale dal Dipartimento di Stato ed il Pentagono.

E se Chavez, Correa e Morales (nella realtà concreta e statistica) fanno lo stesso che Uribe, in cosa si differiscono da Alan Garcia Calderòn?

Nel discorso, solo nel discorso. Machiavelli (USA) ha separato la realtà del discorso e ha fatto centro con la ricercata formula : I nemici di paglia.

La colonizzazione mentale, la manipolazione informativa, lo sdoppiamento della realtà, la comprensione atomizzata dei processi politici e sociali e la programmazione della maggioranza con la “democrazia” made in USA descerebrante, hanno fatto il resto.

Ha vinto Machiavelli, e si è resa realtà l’aforisma di Lenin:
“La stupidità è la cosa più difficile da combattere”.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0058_maquiavelo_america_latina_29agos09.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

7 settembre 2009

LE VERITA' NASCOSTE DEI NOSTRI PRODOTTI ALIMENTARI

"Il drastico aumento della resa delle colture per ettaro a base di semi ibridi, l'uso di fertilizzanti sintetici e di irrigazione aumenta il volume del materiale raccolto, ma è meno nutriente, soprattutto perché la stessa quantità di nutrienti si perdono in maggiori quantità di foglie, semi o frutta. "

di Silvia Ribeiro

(Ricercatrice del Gruppo ETC)


Non molte persone sanno che l'aumento della produzione attraverso le varietà di colture ad alto rendimento (semi "migliorati"o ibridi) comporta l'impoverimento delle sostanze nutritive, vitamine e proteine negli alimenti prodotti. È un fatto noto da decenni ad agronomi e scienziati agricoli chiamato "effetto diluizione". Il drammatico aumento della resa delle colture per ettaro a base di semi ibridi, l'uso di fertilizzanti sintetici e di irrigazione aumenta il volume del materiale raccolto, ma è meno nutriente, soprattutto perché la stessa quantità di nutrienti si perdono in tante foglie, semi o frutta.

Un recente articolo di Donald R. Davis (Declining fruit and vegetable composition. What´s the evidence?, HortScience, vol. 44/1, febrero 2009) analizza diversi studi precedenti in materia. E conclude che sia nel caso dei grani di frutta e verdura si registra una diminuzione di sostanze nutritive, parallela all' aumentato di produzione per ettaro. Nel caso di vegetali vi è una diminuzione di calcio e di rame dal 17 fino all' 80%, oltre ad una perdita di altri elementi nutritivi come ferro, manganese, zinco e potassio. Uno studio del 2004 che ha misurato la quantità di proteine e di cinque vitamine (A, C e tre del complesso B) per 43 verdure ha trovato anche una diminuzione di questi elementi: fino a 6% di proteine e dal 15 a 38% per tre delle 5 vitamine studiate. Ulteriori analisi su mais e frumento confermano la stessa tendenza.

Nella sua revisione, Davis conclude che come la selezione di laboratorio per produrre ibridi si basa sull'incremento del volume dei cereali, frutta e foglie, composta in gran parte di carboidrati, non tiene conto del fatto che incremento focalizzato implica la diluizione di "decine di altri nutrienti e sostanze fitochimiche". Non è un fattore trascurabile: l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) chiama questa crescente mancanza di micronutrienti nei prodotti alimentari "fame nascosta". Secondo l'ONG, un miliardo di persone soffrono di carenza di ferro, fattore associato nei paesi poveri al 20% dei decessi durante la gravidanza e la maternità. Anche in questi paesi 1 su 3 di bambini sotto i cinque anni soffrono di rachitismo per la carenza di micronutrienti, e 40 milioni di persone soffrono di problemi alla vista o cecità per mancanza di vitamina A, tra gli altri esempi. Dall'altra parte, un miliardo di persone consumano troppe calorie e sono obesi.

La "Rivoluzione Verde" basata sull' aumento del rendimento di poche colture, promuove l'uniformità dei campi con sementi ibride, la meccanizzazione e l'uso intensivo di pesticidi produce più volume di cibo, ma meno variegato e sempre meno nutriente. Allo stesso tempo ha favorito la concentrazione del commercio agroalimentare in una ventina di multinazionali che monopolizzano semi e pesticidi fino alla distribuzione e la trasformazione dei prodotti alimentari.

Oltre ad essere meno nutrienti, questi cibi contengono più residui di pesticidi e sostanze chimiche, a causa di industrializzazione e imballaggio. Sono un generatore "silenzioso", ma continuo e onnipresente delle malattie, che vanno dal significativo aumento delle allergie a effetti più gravi come problemi neurologici, malformazioni alla nascita, sistema immunitario indebolito, infertilità e il cancro. Per inciso, i pesticidi e fertilizzanti sintetici distruggono il terreno e inquinano le acque.
Il cumulo di questo sviluppo malato e nauseante sono le coltivazioni transgeniche. Inoltre basandosi su ibridi - ai quali s'introduce materiale genetico di virus, batteri e specie con le quali non si sarebbero mai incrociati in natura- sono resistenti a pesticidi diversi, per cui la loro applicazione in massa di questi veleni lasciano residui 200 volte più elevati rispetto ai metodi simili convenzionali anche coltivati con sostanze chimiche.

Agli effetti dei pesticidi, ai transgenici si aggiungono nuovi effetti per il fatto stesso della manipolazione ai quali vengono sottoposti. Pertanto, l'American Association of Environmental Medicine si è pronunciata a maggio 2009 esortando i suoi membri, pazienti e pubblico in generale ad evitare di mangiare OGM.

Ignorando queste realtà, molti governi e organismi internazionali si fanno eco sul discorso delle transnazionali degli agroalimentari e ci dicono che hanno bisogno di produrre grandi quantità di alimenti con più agricoltura industriale e OGM a "risolvere" la fame nel mondo. Diciamo: mangia poco, ma mangiare qualcosa. Comunque nemmeno questo accade. Anche se ci sono sempre maggiori quantità di cibo, in un parallelo aumenta il numero degli affamati e denutriti. Più la quantità non significa che raggiunge chi ne ha bisogno. Al contrario, perché il cibo diventa sempre più merce nelle mani di società, e ci sono sempre più poveri ed affamati che non possono permetterselo.

La vera soluzione è proprio l'opposto: che la produzione alimentare sia locale, e diversificata nelle mani dei contadini e agricoltori che su piccola scala utilizzando sementi locali fornendo cibo sicuro e nutriente, che non solo alimentano se stessi, le loro famiglie e comunità (la metà della popolazione mondiale), ma producano anche la maggior parte del cibo consumato nei loro paesi. Da non essere abbagliati dal' elevata produzione di una coltura e che non utilizzando pesticidi favoriscono la raccolta di molte altre varietà combinate con ciascuna coltura, fonte di molti altri nutrienti.

Fonte: http://www.jornada.unam.mx/2009/08/15/index.php?section=opinion&article=023a1eco

6 settembre 2009

PASSAPORTI BIOMETRICI: UNO STATO DI CONTROLLO PERMANENTE?

di Vera von Kreutzbruck.

Uno dei dolci piaceri della vita è quello di viaggiare. Grazie alla crescente quantità di voli low-cost, i viaggi all’estero non sono più un lusso riservato a pochi privilegiati. Allo stesso tempo, comunque, c’è un allarmante numero nella richiesta di dati personali dei turisti e non esiste un quadro legale transatlantico sullo scambio di dati personali. Anche se parti terze come le compagnie aeree e operatori di aeroporto hanno diritto di leggere questi dati, non sappiamo cosa accade successivamente.

Sotto la legislazione introdotta dopo gli attacchi dell’11-09, gli Stati Uniti, hanno rafforzato le misure di sicurezza per i turisti esteri che entrano nel loro paese. L’ultima misura richiede che entro il 2012, tutti i viaggiatori che entrano negli Stati Uniti, come parte del programma di esenzione dal visto devono avere un passaporto biometrico o essere costretti a richiedere un visto.

Il passaporto biometrico- che incorpora un chip elettronico con dati personali, immagini facciali ed impronte digitali- è sulla buona strada per diventare una condizione globale per viaggiare. Fino ad allora gli attuali passaporti continueranno ad essere validi per entrare nella maggior parte dei paesi. Germania, Francia e Olanda hanno cominciato a rilasciare i nuovi documenti (anche l’Italia, ndt). I parlamentari dell' UE hanno accettato la richiesta degli Stati Uniti e hanno deciso alla fine del 2005 che il loro obiettivo è quello di combattere l’immigrazione illegale, il terrorismo ed il crimine organizzato. Ma la scusa che i nuovi passaporti aiuteranno ad impedire il terrorismo internazionale è alquanto questionabile dato che prima di tutto gli agenti di sicurezza dovranno sapere che viso o impronte digitali cercano.

Inizialmente, Washington aveva fissato un limite fino al 2006 per i 27 paesi dell’UE e altri paesi esenti di visto come Norvegia, Islanda e Svizzera ma dopo ha esteso quel limite a giugno di quest' anno per dare a questi paesi più tempo per preparare la tecnologia necessaria per rilasciare i passaporti biometrici. Il Dipartimento di Stato USA ha iniziato ad introdurre passaporti elettronici nel 2006 e per tutti i titolari di passaporto negli Stati Uniti, prevede di avere uno entro il 2017.

Nel frattempo, c’è scarso entusiasmo di fronte a queste nuove richieste. I protettori dei dati e attivisti per i diritti umani argomentano che questa regolamentazione tratta qualsiasi persona come se potesse essere un potenziale criminale, violando così la protezione dei dati personali dei cittadini e imponendo uno stato di controllo continuo.

Peter Hustinx, European Data Protection Supervisor, ha detto in una conferenza stampa sui passaporti biometrici, nel 2007, che le misure di sicurezza orientate a prevenire il terrorismo sono aumentate frequentemente a costo della privacy. Hustiniz ha il compito di consigliare i governi e gli organismi della UE sugli standard di sicurezza dei dati e agisce indipendentemente dalle istituzioni dell’UE. Ha avvertito che la UE si “precipita verso una nuova era” usando identificatori biometrici per controllare la sicurezza mentre gli standard per proteggere i dati non sono ancora chiari.

“E’ molto importante che i dati biometrici siano conservati solo sul passaporto e non in data-base esterni. Fino ad oggi non esiste un regolamento internazionale che garantisca ciò”, ha detto Peter Schaar, Commissionato Federale Tedesco per la Protezione dei Dati, durante una conferenza sulla protezione dei dati tenutasi a marzo di questo anno a Berlino.

Nel 2005 quando venne pubblicata questa sentenza, non c’è stato un intenso dibattito politico in Germania, ma ci sono state alcune voci di dissenzo. Il giornale di sinistra Die Tageszeitung ha pubblicato un articolo dove dice che dall’ 11 settembre la sicurezza interna aveva guadagnato più importanza rispetto alla protezione fondamentale del cittadino. Inoltre, esperti in sicurezza hanno avvertito sul rischio e la facilità con cui gli hacker e agenzie statali potrebbero abusare dei registri dei dati e dell’informazione personale delicata che perseguono.

Nei fatti, il passaporto elettronico, che teoricamente deve proteggere gli Stati contro attacchi terroristici, non è per nulla sicuro. Nel 2006, nella conferenza sulla sicurezza Black Hat, realizzata a Las Vegas, Lukas Grunwald, consulente in sicurezza informatica tedesca, ha dimostrato che i dati nei chip sono facili da copiare. Ha dimostrato che un terrorista potrebbe avere un passaporto con il suo vero nome e foto nelle pagine ma con un chip che contenga informazione diversa clonata dal passaporto di qualcun altro. Ma questo potrebbe essere facilmente evitato se il funzionario della sicurezza esaminasse il passaporto per assicurarsi che il nome e la foto corrispondono ai dati letti dal chip.

Ancora più inquietante per gli attivisti ed i protettori dei dati, l’UE è in procinto di iniziare i colloqui con gli Usa per dar loro accesso ai dati bancari. Il piano potrebbe andare più in là di un accordo esistente con l' UE che permette che le linee aeree transatlantiche trasferiscano dati di carte di credito, direzioni di posta elettronica, passaporti, itinerari di viaggi e altri dati appartenenti al passeggero europeo a funzionari degli Stati Uniti. Gli USA hanno esaminato transazioni manovrate dalla Società delle Comunicazioni Finanziarie Interbancarie Internazionali (SWIFT) dall’11 settembre. SWIFT, che ha sede in Belgio, pianifica di trasferire i suoi collaboratori e database dagli Stati Uniti all' Europa. Dato che le leggi sulla privacy sui dati sono molto più ristrette in Europa. Gli Stati Uniti avrebbero bisogno del permesso dell' UE prima di poter avere accesso a questa delicata informazione.

La protezione della privacy e dei dati personali è vitale per qualsiasi società democratica e dovrebbe essere rispettata tanto quanto la libertà d’espressione o di movimento. Alcuni funzionari negli USA e nell’UE, farebbero bene a rileggere l’Articolo 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE che dice quanto segue:
  • “Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente“
La ricerca paranoica di maggior sicurezza, spesso, sacrifica la libertà e la privacy. Tutti controllati dal “Grande Fratello”, ma qualcuno controlla il Grande Fratello?

© 2009 The Women's International Perspective All rights reserved

Fonte: http://www.alternet.org/story/142239/
Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

4 settembre 2009

LA CRISI MONDIALE SI SCALDA CON LA DISOCCUPAZIONE

Preocupación por el avance de la recesión en las grandes potencias

di Manuel Freytas

Le informazioni sono incrociate: Uscita debole della recessione (con potenze che continuano decelerate), mercati finanziari volatili (ritorno alla sfiducia del sali e scendi) contrazione del credito internazionale orientato alla produzione , consumo sociale e senza recupero, calo nei guadagni e aumenti siderali del deficit, disoccupazione in massa (tagli degli stipendi) in aumento nelle dieci prime potenze economiche mondiali. La bomba lavorativa (emergente dalla crisi sociale della disoccupazione) si affaccia come sviluppo logico di questo processo.
Gli esperti, in linea generale, sono d'accordo: La debole crescita (come prodotto degli stimoli finanziari statali) non basta per recuperare il consumo e restaurare l’occupazione.

Anzi, influenti media del sionismo finanziario come The Wall Street Journal e The Finacial Times, parlano di una “ricaduta” economica su scala globale una volta che gli effetti dei riscatti statali con denaro preso dalle tasse si dissipano (pagati da tutta la società), e che causano come contropartita un aumento siderale del deficit fiscale negli Stati Uniti e nelle potenze centrali.

La centralizzazione delle imprese nell’attività economica mondiale privilegiano il guadagno (riducendo i costi e licenziando personale) e le grandi banche non utilizzano i fondi dell’aiuto statale per stimolare il credito ma per speculare nei mercati finanziari.
D’accordo con gli esperti, la nuova crescita non garantisce che si fermi la crisi sociale, dato che le aziende non assumono personale nè aumentano la loro produzione dopo la crisi, finchè non sono sicure della rivitalizzazione del processo di crescita.

Le borse mondiali, da parte loro, hanno generato un “microclima” di speculazione finanziaria con i fondi del riscatto statale ( “bolla” nella crisi) che ha portato nuovamente al Dow Jones a superare la barriera dei 9.000 punti , ma, di fronte ai numeri in rosso del deficit, il consumo e la disoccupazione, hanno ripreso la loro dinamica di prendere “guadagni veloci”, creando volatilità e una sfiducia generalizzata.

La nuova scalata della speculazione finanziaria con il petrolio e le materie prime, a sua volta, minaccia con un processo d’inflazione che può potenziare la crisi sociale accelerando la disoccupazione e restringendo, a livelli inediti, il consumo della maggioranza.

I pronostici ufficiali sono contradditori: il FMI ha detto martedì che l’economia mondiale crescerà ad un tasso leggermente inferiore al 3%, nel 2010, cifra superiore alla stima del 2,5% emessa a luglio dallo stesso FMI, secondo l’economista Jorg Decressin. Il funzionario dell’FMI ha detto, che in qualche momento, la domanda privata (il consumo) dovrà sostituire l’impulso che riceve l’economia mondiale dall’espansione monetaria e fiscale (i riscatti statali), ma non ha la piena certezza che ciò avvenga.

Ma l’analisi separata delle prime dieci economie mondiali dicono un’altra cosa: Negli Stati Uniti e nell’UE (più della metà dell’economia mondiale) la disoccupazione in massa e la riduzione dei livelli di consumo segnano la dinamica economica.
Dati ufficiali rivelati martedì indicano che in Europa (un quarto del PIL mondiale) si stanno verificando con tutta la loro durezza le conseguenze della crisi sociale. Nella zona della comunità in cui si usa l’euro- come moneta comune ed integrata di 16 paesi- la disoccupazione ha toccato a quasi 22 milioni di persone.

Erano 10 anni che il tasso di disoccupazione non arrivava così in alto, il 9,5%, con la Spagna in testa alla lista dei più castigati con un 18,5%. In Spagna ci sono un milione di disoccupati che hanno finito la cassa integrazione e questo dramma si estende in tutta Europa, principalmente nei paesi ex-sovietici dell’Est.

Il record di tasso di disoccupazione ha come primo effetto negativo la diminuzione della fiducia dei consumatori e della spesa familiare, retro alimentando i licenziamenti che le aziende realizzano per mantenere il guadagno vendendo meno.

Fino ad adesso, nell’UE solo i due paesi più vigorosi, la Francia e la Germania, sono cresciuti leggermente di un 0,3% nell’ultimo trimestre, mentre il resto, la Spagna, Italia, Gran Bretagna, Irlanda e altri paesi, inclusi quelli dell’Est, della comunità di 27 nazioni dell’Unione (la cui popolazione sfiora i 500 milioni di abitanti) continuano con le loro economie ferme e soffrendo la disoccupazione in massa.

Guilles Moec, economista dl Deutsche Bank, prevede che anche la Francia e la Germania possano tornare a sperimentare aumenti della disoccupazione “perché gli stimoli della spesa pubblica cominciano a scadere”.

Per il FMI durante il secondo trimestre del 2009, 22 economie europee, asiatiche e nordamericane registrano cifre in rosso nel comportamento del PIL, aventi come media tra lo 3,4% e il 6,4%, come conseguenza della crisi recessiva globale.

Svariate potenze mondiali, come gli Stati Uniti, Giappone, paesi del Regno Unito e l’Eurozona, sono entrati in recessione l’anno scorso, cioè, hanno sofferto una caduta della loro attività economica durante un periodo di almeno tre trimestri.

Più grave ancora è la situazione dei quattro stati che compongono il Regno Unito- Inghilterra, Scozia, Irlanda del Nord e Galles - ai quali deve aggiungersi il Giappone ( la seconda economia mondiale con un PIL di 4.923.761 dollari) dato che le loro economie hanno mostrato delle contrazioni dello 5,6% e 6,4%, rispettivamente, nonostante si tratti di paesi con notevole sviluppo tecnologici ed industriali.

Da quando è esploso il collasso finanziario e della borsa a settembre del 2008, il sistema non ha mai potuto recuperare, e finalmente la crisi dell’ “economia di carta” ha finito per colpire l’”economia reale”, prima nella metropoli imperiale degli Stati Uniti e dell’Europa, estendendosi poi lungo tutta la periferia “sottosviluppata” ed “emergente” dell’Asia, Africa e America Latina.

Nuovi dati pubblicati sulle economie dell’America Latina indicano che, sebbene si verificano alcuni segnali deboli e parziali di recupero, la contrazione generale continua ad essere spinta dalla caduta del commercio estero, scende il consumo e aumenta la disoccupazione e i tagli degli stipendi (crisi sociale) che retroalimentano il processo recessivo (crisi strutturale) e impediscono un recupero pieno delle variabili economiche.

Secondo i dati diffusi la settimana scorsa dalla Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) , il commercio dell’America Latina ed i Caraibi soffre una crisi senza precedenti e questo anno le loro esportazioni ed importazioni registrano una caduta record del 13%.

Si prevede anche che l’investimento estero nell’America Latina ed i Caraibi si riduca fino ad un 45% durante il 2009 a causa della diminuzione del settore manifatturiero .

Contemporaneamente, l’economia della prima potenza imperiale, gli USA (quasi un quarto del PIL mondiale) collassa in tutte le sue variabili, ed i settori meno protetti già soffrono degli “aggiustamenti” mentre una crisi sociale, ancora con conseguenze non calcolabili, si affaccia dalla mano dei licenziamenti in massa.

Canada e Messico, situati simultaneamente nel posto 9 e 13 dell’economia mondiale, soffrono nei loro processi economici di una contrazione senza precedenti.

L’economia canadese è diminuita più di quello che si pensava durante il secondo trimestre e il suo PIL si è contratto ad un tasso annuale del 3,4%, dopo una lettura rivista di una caduta del 6,1% nei tre primi mesi dell’anno, più pronunciata della stima originale di una caduta del 5,7 % e che il 3,7% del quarto trimestre del 2008, ha informato lunedì un' agenzia di statistiche del Canada.

Il presidente messicano, Felipe Calderòn, ha consegnato martedì al Congresso un documento in base al quale l’economia del paese affronta la sua recessione peggiore del decennio e analisti privati pronosticano che finirà l’anno con una contrazione del 7,2%.

La Banca Centrale martedì ha informato che le rimesse dei messicani all’estero- la seconda fonte d’entrate dopo l’esportazione del greggio- sono precipitate del 12,5% nei primi 7 mesi dell’anno, circondata in un contesto di forte crisi globale. .

Come si può vedere, i dati dell’economia reale fanno impallidire i confusi pronostici della “crescita debole” che i governi e le istituzioni ufficiali diffondono con lo scopo di mantenere le aspettative di un' uscita dalla crisi che nessuno visualizza chiaramente.

La bomba lavorativa.


In modo brutale il sistema capitalista (Stato e aziende private) scarica il costo del collasso recessivo economico sul settore dei salari (forza lavorativa massiva) e la massa meno protetta e più numerosa della società (popolazione povera con scarse risorse di sopravvivenza), a causa dei licenziamenti e della riduzione della spesa sociale (“aggiustamenti”) che aumentano i livelli sociali di precarietà economica e di esclusione in massa dal mercato del lavoro.

Per l' OIL, l’impatto sociale della crisi globale non si attutisce e una delle sue più grandi conseguenze, la disoccupazione, sta battendo vari record in diversi paesi e spara calcoli ufficiali sulle cifre che può raggiungere.

In queste stime, il numero di colpiti potrebbe arrivare a 52 milioni di persone, mentre un centinaio di paesi affrontano possibili squilibri sociali e la mancanza di una politica che governi.

La OIL considera che, anche un processo debole di recupero economico mondiale, i tassi di occupazione tenderanno a mantenersi in discesa, sia nei paesi centrali come in quelli emergenti o sottosviluppati.

Gli effetti dell’aumento della disoccupazione si riflette nel fallimento delle aziende, licenziamenti e riduzione della giornata lavorativa, questo è quanto considerano dalle statistiche ufficiali.

In generale, gli esperti sono d'accordo sul fatto che il costo del riscatto delle aziende e delle banche (che la società pagherà con le sue tasse) potenzia il processo della crisi strutturale con la disoccupazione che gli Stati Uniti stanno vivendo.

Negli USA, la maggior parte degli analisti proietta un peggioramento della pressione fiscale (aumento delle tasse) e una riduzione delle prestazioni sociali e più immediato l'emergente mega-piano di salvataggio statale dell' impero bancario avviato da Bush e e continuato da Obama.
E questo inciderà su un aumento dei prezzi e tagli del consumo ( già iniziati), che si sommeranno ai danni della crisi del credito per potenziare (favorire) il processo inflazionario- recessivo nel quale si trova l’economia della prima potenza imperiale del pianeta.

La prima legge storica del capitalismo è di preservare i guadagni (base della concentrazione della ricchezza in poche mani), anche durante le crisi.

In modo tale che quando scoppia la crisi di “sovrapproduzione “ (a causa della recessione e della diminuzione della domanda) il sistema applica la sua formula classica per preservare il guadagno, vendendo e producendo meno: Riduzione dei costi.

In questa ricetta di “riduzione dei costi” si distacca chiaramente, in prima linea, l’aspetto lavorativo (delle aziende) e sociale (dello Stato) per compensare la mancanza di vendite e entrate fiscali.

Quindi (come è stato comprovato storicamente): Le aziende mantengono i loro guadagni, aumenta la recessione, aumenta la disoccupazione, cala il consumo e si espande la povertà e l’esclusione sociale.

E’ stato calcolato- in base a numeri ufficiali- che la presente crisi recessiva globale porterà (come conseguenza dei licenziamenti e della diminuzione del consumo) più di 1 miliardo di persone alla povertà ed esclusione sociale.

Gli analisti e i giornalisti del sistema si preoccupano per le perdite aziendali e per gli effetti della crisi nei paesi centrali, ignorando che la crisi sociale, più acuta del consumo e della disoccupazione, sia negli USA che in Europa, la soffrono gli impiegati e operai di bassa categoria che stanno formando un pericoloso insieme massivo di proteste e conflitti sociali.

L’attuale processo economico recessivo prova nuovamente che durante la crisi i consorzi direttivi del sistema capitalista scaricano (e spostano) le loro “perdite” all’insieme della società mentre concentrano guadagni in un nuovo ciclo economico.

Le masse stipendiate (la maggior parte della forza lavorativa) e dei settori più diseredati della società ( i poveri strutturali) pagano il grosso della crisi capitalista attraverso gli aggiustamenti sociali, licenziamenti, sospensioni, riduzione degli stipendi, soppressione dei benefici sociali, abolizione dell’indennizzo per licenziamento, riduzione dei contributi sindacali, ecc.

In questo scenario, c’è un “costo lavorativo” ed un “costo sociale” della crisi capitalista che pagano i dipendenti e la maggioranza non protetta.

Alimentato dal deficit, la diminuzione del consumo popolare e la riduzione della spesa sociale da parte dello Stato, si configura nel nuovo quadro che gli esperti già chiamavano: La bomba lavorativa.

Una minaccia concreta e matematica alla stabilità economica e alla capacità di governare del sistema capitalista.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/norteamerica/0076_bomba_laboral_02sept09.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da Vanesa

3 settembre 2009

ELEZIONI AFGANE: IL RISULTATO NON IMPORTA...

PERCHE'? GLI STATI UNITI HANNO OSTACOLATO E NON SUPPORTATO LA DEMOCRAZIA
http://www.lastampa.it/redazione/cmssezioni/esteri/200908images/karzai01g.jpg

di Murray Dobbin

“La storia si ripete, prima come tragedia e dopo come farsa”
Karl Marx

Le elezioni presidenziali afgane risulteranno essere semplicemente irrilevanti. Gli Stati Uniti, la cui arroganza imperiale lo fa diventare ignorante verso altre culture e società, hanno invaso l’Afghanistan con lo scopo dichiarato di eliminare Al–Qaeda (vi ricordate, le poche centinaia di fan di Osama Bin…? come si chiamava?). Facendolo, hanno ripetuto la stessa arroganza cieca dei loro predecessori imperiali, i britannici e i sovietici.

Entrare è stato facile. Uscire sotto le loro stesse condizioni- con un governo pro-occidentale credibile e stabilito- è quasi impossibile.

Ironicamente ( gli imperialisti tendono a non avere senso dell’ironia), gli Stati Uniti hanno trasformato la loro sconfitta in Afghanistan in una certezza virtuale per aver interferito prima della creazione dei mujhideen come una forza di combattimento antisovietica. Facendolo, gli Stati Uniti hanno alzato a priorità politica e culturale il tipo di fondamentalismo islamico oppressore e violento che fino ad allora non era mai stato una caratteristica dominante della vita in Afghanistan.

Nella loro zelo di liberare una regione dall’influenza sovietica, gli Stati Uniti hanno convertito l’Afghanistan in un paese che sborda in armi e quando sono queste e i proiettili quelli che governano, le elezioni si trasformano in una barzelletta. Gli Stati Uniti si sono svegliati lentamente di fronte al grottesco pantano nel quale si sono messi e si supponeva che le elezioni presidenziali sarebbero state la chiave per una strategia di uscita di cui hanno un disperato bisogno. Ma questa è pura fantasia. Non esiste una strategia di uscita, a meno che non sia possibile vedere l'ultimo elicottero americano, con gli afgani disperati chiedono a gran voce di salire a bordo, alzando il piede dal tetto dell'ambasciata americana. Che è stata l'uscita degli Stati Uniti eventuale "strategia" in Vietnam. E può essere l'unica disponibile qui.

Se questa immagine vi causa problemi, considerate il fatto che l’umiliante ritirata dal Vietnam era cominciata con una diminuzione drammatica nel sostegno politico alla guerra- precisamente quello che succede negli USA. Due sondaggi recenti hanno rivelato che la maggior parte degli statunitensi pensano che questa guerra non vale la pena di essere combattuta. Quasi il doppio vuole una diminuzione delle truppe di fronte a quelli che sostengono l' impegno di Obama ad aumentarle. Per un margine di due a uno, gli statunitensi non credono che l’elezione porterà ad un “governo effettivo”. Quasi la stessa quantità di persone crede che gli Stati Uniti stiano perdendo la guerra la stessa che crede che la stia vincendo, nonostante la complicità dei media e la manipolazione delle pubbliche relazioni da parte della Casa Bianca.

Dittatori buoni sono difficili da trovare.

La mancanza di una strategia fattibile di uscita per gli Stati Uniti è vincolata direttamente al vero motivo di questa invasione e la sua continua occupazione: il bisogno di avere un regime pro-USA a Kabul per sostennere il loro obiettivo di controllare la fornitura di petrolio e gas in Oriente Prossimo. L’uscita senza un regime simile è considerato come inaccettabile. Si è pensato che Hamid Karzai avrebbe giocato quel ruolo e per Jack Warnock, autore di “Creating a Failed State: The U.S. and Canada in Afghanistan” (Creando uno stato fallito: Stati Uniti e Canada in Afghanistan”), Karzai venne imposto alla conferenza di Bonn realizzata a novembre del 2001. Anche i delegati scelti scrupolosamente dagli Stati Uniti si sono negati a dare un solo voto a Karzai come presidente dell’Amministrazione ad interim. La stragrande maggioranza votò per Abdul Satar Sirat , “che rappresentava gli afgani che volevano una monarchia costituzionale come l’avevano sotto la Costituzione del 1964”, ha scritto Warnock. Le minacce degli Stati Uniti di ritirare tutti i finanziamenti per il futuro governo hanno portato la conferenza a cambiare a malincuore idea e ad accettare l’elezione di Karzai. E' stato la fine di un reale impegno a favore della democrazia degli Stati Uniti

Al posto di una monarchia costituzionale, con un governo parlamentare, l’ Afghanistan ha ottenuto una Repubblica con quasi tutto il potere in mani del presidente. Per assicurare che non ci fosse un controllo virtuale sui poteri del presidente, la costituzione proibisce la partecipazione di partiti politici nelle elezioni generali: solo individui possono competere per gradini e non è permesso che venga mostrata la loro iscrizione ai partiti nelle schede. Inoltre, si proibisce effettivamente che si presentino candidati di partiti secolari dato che la nuova costituzione ( mai vista dal pubblico afgano prima che fosse approvata dall’Amministrazione Interna) rende illegale tutta politica che contraddica la “sacra religione dell’Islam”.

“Grave deterioramento”

Manipolando il processo costituzionale e le regole delle elezioni democratiche, gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO puntano ad assicurare che nessun governo nazionalista, secolare, arrivasse un giorno al potere. Perché? Perché sarebbe praticamente sicuro che un tale governo si sarebbe opposto ai disegni imperiali per l’Afghanistan. Ma il prezzo pagato dagli Stati Uniti è stato la certezza virtuale che qualsiasi governo che avesse il potere sotto le regole degli USA dipenderebbe dai signori della guerra e della droga che riempiono il vuoto lasciato dalla società civile inesistente- Sarebbe anche, chiaramente, un governo caratterizzato dalla corruzione incontrollata e l’incompetenza totale, incapace di somministrare servizi alla gente ed ugualmente incapace d’inspirare i soldati e la polizia nel combattimento contro i talebani.

Gli Stati Uniti, come nel Vietnam, hanno due obiettivi che si escludono a vicenda e contraddittori in Afghanistan ed il conflitto tra di loro continuerà a dissanguare gli Stati Uniti finanziariamente e psicologicamente, uccideranno mille altri innocenti afgani, soldati statunitensi e canadesi e creeranno precisamente i terroristi che la loro teorica guerra dovrebbe eliminare. Con il fine di mantenere un livello di sostegno pubblico sufficiente per giustificare la loro ridefinizione altamente personale di questa guerra “guerra buona”, Obama deve essere capace di dimostrare i veri progressi tra i fronti della democrazia ed il progresso sociale. Solo un governo genuinamente nazionale e secolare potrebbe farlo. Ma i predecessori di Obama hanno reso impossibile letteralmente questo compito.

L’uscita democratica è stata inchiodata e sepolta. E precisamente questo fine settimana il capo dello Stato Maggiore degli Stati Uniti, Micheal Mullen, ha rilasciato alcune interviste alla televisione rivelando la situazione è “grave e si deteriora”.

Cercava di ammorbidire l'opinione pubblica statunitense per una richiesta di un aumento, molto superiore, di soldati rispetto a quelli già accordati- precisamente mentre gli statunitensi dicono, due su uno, che il governo dovrebbe ridurre quella quantità.

Il generale Mullen non ha detto di quanti soldati ci sarà bisogno per “il compito”. Ma forse vorrebbe tornare ad un anno fa quando il suo collega, il generale Dan McNeill, ex comandante delle forze degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan, aveva dichiarato che 400.000 soldati sarebbero necessari per pacificare l'intero paese.

L’esercito degli Stati Uniti non potrebbe procurarsi questa quantità anche se glie lo chiedessero. L’uscita della vittoria militare non esiste.

Attendono finchè parta un altro elicottero….

Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=14961

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

2 settembre 2009

ALTRE 3 BANCHE USA FALLISCONO: BOLLE COME GRANATE

di Roberta Lemma

Tra venerdi e sabato scorso negli Stati Uniti d'America altre tre banche hanno fallito. Affinity Bank di Ventura in California, Bradford Bank di Baltimora nel Maryland e Mainstreet Bank di Forest Lake nel Minnesota; 84 colossi falliti dall'inizio del 2009, 446 milioni di dollari il costo dei soli tre ultimi fallimenti che peseranno sul fondo federale.

S'innalza ulteriormente il numero degli istituti a rischio portandosi a quota 426; tutte le banche hanno problemi di liquidità e capitalizzazione. Potete giurarci che tutto quel che avviene oltreoceano si infrangerà, come un'onda anomala, sulla nostra costa italica.


Le banche europee e le singole nazioni quali la Germania, locomotiva economica di tutto il vecchio continete e la Spagna stanno già studiando piani d'emergenza denunciando pericolose bolle che esploderanno come granate su tutto il sistema finanziario; asset tossici e derivati fasulli.


Tutti i soldi pubblici dati come ossiggeno non sono bastati, producendo ulteriore signoraggio e quindi gravando ulteriormente sull'economia delle nazioni. Troppi i mutui non rientrati, troppe le speculazioni, troppe le aziende acquisite che si son rivelate macchine perfette per ripulir le piazze e non parliamo di piccole fabbriche di scarpe, parliamo dei nuovi mercati costruiti sul modello Dubai, sulla fantasia.


Manca la liquidità quindi c'è insolvenza.


Se tutti noi, alla stessa ora dello stesso giorno entrassimo nella nostra banca chiedendo la chiusura dei nostri conticorrenti, il capitalismo crollerebbe come un castello di sabbia abbattuto da una onda immediatamente. I nostri pochi soldi sono infatti la loro unica fonte di liquidità. Tutto il resto sono click elettronici che battono numeri e numeri di banconote inesistenti.


A molti di noi non interessa sapere cosa avviene in questi istituti dalle poltrone damascate, a molti di noi interessa conoscere il responso che sa di condanna e sapere se si può sperare ancora o se tutto è destinato a morire. Partiamo da un punto preciso, il debito di una nazione sale vertiginosamente quando questa nazione versa soldi pubblici alla sua banca centrale, Bankitalia; questa presterà una parte di questi soldi pubblici alle sue banche azioniste, le banche private, e una parte alla Banca Centrale Europea, che a sua volta farà iniezioni ad altri istituti finanziari: questo per semplificare tutto il discorso. Se il governo italiano “regala “ 500 mila euro (cifra di esempio), prelevandoli dal pubblico, tesoretto, tasse e altro, alla Bankitalia rischia poi di rimanere a secco, quindi sarà costretto, il governo, a chiedere un prestito alla stessa Bankitalia che gli darà i soldi con l'aggravio degli interessi. Se richiedesse la stessa cifra che gli ha “prestato”, 500 mila euro, dovrà restituirli più interesse e signoraggio e spese occulte. Banckitalia che per statuto dovrbbe essere controllata dal pubblico è invece controllata dal privato, dalle banche azionisti private.


Intesa Sanpaolo S.p.A. 30,3%
UniCredito Italiano S.p.A. 22,1%
Assicurazioni Generali S.p.A. 6,3%
Cassa di Risparmio in Bologna S.p.A. 6,2%
INPS 5,0%
Banca Carige S.p.A. 4,0%
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. 2,8%
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. 2,5%
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.A. 2,1%
Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza S.p.A. 2,0%

Qualche dato potrebbe esser variato nel frattempo ma a noi conta sapere che seppur la legge bancaria del 1936, ribadita anche da una sentenza della Corte Suprema di Cassazione dice che la Banca d'Italia deve esser controllata da una maggioranza pubblica in realtà non lo è.


Vi sembra reato?

Inoltre tutte queste banche private all'interno di Bankitalia hanno e sono comproprietarie di aziende e società private e pubbliche e posseggono giornali e televisioni e controllano le grandi catene di distribuzione, dettano le regole sul mercato assicurativo e immobiliare e sono all'interno delle grandi case farmaceutiche. Secondo voi, dove vanno i nostri soldi?


Se andate nei cda delle aziende pubbliche e private, soprattutto quelle che solitamente si aggiudicano i grandi appalti, come lo stretto di Messina troverete ad esempio Impregilo con Ligresti, più volte indagato ma sempre li, nella cabina di comando.


Ligresti una voltà patteggio 2 anni e 4 mesi, fece servizio civile e ricominciò dall'attività di costruttore, amico e compagno di merende del nostro premier.


Nel luglio del 2004 diventa amministratore delegato della Rcs MediaGroup, una società editrice di quotidiani : Corriere della Sera e la free press City. Nel 2006 entra nel consiglio di amministrazione di questa società la figlia Jonella.


Nel novembre 2008 viene indagato per corruzione assieme a Gianni Biagi e Graziano Cioni dalla Procura di Firenze La vicenda riguarda il progetto di Castello della città di Firenze.


Ligresti è presidente onorario di Fondiaria Sai, gruppo assicurativo fiorentino quotato sulla Borsa di Milano e controllato dalla famiglia Ligresti tramite la holding Premafin Finanziaria Spa Holding di Partecipazioni che direttamente o indirettamente ne possiede una quota del 47%.


Sempre attraverso Premafin, la famiglia Ligresti possiede il 5.291% di Rcs MediaGroup e partecipa al patto di sindacato che controlla la società editrice.


Premafin, come Fondiaria Sai, è quotata sulla Borsa Italiana: PF


Premafin è controllata da un patto di sindacato stipulato tra società riconducibili a Salvatore Ligresti e ai suoi tre figli.


Il gruppo Starlife controlla il 17.613% della finanziaria tramite Sinergia Holding di Partecipazioni Spa (10.112%), controllata direttamente da Starlife SA, e Immobiliare Costruzioni IM.CO. Spa (7.501%), controllata da Starlife SA tramite Sinergia.


I tre figli di Salvatore Ligresti controllano il 29% della società tramite tre holding lussemburghes


Ciascuno possiede un 9.687% della società ma tutte le quote sono intestate alla fiduciaria Compagnia Fiduciaria Nazionale Spa.


Salvatore Ligresti è coinvolto nei più ricchi affari urbanistici di Milano (Expo 2015, Fiera e Garibaldi-Repubblica), di Firenze (Castello e Manifattura Tabacchi), di Torino.


I suoi avvocati hanno scovato un articolo del codice che fa tornare immacolata una fedina penale sporca: quando siano passati almeno cinque anni dall’espiazione della pena e il pregiudicato «abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta». Ha presentato domanda al Tribunale di sorveglianza di Milano, che nel settembre 2005 ha accolto la sua richiesta: ora Ligresti è riabilitato.


Ligresti è membro del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Unicredit. ( fonte WKA )


Questo circolo vizioso dovete immagginarlo usato su tutta la scala dell'economia e finanza mondiale dove i Ligresti si moltiplicano e si annidano e si prolificano in sette occulte e misteriose. Mondiale perchè a certi livelli il capitalismo sposa il comunismo in una fusione parassita e le identità politiche si perdono come polvere di stelle.


In realtà il golpe è gia avvenuto, è avvenuto con la conquista dell'economia.


E quando riusciranno a rendere il Capo dello Stato italiano, la figura istituzionale con maggiori e assoluti poteri, questo golpe, sarà solo ufficializzato a noi.


I numeri della strage italiana aggiornati ad oggi:

  • Ideal Standard di Belluno e Pordenone: 250 esuberi più altri in arrivo, già annunciati

  • Safilo, stabilimenti friulani: altri 500 posti a rischio, più quelli già in cassa integrazione da tempo.

  • Carraro di Campodarsego: 650 in cassa integrazione.

  • Marzotto di Portogruaro: 250 in contratto di solidarietà da due anni, in scadenza

  • Myair di Vicenza: 250 licenziamenti in arrivo.

  • Merloni di Fabriano e Nocera Umbra: 3000 dipendenti in attesa che qualcuno compri la fabbrica in ammnistrazione controllata.

  • Cablelettra e Cablelettra Sud: 400 licenziati negli ultimi 3 anni, 300 già in mobilità, circa 200 in cigo a rotazione, l’azienda in amministrazione controllata da agosto 2009, è in attesa di commesse nel settore auto.

  • Manuli Rubber di Ascoli Piceno: altri 375 messi in mobilità.

  • Roccatura di Russotto a Prato sotto sfratto, per ora è stato salvato dalla solidarietà degli altri terzisti che hanno bloccato l’ufficiale giudiziario.

  • Radicifil di Pistoia: 140 che dovevano entrare in cassa integrazione a rotazione e invece non torneranno al lavoro, licenziati per ‘eventi improvvisi’ molto poco chiari

  • Delphi di Livorno: 400 lavoratori a casa, confermata la chiusura.

  • Siderurgico di Taranto: dopo le ferie forzate per i 3 mila dell’Ilva, si rientra in pochi, con 6500 in cassa integrazione.

  • Petrolchimico di Porto Torres: l’Eni chiude il petrolchimico, a rischio certo i 900 lavoratori addetti oltre ad altri 800 occupati nell’ indotto.

  • 18.000 precari della scuola che resteranno a casa disoccupati, 500.000 delle graduatorie di terza fascia che rischiano di non essere chiamati per le supplenze.


20.000 posti di lavoro in Piemonte già svaniti nei settori auto, metalmeccanico, tessile e orafo.


6.000 posti in meno in Lombardia nel tessile, 1.500 in meno in Veneto nei settori chimico, sanitari e tessile. 20.000 posti nelle Marche nei settori elettrodomestici, gomma, cantieri navali, 70.000 nel Lazio, 8.000 in Puglia e 12.000 in Campania, dovuti in gran parte al crollo dell’indotto Fiat che ha colpito anche la Sicilia, con 3.000 posti in meno.
Sono più di 200.000 posti di lavoro in meno.


Ma domani sarà un altro giorno e noi tutti dobbiamo adoperarci affinchè sia diverso.


Fonte: http://www.reportonline.it/2009090229120/economia/altre-tre-banche-usa-falliscono-bolle-come-granate.html

MILITARIZZAZIONE IMPERIALE: CHE COS' E' IL SUMMIT DELL'UNASUR

Guardata in una prospettiva strategica e realista, il summit dell' UNASUR in Argentina, può considerarsi (senza dubbio) una farsa politica: I 12 paesi che si sono riuniti con una posizione critica verso la “militarizzazione USA” della Colombia, sono membri attivi del dispositivo di controllo militare statunitense della regione attraverso Il loro inserimento organico nella guerra contro “il narcoterrorismo”, spinto e coordinato dal Comando Sud degli Stati Uniti.

di Manuel Freytas

Riassumendo, i paesi dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) che denunciano la presenza militare degli Stati Uniti in Colombia come un fuoco di “ conflitto regionale”, hanno i loro eserciti, poliziotti e servizi dell’Intelligence integrati ( a livello operativo e strategico) all’ipotesi della “guerra controterrorista” con la quale gli Stati Uniti giustificano la loro azione militare nella regione.
La strategia USA del controllo economico, politico e sociale dell’America Latina, si complementa con la struttura operativa di controllo militare nel quale si inseriscono – come dei satelliti- i governi, le forze armate e la polizia di tutta la regione che opera sotto l’azione coordinata dei piani degli Stati Uniti per l’America Latina.
Tutti gli eserciti e la polizia locale, senza eccezioni (tranne Cuba), si allineano attualmente alle tre grandi ipotesi di conflitto disegnati dal Comando Sud per tutta la regione: La Guerra contro il Terrorismo, guerra contro le “droghe” e guerra contro il “crimine organizzato”.
Per quanto riguarda l’aspetto politico, i governi dell’UNASUR (sia di sinistra che di destra) si reggono su due principi dottrinali basici stabiliti dal Dipartimento di Stato USA nella regione:
1) difesa serrata del “sistema democratico” come quadro di regolamentazione politica e sociale a livello regionale
2) Programmi di lotta contro il “terrorismo”, il “narcotraffico” e il “crimine organizzato”, attraverso convegni di cooperazione sottoscritti con Washington.

C’è un esempio più recente: martedì scorso, il Governo dell’Ecuador ( presidiato dall’antimperialista Rafael Correa) e gli Stati Uniti hanno sottoscritto a Quito, vari accordi di cooperazione per la lotta contro il narcotraffico, il crimine organizzato ed il delitto transnazionale, come ha informato la stessa cancelleria dell’Ecuador.
Incredibilmente (e rilevando un doppio discorso politico) questi strumenti di cooperazione si sottoscrivono in un momento nel quale gli USA mettono a punto la creazione definitiva ( richiesta con esigenza dal governo di Correa) di una base militare di vigilanza antinarcotici (FOL, la sua sigla in inglese) che si manteneva da 10 anni nella città di Manta.
Le nuove ipotesi di un conflitto regionale e le coordinate di controllo- militare- strategico si tracciano a partire della strategia globale della “guerra contro il terrorismo”, che sostituisce nella logica dottrinaria imperiale la “guerra al comunismo” degli anni 70 e dell’era di Reagan in LatinoAmerica.

Con questi presupposti, il Comando Sud attraverso la sua Strategia di Sicurezza e Cooperazione (Theater Security Cooperation Strategy) ha integrato (eccetto Cuba) tutti i governi e forze armate della regione nel suo disegno strategico continentale orientato a preservare la “sicurezza” e la “governamentabilità democratica” della regione.
In questo modo ed a partire dell’amministrazione Bush , si è prodotto il nuovo inserimento operativo livellato delle forza armate, la polizia ed i servizi dell’Intelligence regionali nella strategia di “guerra contro il terrorismo”, combattere il “narcotraffico” ed il “crimine organizzato” in base ai piani operativi e ipotesi di conflitto elaborati dal Comando Sud (Pentagono) e la CIA ( intelligence estera degli USA), strumentati attraverso convegni militari ed economici dei governi con Washington.
Sulla base di questa nuova ipotesi di conflitto regionale, tutti gli eserciti e polizia regionale partecipano ( in modo non uguale o combinati) a esercizi militari periodici con le forze del Comando Sud, ed i suoi ufficiali, sia a livello intermedio come dello stato maggiore, vengono allenati da esperti militari e dall’Intelligence USA.
Anche se non partecipano di nessun esercizio militare congiunto con il Comando del Sud, le forze armate, polizia ed i servizi di Intelligence del Venezuela si integrano al quadro operativo della guerra contro il “narcoterrorismo” e il “crimine organizzato”, stabiliti come l' unica ipotesi di “nemico regionale”, a partire dalla sua elaborazione strategica della DEA, CIA, FBI e Comando Sud degli USA.

In altre parole, nessun esercito nè polizia dei paesi che integrano l’UNASUR contano con una ipotesi autonoma di conflitto contro un “nemico proprio” ma si mobilizzano in modo addottrinato e operativamente nel quadro della guerra controterrorista che gli Stati Uniti utilizzano come argomento per le sue strategie di controllo geopolitico e militare della regione.
La strategia del controllo militare con la “guerra antiterrorista” agisce come il sostegno chiave della dominazione economica, politica e sociale degli Stati Uniti in America Latina.
In questo scenario, qualsiasi ricerca obiettiva (e realista) sul processo di sviluppo dell’attività militare e degli apparati di sicurezza dell’America Latina lancia invariabilmente la seguente conferma: Gli eserciti, polizia e i servizi dell’Intelligence dei paesi regionali (tranne Cuba e parzialmente il Venezuela) mantengono ( in diversi gradi di sviluppo) relazioni di cooperazione militare, allenamento, provvigione di armi e di tecnologia con il Comando Sud degli USA.
D’accordo con i propri dossier del Comando Sud, ufficiali latinoamericani (sia militari che di sicurezza e intelligence) eseguono corsi di “specializzazione” in più di 100 istituzioni militari e dell’Intelligence degli Stati Uniti.
Praticamente, tutti gli ufficiali dello stato maggiore che oggi comandano gli eserciti e la polizia regionale ( tranne Cuba) hanno ricevuto una formazione militare e di indottrinamento negli Stati Uniti, come parte dei convegni stabiliti tra Washington ed i paesi che fanno parte della guerra contro il “narcoterrorismo”.
L’obiettivo principale di questi corsi specializzati è orientato a “dis-nazionalizzare” ideologicamente i militari dai paesi del continente, e di formarli sotto presupposti operativi e dottrinari funzionali ai piani USA di controllo militare strategico dell’ America Latina.

Perché si capisca: Tranne Cuba, le forze armate e la polizia dell’America Latina non hanno una dottrina, una strategia e un' ipotesi di conflitto proprio (come Stato Nazionale), i suoi comandi si sottopongono alle strategie operative “controterroriste” disegnate dal Comando Sud ed i suoi ufficiali si allineano in dottrine e addestramenti in funzione ai piani di controllo militare degli Stati Uniti.
Cioè, nessuna forza armata regionale- meno Cuba- mantiene una posizione indipendente nè ha un' ipotesi di conflitto alternativa al decalogo militare e dottrinario di Washington in America Latina.
Presa da un altro angolo, le forze armate continentali (allo stesso modo che i governi regionali) sono strutture militari, allenate, armate e controllate dalla macchina militare dell’Impero statunitense. Funzionalmente, sono satelliti operativi del Comando Sud.
Nel quadro di questi convegni di “cooperazione militare” (nella lotta contro il narcoterrorismo ed il crimine organizzato), il Comando Sud, la Cia, FBI e la DEA e altre agenzie USA, mantengono delegazioni nelle forze armate, polizia e servizi dell’Intelligence di tutti i paesi- tranne Cuba e parzialmente Venezuela.
Di questi programmi d’inserimento nella strategia militare degli Stati Uniti, non sono esenti- paradossalmente- gli stessi paesi dell’UNASUR che oggi (sia da sx che da dx, criticano e rifiutano in un atteggiamento farsesco l’installazione di nuove basi militari USA in Colombia.
In termini di realtà concreta e verificabile, risulta assurdo, privo di senso, che un summit di governi allineati funzionalmente alla strategia militare USA nella regione, si riunisca per criticare e mettere in allerta sul “pericolo militarista” che comporta la presenza dell’esercito statunitense in Colombia.

La stampa e gli analisti del sistema, che coprono sistematicamente la struttura militare di dominio imperiale nella regione, presentano drammaticamente il summit come la ricerca di risoluzione di un conflitto tra la Colombia ed il Venezuela in base ai convegni militari Bogotà-USA
Che i paesi dell’UNASUR, tra i quali si distacca il Cile ( alleato militare e privilegiato degli USA), il Brasile (socio regionale strategico degli Stati Uniti), l’Argentina (con la sua FFAA –forze armate- e polizia assimilate completamente al Comando Sud), si riuniscano per discutere del “pericolo militare”degli Stati Uniti nella regione, è un’assurdità che non resiste a nessun analisi.
Si tratta soltanto di una messa in scena, di uno show mediatico per intrattenere a incauti ed ignoranti (incluso giornalisti e analisti) che non conoscono come funziona la strategia e macchinario totalizzatore di dominio imperiale in America Latina.

Fonte: http://www.iarnoticias.com/2009/secciones/contrainformacion/0057_unasur_de_que_se_trata_28agos09.html

Tradotto per Voci Dalla Strada da VANESA

1 settembre 2009

ITALIA: POLITICA XENOFOBA E MORTI NEL MEDITERRANEO

Di Marianne Arens

Altri 73 profughi africani sono annegati nel mar Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Italia dalla Libia via mare. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), 525 rifugiati sono morti in mare nel 2008 e diverse centinaia sono già annegati quest’anno.

Solo cinque profughi dall’Eritrea—due giovani uomini, due ragazzi e una giovane donna—sono sopravvissuti durante la loro recente odissea in una piccola barca. Il loro viaggio è durato 20 giorni, uno dei sopravvissuti ha riportato. Un portavoce della marina maltese ha detto a CNRmedia.com che un elicottero Frontex tedesco aveva individuato sette cadaveri nelle acque libiche e l’equipaggio ha ritenuto che venissero dalla barca.

Giovedì i cinque eritrei esausti e indeboliti sono sbarcati sull’isola italiana di Lampedusa. “Siamo gli unici sopravvissuti”, hanno detto. Il resto dei profughi era morto lungo il viaggio, e i loro cadaveri erano stati gettati in mare. Molte navi li avevano incrociati, ma nessuna di loro ha tentato il soccorso. Una motovedetta è arrivata a dar loro carburante e giubbotti di salvataggio, ma “poi è ripartita di nuovo e ci ha lasciato, nonostante la nostra condizione”.

Un portavoce dell’UNHCR ha riferito che un peschereccio aveva anche dato del pane e dell’acqua ai rifugiati, ma poi li aveva abbandonati al loro destino.

Tale indifferenza da parte delle navi nel Mediterraneo è un nuovo fenomeno. Contraddice completamente l’obbligo marittimo a salvare chi si trova in una situazione di emergenza. Questa indifferenza è incoraggiata dalla politica del governo italiano di Silvio Berlusconi, che non permette ai rifugiati di sbarcare in Italia. Esso ha condotto una lunga e spregevole campagna per diversi mesi contro i rifugiati africani ed è pronto ad accettare le fatali conseguenze.

In virtù di un accordo tra Italia e Libia, la costa libica e lo Stretto di Sicilia sono sistematicamente sorvegliati da motovedette. Il momento che vengono intercettati, i rifugiati sono rispediti direttamente in Africa. Non gli viene nemmeno permesso di mettere piede sul territorio italiano per fare domanda di asilo.

L’ultima tragedia nel Mediterraneo ha portato ad un acceso scontro politico. Il quotidiano cattolico Avvenire ha criticato la politica del governo in materia di immigrazione. Ha accusato l’Occidente di “chiudere gli occhi” davanti al problema, e ha paragonato il tragico destino dei traghettati nel Mediterraneo alla Shoah.

Umberto Bossi, capo della Lega Nord, partito apertamente razzista della coalizione di governo, ha reagito invitando il Vaticano a dare il buon esempio e aprire le sue porte agli immigrati.

Il ministro degli Esteri Franco Frattini (Forza Italia) è intervenuto e ha cercato di imputare la responsabilità all’Unione Europea, sostenendo che quest’ultima non ha fatto nulla per fermare l’immigrazione verso l’Italia. Frattini ha poi chiesto che altri paesi europei siano pronti ad accogliere i rifugiati.

Nel mese di maggio, Silvio Berlusconi ha cinicamente cercato di giustificare le politiche di deportazione italiane, ammettendo che le condizioni dei centri di espulsione italiani erano molto simili ai “campi di concentramento”. Pertanto, secondo lui è “più umano” impedire a priori ai rifugiati di sbarcare sul suolo italiano.

Scontri si sono verificati nei centri di identificazione e di espulsione, all’inizio di agosto, con l’entrata in vigore delle nuove norme di sicurezza. Molti detenuti si sono arrampicati sul tetto del centro di deportazione di Torino. Altri si sono armati con sbarre di metallo e hanno cercato di abbattere alcune saracinesche. La ribellione è stata alla fine sedata da un aggressivo intervento della polizia. Simili proteste e scontri hanno avuto luogo anche in altri centri di deportazione.

In concordanza con le nuove leggi, i rifugiati, senza permesso di soggiorno possono essere rinchiusi per sei mesi. L’immigrazione clandestina può essere punita con una multa fino a €10.000 e gli immigrati devono pagare €200 per una domanda di permesso di soggiorno. Inoltre la nuova legge prevede che insegnanti, funzionari e personale sanitario denuncino gli immigrati clandestini. I proprietari di immobili inoltre rischiano il carcere nel caso di affitto a clandestini. Le leggi legalizzano anche l’introduzione di milizie civili per integrare l’uso sistematico di soldati nel pattugliamento di centri urbani.

I nuovi regolamenti danno sostegno ad elementi fascisti ledendo non solo i diritti democratici fondamentali dei rifugiati, ma quelli di tutta la popolazione. Allo stesso tempo, la campagna del governo contro i lavoratori immigrati è sempre più utilizzata per fornire un capro espiatorio da biasimare per la crisi economica del paese e esentare così l’élite al potere da qualsiasi responsabilità.

La situazione economica in Italia è drammaticamente peggiorata nel 2009. Secondo la Confcommercio, il prodotto interno lordo del paese è diminuito di quasi il 5 per cento (-4,8 per cento), e il consumo di circa l’1,9 per cento. L’industria automobilistica ha venduto il 15 per cento di auto in meno rispetto all’anno precedente. Di conseguenza, il governo è ben consapevole del pericolo di controversie sul lavoro nelle grandi aziende come Fiat e di possibili disordini nelle grandi città.

Il governo Berlusconi è stato in grado di mantenere il potere e attuare le sue politiche di destra, perché non ha una una seria opposizione politica. I cosiddetti partiti di opposizione rappresentano punti di vista, che differiscono solo in misura irrilevante dalle politiche del governo. Inoltre, un certo numero di ministri, che sono responsabili delle disumane direttive xenofobe del governo, hanno iniziato la loro carriera nel campo della sinistra parlamentare o come radicali piccolo-borghesi.

Il Ministro degli Interni Roberto Maroni, che oggi è un membro della Lega Nord, ha iniziato in politica come membro del gruppo di cosiddetti marxisti-leninisti di Varese. È poi passato per un periodo all’organizzazione Democrazia Proletaria, una unione di diverse sinistre, di tendenze piccolo-borghesi, i cui membri in seguito si sono dissociati per unirsi principalmente a Rifondazione comunista o ai Verdi.

Come Berlusconi e Bossi, Maroni ha sbarcato il lunario per un po’ come musicista. Ha incontrato Bossi alla fine degli anni ‘80 e nel 1990 si è iscritto alla Lega Lombarda, in seguito divenuta Lega Nord. Oggi Maroni difende l’introduzione delle milizie di quartiere ed è intento a espellere mezzo milione di immigrati quest’anno.

In qualità di artefice dell’”accordo italo-libico per la lotta contro l’immigrazione clandestina”, Maroni è uno dei principali responsabili della tragedia dei rifugiati. A maggio negoziava il presente accordo a Tripoli. Secondo il quotidiano libico Akhbar Libya, il contratto “obbliga la Libia a combattere l’immigrazione clandestina, mentre Roma ha promesso in cambio di pagare alla Libia cinque miliardi di dollari nei prossimi 25 anni come risarcimento per il periodo coloniale”. Inoltre, il governo italiano ha donato tre navi per effettuare pattugliamenti lungo la costa libica.

Altri membri del governo Berlusconi provengono dal Partito Socialista (PSI), crollato sotto il peso degli scandali di corruzione negli anni ‘90. Poco dopo una sezione del partito formava il nuovo Partito socialista (Nuovo PSI), che successivamente si è integrato nel “Popolo della Libertà” di Berlusconi. Il segretario del PSI, Bettino Craxi, giocò un ruolo cruciale nel promuovere la carriera di Berlusconi dandogli carta bianca nel centro socialista di Milano per sviluppare i suoi interessi immobiliari e televisivi. Nel 1994 Craxi fu costretto a lasciare il Paese per evitare una pena detentiva per corruzione. Morì da uomo ricco in Tunisia nel 2000. Oggi la figlia Stefania Craxi è Sottosegretaria al Ministero degli Esteri.

Altri disertori del partito socialista sono Franco Frattini e Giulio Tremonti. L’attuale ministro degli esteri Frattini era editore del quotidiano di sinistra Il Manifesto fino al suo inserimento nel partito di Berlusconi nella metà degli anni ‘90. È un sostenitore accanito delle guerre in Medio Oriente e della “guerra contro il terrorismo”. Di recente Frattini ha protestato alle Nazioni Unite contro una conferenza che ha condannato il carattere criminale degli attacchi israeliani contro i palestinesi.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Tremonti è noto per le sue politiche economiche di destra. Professa apertamente punti di vista nazionalisti e protezionisti e ha un buon rapporto di lavoro con i post-fascisti guidati da Gianfranco Fini. Ha attirato molta attenzione con il suo commento ad Annozero: “Questo è il momento di chiudere I libri di economia e di aprire la Bibbia”

Un disertore del partito socialista particolarmente prezioso per Berlusconi è Renato Brunetta, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, laureato in diritto del lavoro. È responsabile per rendere il mercato del lavoro flessibile e per introdurre contratti “precari”, cioè a breve termine e lavori a bassi salari. È famoso per la sua feroce campagna contro i “fannulloni”, ossia dei presunti “buoni a nulla” che lavorano nella pubblica amministrazione.

Maurizio Sacconi, Ministro della Salute e anche ex membro del PSI, ha difeso la campagna della Chiesa contro l’eutanasia nel recente caso di Eluana Englaro.

Un’altra sezione del governo Berlusconi deriva dal Partito Radicale di Marco Pannella e Emma Bonino. Negli anni ‘60 e ‘70 i Radicali sono stati considerati facenti parte dello spettro di sinistra della politica. Il partito includeva intellettuali come lo scrittore Elio Vittorini, l’attore Arnoldo Foà e per un periodo perfino il regista Pier Paolo Pasolini. Sostenevano i Radicali sulla base della difesa del diritto di aborto e di divorzio e della separazione tra Chiesa e Stato.

Anche un ex membro del Partito Comunista Italiano (PCI) occupa una posizione chiave nel governo Berlusconi. Sandro Bondi è Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e coordinatore del Popolo della Libertà. Da giovane Bondi aveva aderito alla Federazione Giovanile Comunista Italiana. Un fervente cattolico, ha scritto la sua tesi di filosofia su frate Leonardo Valazzana da Fivizzano, un predicatore agostiniano avversario del Savonarola (quest’ultimo fu bruciato al rogo per eresia nel Medioevo).

Bondi si iscrisse al PCI e divenne sindaco di Fivizzano in Toscana. Negli anni ‘90 cominciò a diventare un fanatico difensore di Berlusconi. Nel 2001 ha diretto la campagna elettorale di Berlusconi ed è stato l’autore di un “elegante” opuscolo pubblicitario, distribuito ad ogni famiglia italiana. Come Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Bondi recentemente si è opposto alle richieste di artisti che scioperavano contro i tagli di 100 milioni di euro dal bilancio per la cultura. Al fine di coprire il disavanzo dello Stato, Bondi ha inoltre nominato Mario Resca, ex amministratore delegato della catena di fast food McDonald’s, come direttore del progetto di gestione e sviluppo dei musei italiani con l’incarico di commercializzare il patrimonio culturale dell’Italia.
29.08.2009

Fonte: http://www.wsws.org/articles/2009/aug2009/ital-a27.shtml

I VACCINI SONO PIU' LETALI DELL'INFLUENZA SUINA

LA VACCINAZIONE DI MASSA E' UNA RICETTA PER IL DISASTRO http://scienze.zanichelli.it/notizie/wp-content/uploads/image/Giuliam%20Bianconi/light-virus-1.jpg della Dr.ssa Mae-Wan Ho e Prof. Joe Cummins
La presente relazione è stata sottoposta a Sir Liam Donaldson, Chief Medical Officer del Regno Unito, e della Food and Drugs Administration (FDA Usa) Il focolaio di influenza suina si è verificato in Messico e negli Stati Uniti nel mese di aprile 2009, e si è propagato velocemente nel mondo trasmettendosi da uomo a uomo. A giudicare dai primi dati pubblicati a maggio, il nuovo tipo A H1N1 del virus dell’influenza è differente a qualsiasi altro di quelli isolati fino a quella data (1 - 2) Si tratta di un' eteroclita combinazione di sequenze di ceppi di virus dell’influenza aviaria, umana e suina del Nordamerica e dell' Eurasia.
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