7 novembre 2009

IL MIRAGGIO DI OBAMA

LA NUOVA POLITICA ESTERA NORDAMERICANA

di Higinio Polo
El viejo topo

E' trascorso un tempo sufficiente per capire che cosa c' è di verità e ciò che è improbabile nelle promesse che Obama ha fatto durante la campagna elettorale e assumendo la carica. Finora, pochi sono i fatti, e le parole sempre più ambigue. E se non ci credete, chiedete a Zelaya.

Quasi sul punto di compiere il suo primo anno alla presidenza nordamericana, Barack Obama contempla come gli Stati Uniti continuano ad essere impantanati in una grave crisi economica e sociale, nonostante l’annuncio che la recessione è finita, che mostra più i desideri che la realtà. A gennaio del 2009, Obama arrivava con l’aureola per essersi opposto alla guerra in Iraq, promettendo la ritirata del suo esercito, e, sembra, disposto a realizzare serie riforme negli USA, liquidando inoltre, l’avventurosa e aggressiva politica estera che era stata avviata da Bush. Il nuovo presidente ha ereditato due guerre e la rottura degli accordi di disarmo che erano stati sottoscritti con l’ Unione Sovietica (L’ ABM, del 1972, sui missili antiproiettili , che era il più importante compromesso di disarmo, sulle cui fondamenta posavano tutti gli altri convegni), oltre ad una aggressiva scommessa per un falso “scudo missilistico” in Europa, che era, in realtà , un pericoloso strumento contro la sicurezza strategica della Russia.

Se giudichiamo la figura di Obama in base ai criteri della stampa europea (in generale, affascinata da un presidente che hanno qualificato come progressista, che ha abbagliato anche la sinistra moderata, che ne ha fatto del suo nome una bandiera), dovremo concludere che la sua presidenza inizia una nuova era.
Questa stessa stampa europea, che si è astenuta, in modo generale, dal criticare la ferocia di Bush e la sua dottrina fascista delle “guerre preventive”, e che cominciò a dargli torto, timidamente, solo quando la sua presidenza stava per finire, ha creato il mito di un Obama riformista, dell’ inizio di una nuova era…..che è molto lontano dalla realtà. Le ridicole lodi dai giornali e dalla tv, elevando i suoi discorsi alla categoria del pensiero politico, hanno creato una confusione enorme nell’opinione pubblica, perché non bisogna aspettarsi grandi cose da parte di Obama, anche se è certo che la sua elezione, dopo il lungo periodo dell’ incompetente e spietato Bush, la sua condizione di afroamericano, o meticcio, e la sua relativa gioventù, unita alla forza e simpatia della sua famiglia, lo hanno trasformato in un’icona popolare, alla quale anche le organizzazioni più o meno provenienti dalla sinistra, emulano.

Però, Obama condivide la generalizzata convinzione nordamericana sul ruolo provvidenziale degli Stati Uniti e la sua missione come leader del pianeta, e, fino ad ora, non ha mostrato di fermezza nell' avviare riforme progressiste, anche la sua scommessa di un nuovo sistema sanitario che raggiunga tutti i nordamericani è positiva, come lo è la rinegoziazione delle ipoteche dei cittadini che hanno perso il loro lavoro e sono rovinati, ma,
fino ad oggi, ha approvato molti più aiuti alle banche e al corrotto capitalismo rappresentato da Wall Street che partite dedicate al soccorso dei più poveri, ai milioni di disoccupati che vedono il futuro senza speranza. Ci concentreremo qui nell’esame della sua azione estera. La definizione di una nuova politica estera porta tempo, senza dubbio, ma è trascorso quasi un anno dall’arrivo della nuova squadra alla Casa Bianca e si può dire che l’inerzia dell’apparato militare nordamericano trascina Obama, e che se l' insopportabile petulanza che Washington ha mostrato in tutti i fori internazionali da mezzo secolo comincia a sparire parzialmente, non è perché il nuovo presidente abbia smesso di credere in quella caricatura di “popolo scelto” con la quale tutti i dirigenti statunitensi hanno investito il loro stesso paese di fronte al resto del mondo. Perché quella infantile e ridicola convinzione di credersi il miglior paese al mondo, di mostrarsi come il culmine del progresso universale, è condivisa anche da Obama, e i suoi discorsi ne sono la prova inconfutabile. E’ certo che Obama ha vietato l'uso della tortura, tanto usata dall’esercito nordamericano all’estero, e non si è rifiutato affinchè i responsabili della sua applicazione rispondessero di fronte ai tribunali, ma, alla fine, il Dipartimento della Difesa ha bloccato la pubblicazioni di fotografie che documentavano le torture e tutto indica che non ha nessuna intenzione di chiedere chi siano i responsabili. Inoltre, il Segretario di Difesa di Bush, Robert Gates, continua a svolgere la stessa funzione con Obama, e la finanziaria per la difesa è aumentata nonostante quanto fosse già stato destinato da Bush.

Dopo quasi un anno , Guantanamo non è stato ancora chiuso, anche se è stata annunciata la chiusura a gennaio del 2010. Non ha messo fine al terrorismo di Stato, nè si ha finito con i bombardamenti su popolazioni civili, né Obama ha rinunciato all'uso di mercenari in diversi scenari. Durante la campagna elettorale, è stata fatta una sorprendente differenziazione tra Afghanistan e Iraq, come se la guerra e l’occupazione di tutti e due i paesi non formasse
parte dello stesso progetto di controllo e di dominio del Medio Oriente e, se possibile, dell’ Asia Centrale. In Iraq, è stato annunciato il ritiro dell’esercito americano ad agosto del 2010, anche se è un annuncio trappola, come vedremo. Con l’ambizione di cambiare la percezione che il resto del mondo ha degli Stati Uniti, finendo con la politica estera aggressiva di Bush, Obama ha teso la mano alla Russia, alla Cina, ed ha annunciato il suo impegno di cambiare il Medio Oriente, dedicando speciale attenzione al conflitto tra Israele e i palestinesi, e ad una nuova relazione con l’ America Latina.

Il discorso a Il Cairo, il 4 giugno, offrendo una mano tesa ai musulmani del mondo, manteneva nell’essenza l' abituale politica nordamericana, con una nuova retorica. Animato dai precari successi in Iraq, mentre si tesse un filo spinato di un protettorato, Obama ha annunciato che
la priorità sarà la guerra in Afghanistan, inviando altre truppe e facendo pressione sui suoi alleati della NATO perché seguano la stessa strada, nonostante la reticenza della Germania e della Francia. Ignorando l’evidenza, Obama continua a mantenere la retorica bushiana che l’ intervento in Afghanistan è fondamentale per evitare altri attacchi terroristici sul territorio statunitense, anche se l’invasione del paese è stata progettata per controllare l’ Asia Centrale. Il ricorso alla “guerra contro il terrorismo” suppone di continuare ad utilizzare una bugia per camuffare gli interessi nordamericani, perché il terrorismo, degli attacchi mortali e vistosi come alcuni dei loro attentati, è il problema minore nel mondo, utile per manipolare l’emozione dei cittadini e incapace di creare il minor problema per potere globale nordamericano. Mentre il Pakistan minaccia la bancarotta, in Iran la diplomazia nordamericana apre la sua via alla negoziazione, anche senza rinunciare alla destabilizzazione. In Europa è molto difficile che Obama inizi una nuova politica, definita oggi dalla costante pressione sui suoi alleati, convertiti di fatto in ostaggi (la Francia e la Germania, ma anche la Gran Bretagna),per il rifiuto ad una maggiore autonomia europea e per l’uso dei nuovi governi dell’ Est continentale (i Baltici, Polonia, Ucraina, Georgia) come arieti degli interessi nordamericani in Europa, nazioni che agiscono come veri paesi satelliti di Washington, a volte adottando atteggiamenti più cattolici dello stesso Papa nordamericano.

La funzione della NATO, che a Washington è vista come lo strumento di una nuova politica imperiale nordamericana nell’insieme del pianeta, è un’ altra delle questioni sospese, e Obama, come Bush, si orienta a trasformarla nell’agente universale degli interessi nordamericani. Così acquista senso l’esigenza dei suoi alleati europei dell’invio di nuovi soldati in Afghanistan. In America Latina, dove gli Stati Uniti sono in evidente declino, Obama non ha cambiato nella sostanza la politica verso Cuba, Venezuela e Bolivia, accompagnata da un’azione a volte contraddittoria: in Honduras, Washington qualifica il governo di Micheletti illegale, ma la USAID lo finanzia, anche se l’agenzia giustifica le proprie azioni con il pretesto di "Aiuti umanitari". L’apparizione di nuovi attori progressisti nel continente è stata facilitata dai grossi problemi di Washington in altri scenari, e si sta consolidando, con prudenza, la nuova autonomia del Brasile e sorge all’orizzonte il pericolo di un maggiore allontanamento argentino. Il Brasile ha preso distanza dal dollaro, anche se non rompe la sua alleanza con Washington. La risposta del nuovo governo di Obama è la militarizzazione della Colombia, installando sette nuove basi militari, e un nuovo disegno nel suo tradizionale dispiegamento nel continente. Il Medio Oriente è uno dei grandi scenari della lotta internazionale per la divisione di nuove aree d’influenza e la questione palestinese contagia tutti gli attori. Obama avrebbe difeso i diritti del popolo palestinese, anche se dalla presidenza, nelle questioni fondamentali, mantiene la posizione tradizionale degli Stati Uniti, la cui diplomazia continua a sostenere che la violenza palestinese è il grande problema del conflitto: ieri la OLP, e oggi Hamas, senza riconoscere che il vero scopo dell'espropio delle terre palestinesi è la creazione di uno Stato razzista, che cerca la sua espansione territoriale e che non è disposto a riconoscere uno Stato palestinese, nonostante le tante rinunce delle organizzazioni palestinesi: Hamas aveva accettato la soluzione dei due Stati sulle frontiere prima delle guerre del 1967.

Washington esige la cessione della “violenza palestinese” ma omette questa esigenza per Israele,
nonostante l’ enorme differenza tra la sofferenza causata dagli uni e dagli altri, e senza far nessun riferimento al potere atomico israeliano (mentre si insiste sul pericolo del programma nucleare iraniano), nè ai cinque milioni di rifugiati palestinesi che in tutta la zona a malapena riescono a sopravvivere. Nonostante la nomina del burattino George Mitchell, e una retorica che insiste nel diritto alla pace e alla terra per israeliani e palestinesi, che potrebbe basarsi nella risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza della ONU, Obama non si è distanziato minimamente dal sostegno statunitense allo Stato di Israele. La finzione di presentare la diplomazia nordamericana come la mediatrice tra due nemici, israeliani e palestinesi, nasconde egoisticamente la realtà che Israele è un' efficace Stato cliente che mantiene il dominio occidentale e nordamericano soprattutto in Medio Oriente. Così, la mascherata antipatia di Netanyahu con le nuove proposte di Obama non nasce dal fatto che siano veramente equilibrate e cerchino una giusta soluzione e definitiva al dramma palestinese, ma dal fatto che a Tel Aviv sono troppo abituati ad imporre i loro punti di vista, come lo testimoniano gli anni persi sotto la direzione di Condoleezza Rice. E’ bastata una piccola petizione nordamericana perché Israele non costruisse nuovi insediamenti (illegali da ogni punto di vista, anche per la giustizia israeliana) perché Netanyahu si mostrasse provocatorio. Il primo ministro israeliano ha chiarito il suo rifiuto per l'esistenza di due Stati, e tutto indica, che nonostante l’appoggio di Obama alla creazione di uno Stato palestinese (anche Bush lo aveva detto), gli Stati Uniti non forzeranno la mano del loro alleato- cliente israeliano.

Non c’è, quindi, una svolta nella politica verso Israele
, e neanche nella pretesa di continuare emarginando la Siria, e se Abbas crede che la creazione dello Stato palestinese avverrà per mano di Obama sta commettendo un grave errore. Per l’Iraq, il nuovo presidente si riserva il ruolo della grande portaerei dell’esercito nordamericano in Medio Oriente: non bisogna dimenticare che la responsabile della diplomazia, Hillary Clinton, ha annunciato che quasi 100.000 soldati nordamericani sarebbero rimasti nel paese per altri 15 o 20 anni, cioè, fino al 2029, quando- se il mondo non lo impedisce- si compirà un quarto di secolo di occupazione militare. In modo che l’annuncio della ritirata dell’esercito fatto da Obama nasconde la realtà che l’ Iraq continuerà ad essere un paese occupato. In Afghanistan, trasformato in un “narcostato”, alla frode elettorale che ha proclamato vincitore Hamid Karzai si aggiunge una sanguinosa occupazione che non ha risolto nessuno dei problemi del paese. I signori della guerra, complici di Washington, continuano a controllare il territorio, e il fratello del dittatore, Wali Karzai, è uno dei principali trafficanti di armi e di droga afgane. La speranza che le elezioni consolidassero il processo politico si è rivelata nulla, e il rischio che il Pakistan sia coinvolto nel combattimento è reale, perché, otto anni dopo l’inizio dell’occupazione, Obama non punta sulla fine del conflitto ma per la continuazione della guerra. La nomina del generale Stanley McChristal come capo dell’esercito nordamericano in Afghanistan non è neanche una buona notizia: durante il suo soggiorno in Iraq, le torture ai prigionieri facevano parte delle tattiche giornaliere. Neanche nel Pakistan le cose con Obama sono cambiate: i bombardamenti nordamericani, con frequenza sulla popolazione civile, sono continuati come durante il periodo di Bush. Né vi è alcun approccio alle esigenze di difesa iraniane, e l'offerta di Obama di negoziazione con Teheran inoltre nasconde la pressione costante sul teocrazia iraniana.

Al di là delle considerazioni sul sanguinario regime politico degli ayatollah (che condivide con Israele il fatto di essere governati dall' estrema destra e dal fanatismo religioso), la legittima preoccupazione per la difesa dell’ Iran fa si, che anche se continuano senza riconoscerlo apertamente, la scommessa di Jatamì e Ahmadineyad per ottenere l’arma nucleare sia vista come legittima da molti paesi: si, nella zona, Israele la possiede, e il Pakistan e l’ India anche, perché l’ Iran, non dovrebbe farlo? Inoltre, conformemente agli accordi internazionali è insostenibile che le grandi potenze abbiano armi atomiche e contestare all’ Iran il voler pretendere la stessa cosa. Senza dimenticare che gli Stati Uniti hanno 29 basi militari nella regione, tra la Turchia, l’ Arabia, il golfo, Oman, Pakistan e Afghanistan, più l’insediamento in Iraq e le sedi in Asia Centrale, vicine anche all’ Iran…..da aggiungere al potere militare israeliano.
Non è ragionevole che l’ Iran pensi alla sua difesa? Nonostante tutto, l’accettazione da parte di Teheran che l' OIEA ispezioni le installazioni di Qom da un' opportunità alla diplomazia. La relazione con la Russia continua ad essere una delle questioni centrali della politica estera di Washington. A febbraio, durante la Conferenza Internazionale sulla sicurezza, a Monaco, il vicepresidente Joseph Biden, che ha parlato della “nuova era”, ha offerto il “reinizio” delle relazioni con Mosca dopo il periodo Bush, ma non ha rinunciato allo scudo antimissili nè ha chiarito la posizione nordamericana in relazione al disarmo atomico, nonostante i desideri espressi da Obama di lavorare per un mondo senza armi nucleari. Quando Obama è andato a Mosca, gli Stati Uniti e la Russia hanno firmato accordi per un nuovo trattato START, avanzando l’idea che i sistemi balistici dovrebbero collocarsi tra le 500 e 1.100 unità, con un totale tra i 1500 e 1675 testate atomiche, da completare in un periodo fino al 2017.

I contatti diplomatici e gli incontri tra Medveded e Obama sono serviti per raggiungere alcuni accordi parziali: tutti e due erano d’accordo che avrebbero fatto uso solo di armi nucleari strategiche offensive nel loro proprio territorio. La Russia ha accettato che gli Stati Uniti potessero realizzare 4500 voli, all’anno, senza bisogno di pagare nulla, per facilitare il trasporto di esercito e di armi attraverso il territorio russo in direzione dell'Afghanistan. Ancora c'erano divergenze sullo scudo antimissile e la Georgia; di fatto, Medvedev aveva firmato nella riunione del G-8 che la Russia avrebbe dispiegato sistemi di missili Iskander nella regione di Kaliningrado se gli Stati Uniti continuavano con i loro piani sullo scudo, falsamente difensivo, e anticipò che l’accordo su START sarebbe dipeso dalla rinuncia di Washington di installarlo in Polonia e Repubblica ceca. Il clamore con cui l’annuncio di Obama, che rinunciava allo scudo e dei missili intercettori in Polonia, è stato colto dai mass media europei era infondato, perché gli Stati Uniti non hanno mai sostenuto che lo “scudo antimissili” non si sarebbe mai creato in Europa, ed è molto probabile che prenda un’altra forma: può essere dispiegato in navi nei mari freddi del nord dell’ Europa.
Non c’è una “rinuncia” allo scudo, ma una rielaborazione, con lo sguardo verso Mosca per riuscire ad avere una collaborazione sulla questione iraniana.

Ci sono molti altri problemi che avvelenano la relazione tra i due paesi: le frontiere della Georgia, e l’ipotetica incorporazione alla NATO, forzata dagli Stati Uniti, di questo paese e dell’ Ucraina (la cui popolazione rifiuta l’entrata), inoltre le questioni legate con lo sfruttamento degli idrocarburi nella zona del Caspio e dell’ Asia Centrale. C’è anche la questione del Kosovo, la cui indipendenza è rifiutata da Mosca e augurata da Washington. Mosca rifiuta duramente la possibilità che la piccola Georgia e la gigantesca Ucraina si incorporino alla NATO, e cerca di limitare la penetrazione nordamericana nel Caucaso e nel nord del Mar Nero. La crisi economica, e la debolezza del dollaro sono altri dei motivi di frizione: il governo russo ha ammesso, in occasione del summit del BRIC a giugno, che pensava di collocare una parte delle sue riserve monetarie in strumenti finanziari (buoni) di paesi come la Cina, India e Brasile, qualcosa che Washington interpreta come un’azione aggressiva da parte di Mosca. Il New York Times e il resto della stampa nordamericana speculavano, allarmando la popolazione sul desiderio di Mosca di “colpire gli Stati Uniti”.

Bisogna ricordare che, violando i compromessi sottoscritti con Gorbaciov, l’espansione militare nordamericana è continuata: la NATO degli anni sovietici contava 16 paesi membri, mentre che attualmente ha 28 paesi integrati, e si continua a speculare sul suo allargamento. Senza dimenticare che, nonostante le buone parole, gli Stati Uniti hanno impulsato una strategia di vero accerchiamento verso la Russia e di intromissione nella sua periferia: Washington dispone di basi militari in 7 delle 15 vecchie repubbliche sovietiche, e inoltre, con Obama, la tentazione di continuare ad organizzare e finanziare “rivoluzioni arancioni” continua ad essere presente a Washington. Questa politica combatte Mosca con l’intento di articolare uno spazio economico e difensivo che integri il maggior numero possibile di vecchie repubbliche sovietiche, e nella crescente collaborazione con la Cina, sia nell' Organizzazione di Cooperazione di Shanghai, che si è consolidata negli ultimi cinque anni, così come nella coordinazione di fronte a potenziali conflitti diplomatici come l’ Iran o Corea del Nord. Inoltre, Mosca affronta la riforma delle forze armate russe e delle sue truppe di missili strategici, e con la sua fulminante risposta alla provocazione georgiana dell’estate 2008 (equipaggiata con armi fornite da Washington, che ha dato il suo consenso all’aggressione e alla guerra) tracciò una chiara linea rossa agli Stati Uniti. D’altra parte, con Obama, i nordamericani non hanno annullato i piani elaborati sotto la presidenza di Bush sull’ampliamento della NATO ed il suo intervento in aree non coperte dal Trattato fondante (come in Afghanistan, per esempio), sulla creazione di nuove basi militari nei suoi paesi satelliti dell’ est europeo (trasportando le installazioni dalla Germania e altri paesi della parte occidentale del continente), sulla militarizzazione dello spazio e, anche, sull’introduzione di dispositivi militari aggressivi nella regione gelida dell’ Artico. La negoziazione sul nuovo trattato che sostituisca lo START-1 è una delle prove di fuoco per Obama, ma, perché sia credibile il proposito annunciato di costruire un mondo senza armi nucleari, gli Stati Uniti dovrebbero accettare nuovamente l’ ABM o accettare di aprire negoziazioni incamminate ad elaborare un nuovo accordo che raccolga il suo spirito.

La Cina è la grande priorità della politica estera nordamericana: Hillary Clinton ha riconosciuto che le relazioni bilaterali decisive nel XXI secolo saranno quelle della Cina e degli Stati Uniti. A metà febbraio, il primo viaggio all’estero della nuova segretaria di Stato è stata in Cina. Il tour è stato decorato con visite parallele in Giappone e Corea del Sud, tradizionali alleati, e in Indonesia, ma la meta chiave era Pechino. Non c' è da meravigliarsi:
gli Stati Uniti sono il paese più indebitato del pianeta: la congiunzione del debito dello Stato, più quello delle sue aziende e delle famiglie, sale a 70 miliardi di dollari, con i costi per il pagamento degli interessi che, in pratica, hanno fatto fallire il sistema nordamericano, che è sostenuto dalla continua stampa di moneta, di dollari- spazzatura che consegnano al mondo in cambio di beni e di prodotti e per il ricorso al finanziamento estero. E l'acquisto da parte della Cina di buoni del tesoro è stata una premessa fondamentale per l’attività governativa degli USA. Il doppio deficit, commerciale e fiscale, crea una situazione che non si può sostenere per molto tempo. Questo era il punto del viaggio della segretaria di Stato. A marzo di quest’anno, il primo ministro cinese, Wen Jiabao, ha reso pubblica la sua preoccupazione per la sicurezza delle riserve cinesi in dollari, in vista della crisi nordamericana. Di fatto, è un’evidenza che l’attuale sistema permette a Washington di mantenere dei grandi deficit e un enorme spesa militare che, in altro modo, sarebbero al di fuori delle possibilità reali dell’economia nordamericana.

Inoltre, il sempre più precario
e discusso ruolo del dollaro come valuta di riserva internazionale, ha indotto il governatore della Banca Popolare Cinese, Zhou Xiaochuan, a proporre di sostituire la moneta nordamericana con i diritti speciali di prelievo del FMI. La Russia ha anche proposto idee, simili, proponendo d’includere lo yuan cinese e del rublo, inoltre dell’oro, nel paniere di divise (dollaro, euro, libra e yen giapponese) che definisce questi diritti speciali di prelievo. La Cina possiede più di due milioni di miliardi di dollari in divise, buona parte di essi in buoni del tesoro nordamericano (che ha deciso di continuare a comprare), ed è preoccupata per il futuro di questi attivi, e ritiene, inoltre, che l' attuale ruolo insostenibile del dollaro offre indebitivantaggi agli Stati Uniti. La proposta di creare una moneta internazionale di riserva che sostituisca il dollaro è stata rifiutata da Obama, cosciente che questo implicherebbe l’inizio della fine del predominio nordamericano- Nonostante tutto, la Cina sa che non le interessa una crisi non controllata del dollaro che causerebbe severe perdite alle sue riserve. In pratica è un curioso paradosso: Pechino ha la capacità per danneggiare seriamente la divisa nordamericana, ma al prezzo di causare un simile danno irreparabile alla sua propria economia. Oggi come oggi, ancora non esiste una divisa alternativa al dollaro: da qui, l’inesistenza nella creazione di una nuova moneta internazionale di riserva. Le differenza tra i due paesi sul modo di affrontare la crisi sono note e la tentazione protezionistica, molto presente nel circolo Obama, ha portato a Washington a riscuotere tariffe abusive pneumatici cinesi, per esempio, violando le disposizioni della OMC, pur affermando che gli Uniti non vogliono una guerra commerciale con la Cina, facendo pressione su Pecchino, tramite un'intermediario di Gordon Brown, ed esigendo che la Cina "compri di più in altri paesi”, come se questa circostanza fosse una delle cause della crisi economica degli Stati Uniti, e il summit di giugno a Ekaterinburg tra i principali capi della Russia, Cina, India e Brasile, dove si è discussa la convenienza di una nuova moneta di riserva internazionale, indicava anche la nascita di un nuovo polo mondiale.

La proposta (lanciata da circuiti vicini al potere nordamericano: Brzezinski, per esempio, che consiglia Obama, è stato visto con massima preoccupazione dall' UE e dal Giappone) per stabilire un G-2, che fosse, di fatto, un direttorio mondiale per affrontare la crisi economica e i problemi globali, è stata rifiutata da Pechino, che insiste nel multilateralismo come strumento di collaborazione internazionale. Wen Jiabao ha considerato che l’ idea di un G-2 era una strada senza uscita. Gli Stati Uniti stanno cercando di stabilire un direttorio simile, ma la rilevanza politica che ha questa proposta è che significa un'implicita ammissione che il programma di unilateralismo americano lanciato da Bush e la sua posizione dominante solitaria a livello mondiale (XXI secolo Americano) non è riuscito. Così gli USA si muovono ancora tra la forzata rinuncia ai piani di Bush, sconfitti dalla realtà, il bisogno di collaborare con la Cina e un’inerzia imperiale che Obama non ha rotto. Poco dopo di essere stato confermato dal presidente, il segretario della Difesa; Robert Gates, ha detto di fronte al Senato che il suo paese era preparato per affrontare “qualsiasi minaccia militare che potesse provenire dalla Cina”, come ha raccolto il New York Times il 27 gennaio. A marzo, il Dipartimento della Difesa nordamericana presentava un documento sul potere militare cinese dove criticava la riforma e lo sviluppo del suo esercito e suggeriva che Pechino stava cambiando la sua concezione tradizionale strategica (guerra esclusivamente per difendere il proprio territorio) con la possibilità di guerre limitate alla sua sfera di influenza prossima.

L’evidente travisamento della politica estera cinese è stata tale che Pecchino presentò una protesta diplomatica. In relazione all’arsenale nucleare, la Cina, in occasione della solenne celebrazione del 60° anniversario della rivoluzione, ha affermato, allo stesso modo della Russia, la sua decisione di non essere mai “il primo paese ad usare armi nucleari”. Gli Stati Uniti si rifiutano a contrarre un simile impegno.
Da parte sua, Timothy Geithner, segretario dell’ Economia, ha accusato Pechino di manipolare la sua moneta, rendendo responsabile la Cina di una parte delle difficoltà nordamericane. E’ una costante: a febbraio, il responsabile dell’ Intelligence nordamericana, Dennis Blair, ha presentato al Senato l’analisi dei suoi servizi, identificando la crisi economica come la minaccia principale e la Cina e l’ India come i paesi che avrebbero concentrato il potere mondiale, a lungo termine, e anche se ha riconosciuto che la Cina lavora per mantenere buoni rapporti con il resto delle grandi potenze e che la sua politica estera è pacifica, ha comunque sorpreso il crescente potere economico cinese e il rafforzamento della sua Armata e dell’ esercito popolare, e sottolineò il desiderio cinese di aumentare la sua influenza nel mondo. In questo senso, il cambiamento politico del Giappone e la proposta del nuovo primo ministro, Yukio Hatavama, di creare una Comunità dell’ Asia orientale, dotata di una moneta comune (che ha già avuto l’ OK da parte di Pechino) è vista con molta preoccupazione da parte di Washington. Obama è disposto a fare maggiore affidamento sul Giappone, il cui governo era sospettoso delle misure prese da Bush nel trattamento della denuclearizzazione della penisola coreana. Le negoziazioni con Pygongyang sono un altro punto di frizione tra Pechino e Washington. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti mantengono la pressione su altri scenari: gioca la carta di Taiwan, e dispone di portaerei di propulsione nucleare per controllare la zona, dotati di decine di aerei da combattimento, con basi permanenti in Giappone.

In una riunione con Clinton a Washington, il ministro degli esteri cinese, Yang Jiechi, ha sottolineato l'impegno cinese per la collaborazione, ma non ha dimenticato di menzionare che gli Stati Uniti deve agire con cautela nella questione di Taiwan (e nell’affrontare le questioni riguardanti il Tibet), ricordando
l' impegno degli Stati Uniti per l'idea di "una sola Cina". La vittoria di Koumintang nelle elezioni di Taiwan ha fortificato la cooperazione tra i due lati dello Stretto, indebolendo le posizioni indipendentiste che per molto tempo sono state stimolate dagli USA. L’incontro tra Obama e Hu Jintao è servito anche per rilanciare la cooperazione e la discussione sulle questioni militari: Pechino aveva ben presente che, con il governo di Bush, una delle ultime decisioni di Washington era stata la vendita di un nuovo armamento a Taiwan per un valore di quasi sette mila milioni di dollari. Allo stesso tempo, Washington assiste impotente alla consolidazione dell’ Organizzazione di Cooperazione di Shangai, OCS, anche se sembra che il suo ruolo continuerà ad aumentare sia in Asia che nel mondo. In altre riunioni, Obama ha riattivato la sua politica estera: a fine luglio, Hillary Clinton, annunciava il “ritorno“ degli Usa sulla scena del sudest asiatico, attraverso l’impulso di una nuova relazione con la ASEAN ( formata da dieci paesi dell’ Asia, tra cui l’ Indonesia, la Malesia , le Filippine, la Birmania, la Tailandia e Vietnam), decisione che era un riconoscimento implicito del declino nordamericano nella zona e la proclamazione di una volontà di contenere la Cina, i cui legami ed influenza sono aumentati considerevolmente nel sudest asiatico. Le esagerate e teatrali lodi della stampa europea al nuovo presidente nordamericano, occultano la realtà del vero miraggio Obama. Perché non vi è, in sostanza, una nuova politica estera americana, a prescindere dalle correzioni forzate dall'evoluzione dei conflitti. Possiamo concludere che, con la nuova presidenza, la politica estera nordamericana è la continuazione della precedente epoca, anche se con espressioni più moderate, e che il multilateralismo di Obama è, più che una decisione del suo governo, una revisione obbligata e Washington non ha altra scelta che adottarla, di fronte all’evidenza che gli Stati Uniti, durante gli otto anni di Bush, hanno fallito nel loro intento di imporre la loro visione messianica del ruolo nordamericano nel mondo, e, che il disastro dell' unilateralismo e la continuazione delle guerre in Iraq e in Afghanistan (otto anni dopo!) hanno precipitato la crisi, rendendo visibile al mondo che l’ inizio della decadenza nordamericana non è un’ipotesi del futuro, ma la precisa fotografia del momento storico.

Fonte: http://www.elviejotopo.com/web/archivo_revista.php?arch=1336.pdf

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di
VANESA

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6 novembre 2009

LA "TUTELA DEL CONSUMATORE" NELL'ERA DELLA SPOLIAZIONE DEI DIRITTI


di Stefano D’Andrea

Consumatore è termine polisemico. Esprime, almeno, tre concetti: giuridico economico sociologico. Il meno noto dei tre è forse il concetto giuridico. Eppure esso ha una rilevanza notevole, che tuttavia sfugge ai più, i quali sono ingannati dalla propaganda e dalla mitificazione mediatica.

Muoviamo dall’interrogativo di fondo, che è il seguente: se le normative di tutela del consumatore ci difendono, nella nostra qualità di uomini, cittadini e lavoratori, come mai quelle normative sono state in gran parte introdotte nell’ordinamento italiano negli anni novanta del secolo scorso e nei primi anni del secolo nuovo, ossia proprio nel periodo in cui il legislatore – indifferentemente di centrodestra o di centrosinistra – si accaniva contro di noi, ci spogliava di diritti che avevamo acquisito come cittadini e lavoratori e ci lanciava in pasto alla televisione commerciale lasciandoci annichilire come uomini?

L’interrogativo va riformulato con maggiore analiticità. Possibile, intendo dire, che negli stessi anni in cui il legislatore eliminava la stabilità del posto di lavoro; perseguiva la moderazione salariale, abbandonava il principio del carattere personale della prestazione professionale, abrogava le norme che prevedevano l’equo canone, svendeva il patrimonio immobiliare pubblico e cessava il finanziamento della edilizia popolare e cooperativa, così incidendo sul costo del diritto alla casa; abbassava i rendimenti delle pensioni; toglieva ai creditori titolari di modesti crediti il potere di far fallire la impresa debitrice, così diminuendo l’effettivo “valore” dei crediti; prevedeva espressamente che il know-how è un bene dell’impresa (e non una conoscenza collettiva); aumentava l’ambito dei beni brevettabili e tutelabili con la proprietà intellettuale e creava i “diritti sportivi”, che sono anche essi privative, così sottraendo beni alla collettività; rendeva generale l’anatocismo bancario (ossia la produzione degli interessi sugli interessi prima della domanda); trasformava in senso classista e chiuso il sistema politico con il passaggio dal proporzionale al maggioritario e con la introduzione dello sbarramento del 4%; ammetteva definitivamente la totale diffusione della televisione commerciale; e distruggeva la scuola e le università pubbliche ponendole al servizio dell’impresa, possibile, dicevamo, che in quegli stessi anni il legislatore abbia introdotto numerose leggi di “tutela del consumatore”, le quali, a differenza delle altre alle quali abbiamo accennato e di molte altre che avremmo potuto indicare (per un elenco più completo vedi qui), avrebbero riconosciuto diritti a quell’uomo-cittadino-lavoratore che invece era colpito, in tutti i modi possibili e immaginabili, nelle tasche, nella dignità, nella stabilità di vita, nelle prospettive di crescita e di mobilità sociale, dalle altre leggi, che chiamerei di spoliazione? Come si colloca la disciplina di tutela del consumatore all’interno di un’epoca di spoliazione?

Tre sono le ipotesi che è dato formulare e ovviamente è possibile che l’esame delle diverse discipline di tutela del consumatore riveli che ciascuna di esse trovi conferma in una o altra norma di legge.

La prima è che il legislatore abbia voluto indennizzare il cittadino della spoliazione che perseguiva. Il legislatore toglieva da un lato – in realtà da molti innumerevoli lati – e dava dall’altro, quello della tutela del consumatore, per compensare l’uomo, il cittadino e il lavoratore dei mille diritti, possibilità e prospettive perduti. La tutela del consumatore come indennizzo per la spoliazione, insomma.

La seconda è che si sia trattato di valium. La tutela del consumatore è soltanto un palliativo, un narcotico, che serve a dare un certo “benessere” al singolo mentre è spogliato di diritti e isolato dagli altri singoli individui, per effetto della immersione nell’immenso presente mediatico e della sollecitazione spasmodica dell’infantile e primordiale io desiderante, e così reso dimentico che il singolo individuo è o potrebbe essere parte di un popolo, con una storia tutta da costruire dinanzi a sé.

La terza ipotesi è la più dura da digerire e potrebbe davvero farci arrabbiare se, al momento della verifica, ci rendessimo conto che essa trova anche soltanto un parziale fondamento. La formulo con una domanda. E se si fosse trattato di un lubrificante, per non utilizzare un termine più specifico il cui uso è sconsigliabile perché allude inesorabilmente ad un tabù? Se fosse stato necessario questo lubrificante per penetrare nell’anima e nella mente dei cittadini e operare la definitiva manipolazione? Se la tutela del consumatore era un passaggio necessario o comunque utile per realizzare gli obiettivi ai quali miravano le leggi di spoliazione? Se vi fosse complementarità, e non compensazione, tra “tutela del consumatore” e “leggi di spoliazione”? Se soltanto l’uomo che si vede e si pensa come consumatore, che desidera essere tale e che non sa più nemmeno vedersi e pensarsi diversamente, poteva accettare la spoliazione di diritti, individuali e collettivi, di prospettive e tradizioni, nonché di essere sradicato da un popolo e da una storia e, quindi, sprovvisto di progetto?

In altri brevi articoli che seguiranno indagheremo se e in che misura le tre ipotesi trovino conferma nella variegata “disciplina di tutela del consumatore”.

Fonte: http://www.appelloalpopolo.it/

LA NUOVA UE E IL POVERO D'ALEMA

di Decio Siluro

Massimo D’Alema, e con lui tutta la dirigenza dell’ex Pci, ha fatto una fatica incredibile per diventare liberista e filo atlantico. Ha dovuto dimenticare tutti gli insegnamenti ricevuti alla scuola quadri delle Frattocchie; è andato in pellegrinaggio più volte negli Usa; da presidente del consiglio ha persino fatto bombardare la Serbia per dimostrarsi affidabile per la Nato; pare addirittura che quando guarda i vecchi film di Peppone e Don Camillo faccia ormai il tifo per il personaggio interpretato da Fernandel.

Tutto inutile. L’ambasciatore polacco presso l’Unione europea, Jan Tombinski, incontrando alcuni giornalisti ieri mattina a Bruxelles, riferendosi ai candidati per il posto di Alto rappresentante per la politica estera Ue, che, in base al Trattato di Lisbona, sarà anche vicepresidente della Commissione Europea e avrà un suo servizio diplomatico, ha espresso il “non gradimento” del blocco ex sovietico verso il povero D’Alema. Il motivo? Il suo passato comunista. In seguito è arrivata una più conciliante precisazione da parte della rappresentanza permanente della Polonia a Bruxelles, ma Tombinski era stato fin troppo chiaro: “sarebbe meglio avere una persona la cui autorità non potrebbe esser contestata a causa del suo passato".

In difesa di D’Alema è così dovuto intervenire Berlusconi che avrebbe chiamato le cancellerie europee per spiegare che quella dell’esponente del Pd “è una candidatura forte”. Il Cavaliere avrebbe sentito Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, e avrebbe sondato anche altre cancellerie, come quella inglese e quella portoghese.
Ma come, si sarà chiesto D’Alema, Gianfranco Fini viene ormai ricevuto con tutti gli onori a Tel Aviv, dimenticando tutti il suo passato “fascista”, ed io devo ancora pagare i miei trascorsi nel Pci?
Una differenza però c’è e vogliamo rammentarla al povero D’Alema. Lui, comunista lo è stato veramente, Fini, fascista, non lo è stato mai, al massimo possiamo concedergli di aver in buona fede per un po’ creduto di esserlo, nulla di più.

Se fallisse il progetto di trasloco di D’Alema in Europa, lo ammettiamo, ci dispiacerebbe. Certo, le probabilità che l’esponente del Pd ricordi ancora gli insegnamenti ricevuti in gioventù sul senso dello Stato sono deboli, ma c’è sempre la speranza che possa ritrovare una traccia di quel suo passato che lo dovrebbe rendere avversario del capitalismo selvaggio, di quel modello che la cricca mondialista vorrebbe imporre all’Europa per annientarne ogni sua identità. Certo, non bisogna dimenticare che già a metà del secolo scorso il Pci divenne collaborazionista degli americani nell’invasione dell’Italia, ma comunque allora erano in corso altre strategie e lo scenario attuale è completamente differente. Ci preoccupa invece un D’Alema nominato ma bisognoso di dimostrare continuamente la sua atlanticità, sarebbe una iattura, per tuta l’Europa.

Fonte: Rinascita.info

5 novembre 2009

LA COMMISSIONE TRILATERALE DOMINA IL GOVERNO DI OBAMA


di Patrick Wood
TheAugustReview.com

Nei suoi primi dieci giorni, Barack Obama ha designato nella Commissione Trilaterale undici importanti membri chiave della sua amministrazione. Così introdusse una potente forza esterna nella leadership del suo governo, ma con un’agenda di base che piuttosto danneggia i cittadini USA.

Oltre a queste nomine, Obama ha portato alla Casa Bianca rilevanti membri della Commissione Trilaterale, come il suo consigliere principale in politica estera Zbigniew Brzezinski, co-fondatore della Commissione insieme a David Rockefeller.

La Commissione Trilaterale ha una grande responsabilità sullo stato attuale del mondo. Si è costituita nel 1973 come un centro mondiale di presunti pensatori che hanno progettato il giro multinazionale del capitalismo verso il cosiddetto neoliberismo, che è stato solo una radicalizzazione della destra neo-conservatrice, della concezione keynesiana più classica dell’economia, del ruolo dello Stato, l’intensificazione dello sfruttamento mondiale del lavoro e dell’egemonia militare mondiale dei paesi più ricchi del pianeta e delle loro corporazioni transnazionali.

La Trilaterale è una specie di grande partito politico mondiale di destra. Secondo il loro sito web, è stato formato da privati cittadini del Giappone, Europa (paesi dell’ UE) e Nord America (USA e Canada) per promuovere una collaborazione più stretta tra le aree industrializzate democratiche rilevanti del mondo [in opposizione al campo socialista di allora] e condividere responsabilità di gestione in un sistema internazionale più ampio.

Secondo la lista ufficiale, la Commissione Trilaterale è composta da 424 membri, ma solo 87 appartengono agli Stati Uniti e altri 337 provengono da altri paesi. Così, nelle sue prime due settimane, Obama ha nominato la quota di rappresentati governativi, che costituiscono il 12% della Trilateral, per esempio la nomina permanente di William Jefferson Clinton, il marito della segretaria di Stato Hillary Clinton. Le undici nomine di Obama sono ricadute sui seguenti personaggi:

Tim Geithner, Segretario del Tesoro
Susan Rice, Ambasciatrice nelle Nazioni Unite
General James L. Jones, Consigliere della Sicurezza Nazionale
Thomas Donilon, Consigliere Commissionato della Sicurezza Nazionale
Paul Volker, Presidente del Comitato di Recupero Economico
Almirante Dennis C. Blair, Direttore dell’ Intelligence Nazionale
Kurt M. Campbell, Segretario di Stato Ausiliare- Asia e Pacifico
James Steinberg, Commissionato della Segretaria di Stato
Richard Haass, Inviato Speciale del Dipartimento di Stato
Dennis Ross, Inviato Speciale del Dipartimento di Stato
Richard Holbrooke, Inviato Speciale del Dipartimento di Stato.

L’amministrazione di Obama e la Commissione Trilaterale hanno molti altri vincoli. Per fare un esempio, il gruppo informale dei consiglieri del Segretario del Tesoro Tim Geithner comprende i membri della Commissione E. Gerald Corrigan, banchiere, ex presidente della Federal Reserve; Paul Volker, ora a capo della ripresa economica di Obama; Alna Greenspan, l'ex capo della Federal Reserve e Peter G. Peterson, un importante banchiere e investitore.

Il primo lavoro di Geithner, dopo essere uscito dall’università, è stato al servizio di Henry Kissinger nell’ufficio di Kissinger Associates. Il trilateralist Brent Scowcroft, che da commerciante è diventato banchiere, è stato consigliere informale di Obama e mentore dell’attuale segretario della Difesa Robert Gates. Ed è anche membro della Commissione, Robert Zoelick, ex segretario del Commercio e attuale presidente della Banca Mondiale designato dall’ amministrazione George W. Bush.

Il sito web afferma “Il corpo dei mebri della Commissione Trilaterale è composto di circa 400 capi distinti nel mondo degli affari, mass media, accademia, servizio pubblico (escludendo ministri di gabinetto nazionali attuali), sindacati e altre organizzazioni non governative delle tre regioni. I presidenti regionali, vicepresidenti e direttori costituiscono la direzione della Commissione Trilaterale, insieme ad un comitato Esecutivo che include circa altri 40 membri”.

Dal 1973, la Commissione Trilaterale si riunisce regolarmente in sessioni plenarie per discutere manifesti politici sviluppati dai loro membri. Le politiche si dibattono fino a raggiungere i consensi. I rispettivi membri ritornano ai loro paesi per l'attuazione delle politiche concordate con coerenza in questi consensi. Lo scopo originale della Commissione Trilaterale è stato la creazione di un “Nuovo Ordine Economico Internazionale” (cioè, la conosciuta globalizzazione). La sua dichiarazione attuale fortifica l’incentivo di una “collaborazione più stretta tra queste aree industrializzate democratiche dominanti del mondo con responsabilità condivise nella direzione di un sistema internazionale più ampio”.

Dal periodo dell’ amministrazione di Carter, i menbri della Commissione Trilaterale hanno portato a termine queste posizioni influenti da postazioni chiave controllati dal governo degli USA: sei degli ultimi otto presidenti della Banca Mondiale; i presidenti ed i vicepresidenti degli Stati Uniti (ad eccezione di Obama e Biden); più la metà di tutti i segretari di Stato degli Stati Uniti, e tre quarti dei segretari della Difesa.

Durante il triennio 2009-2012, l’agenda della Commissione sarà guidata da due grandi convinzioni. Primo, la Commissione Trilaterale continuerà ad essere più importante che mai per preservare la direzione condivisa dei paesi ricchi in un sistema internazionale più ampio. Secondo, la Commissione “amplierà il suo raggio d'azione per riflettere i cambiamenti più ampi nel mondo”. In questo modo, il Gruppo Giapponese è diventato il Gruppo Asia Pacifico, che include a membri della Cina e dell’ India, ed ha aggiunto membri messicani al Gruppo Nordamerica (Canada e USA). Il Gruppo Europeo continua ad allargarsi conforme all’ampliamento dell’ UE.

Aggiornamento di Patrick Word (di August Review.Com)

Il concetto di "indebito condizionamento" si presenta considerando il numero di membri della Commissione Trilaterale in alte cariche dell’amministrazione di Obama. Hanno il controllo delle nostre più urgenti esigenze nazionali: crisi finanziaria ed economica, sicurezza nazionale e politica estera.
Il conflitto d’ interessi risulta palese. Con il 75 % dei membri non statunitensi nella Trilaterale, quale influenza ha questa stragrande maggioranza sul 25 % restante?

Ad esempio, quando la Chrysler ha messo il suo fallimento sotto la protezione e il controllo dell’amministrazione di Obama, rapidamente si è deciso che il costruttore italiano delle macchine FIAT, avrebbe preso il controllo di quella compagnia. La persona nominata per l'accordo è stato il segretario al Tesoro e il ministro delle Finanze Timothy Geithner, membro della Commissione Trilaterale. Vi sorprenderebbe sapere che il presidente della Fiat, Luca di Montezemolo è anche lui un membro? Il Congresso avrebbe dovuto fermare questo accordo nel momento in cui fu suggerito.

Molti membri europei della Commissione Trilaterale sono anche massimi dirigenti dell' Unione Europea. Quale oscillazione politica ed economica hanno attraverso la loro contropartita statunitense?

Se in qualche sondaggio venisse chiesto, la maggioranza degli statunitensi direbbero che le aziende degli Stati Uniti sono le loro e che devono rimanere chiuse all’interferenza di stranieri che non abbiano agende statunitensi. Ma la maggior parte degli statunitensi non hanno la minima idea di cosa sia la Commissione Trilaterale, meno ancora dell’enorme potere che ha usurpato da quando nel 1976, Jim Carter, che fu il primo membro della Trilaterale e che poi venne eletto presidente.

Alla luce dell’attuale crisi finanziaria senza precedenti i trilaterali sarebbero inorriditi se avessero letto la dichiarazione di Zbigniew Brzezinski (co-fondatore della Commissione con David Rockefeller) impressa nel suo libro del 1971 “Tra due età: il ruolo degli Stati Uniti nell’era tecnotronica” che dice così:

“La Nazione-Stato come unità fondamentale della vita dell'uomo organizzata ha cessato di essere la principale forza creativa: Le banche internazionali e le corporazioni transnazionali sono 'ora' attori e pianificatori nei termini in cui un tempo erano attribuiti i concetti politici di stato-nazione” . (Cioè, ha inviato alla alla sala giochi in disuso i concetti basici di stato-nazione, sovranità delle nazioni e ruolo dello Stato nella società, per promuovere un mondo governato dalle banche e dalle corporazioni transnazionali).

Questo è quello che veramente sta succedendo. Le banche e le corporazioni globali sono circoli che stringono intorno alla nazione–stato, includendo gli Stati Uniti. Non hanno nessun rispetto per il giusto processo, il Congresso o la volontà popolare.

Perché hanno mantenuto gli statunitensi all’oscuro di un argomento così grande che scuote il nostro paese alla sua stessa base? La Trilaterale controlla i grandi media.

La risposta è semplice: La principale leadership dei grandi mass media d’informazione sono saturi di membri della Commissione Trilaterale, che sopprimono selettivamente le notizie che devono essere coperte, per esempio:

David Bradley, presidente dell’ Atlantic Media Company
Karen Elliot House, ex vicepresidente senior di Dow Jones & Company, ed editrice di “The Wall Street Jorunal”, proprietà di Rupert Murdoch
Richard Pleper, copresidente dell’ HBO
Charlie Rose, di PBS, Servizio Pubblico di Radio e TV degli USA
Fareed Zakaria, redattore di “Newsweek”
Mortimer Zuckerman, presidente di “U.S. News & World Reports”.

Esistono molte altre connessioni con il livello superiore dei mass-media originate dai membri o partecipanti nelle direzioni corporative e la proprietà azionaria comune. Per maggiori informazioni, consultare il libro pubblicato originalmente nel 1978 da questo scrittore, “Trilaterals Over Washngton”, che è disponibile in lingua inglese in pdf e senza nessun costo su www.AugustReview.com. In questo sito ci sono molti lavori che analizzano diversi aspetti dell’egemonia della Commissione Trilaterale negli Stati Uniti e in altre parti del mondo, dato che fu fondata nel 1973.

Fonte: http://www.argenpress.info/2009/10/proyecto-censurado-la-comision.html

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

VACCINI & MICROCHIP, IL PIANO ERA GIA' STATO RIVELATO 20 ANNI FA...


Notizia tratta dal sito http://ronpaul.blog.de attraverso la traduzione del sito theflucase.com.

Il quotidiano britannico "The Sun" nella sua edizione del 1 agosto 1989 (vedi foto qui in alto, cliccare su di essa per vederla ingrandita) recava una profetica notizia. Sotto il titolo "Il Grande Fratello sta arrivando - Rivelato piano segreto per etichettare ogni uomo, donna e bambino" venivano rivelati i piani segreti del governo per impiantare microchip in ogni persona allo scopo di ottenere il controllo totale della popolazione, anche con il pretesto di una pandemia di influenza suina.

L'articolo potrebbe essere stato scritto oggi, dal momento che i governi si preparano a realizzare una campagna di vaccinazione di massa per l'influenza suina con dei vaccini non testati e tossici, mentre molte fonti riferiscono che ci saranno dei nanochip nelle siringhe che verranno utilizzate per le iniezioni di tali vaccini.

Ovviamente molti medici che parteciperanno volontariamente a tale operazione criminale saranno probabilmente convinti dai loro mandanti che i nanochip (versione ancora più miniaturizzata dei pericolosi microchip già attualmente in uso) servono per monitorare il diffondersi dell'epidemia onde combatterla meglio. Come infatti già segnalato nel mio "profetico" articolo su microchip e vaccini l'azienda VeryChip ha realizzato un cosiddetto chip "anti-pandemia" che potrebbe essere utilizzato come foglia di fico per coprire la vergognosa operazione.

Fonte:
http://scienzamarcia.blogspot.com/

4 novembre 2009

Il "GOVERNO MONDIALE" di George Soros


di Alfredo Jalife

Dal suo letto di Procuste mentali, Soros desidera imporre un nuovo ordine globale di taglio finanziario quando il mondo vola verso l’economia politica e/o finanziaria regolate e addomesticate dall’alta politica.

Antecedenti: due mesi dopo il fallimento della banca Lehman Brothers, che ha fatto precipitare la crisi finanziaria globale, Gideon Rachman- molto vicino ad Israele e ai circoli finanziari della City, e colonnista del Financial Times- pontificò i supposti benefici per l'installazione di un "governo mondiale" (9-12-2008), inquietante idea che i suoi apologisti critici negavano in modo fariseo come una paranoica “teoria della cospirazione”.

"IL PEGGIO DELLA CRISI STA PER ARRIVARE"


di Raùl Dellatorre

“Credete che arriva il crollo del sistema capitalista? Non vi dimenticate che ci sono esperti in demolizioni”. La frase è lapidaria. La sua intenzione? Mettere in guardia circa i rischi di illudersi su quello che la crisi del capitalismo soffre, quando è questo il centro del potere, gli Stati Uniti, che continuano a gestire i tempi e le risposte globali alla crisi. Una crisi autogestita? Non tanto, ma neanche così lontano. Il suo autore? Pedro Paez Perez, l’economista che il presidente ecuadoriano, Rafael Correa, ha messo al fronte della costruzione della proposta di una Nuova Architettura per l’ America Latina, il cui primo pilastro sarà la Banca del Sud.

Paez Perez è passato da Buenos Aires per partecipare ad un colloquio organizzato dal Cefid.Ar (il centro di studi formato dalla banca pubblica e cooperativa). Questo giornalista ha avuto l' opportunità di partecipare ad un profondo scambio di idee con economisti locali nella sede di Clacso di questa capitale, un giorno dopo in un’intervista per Visiòn Siete (la televisione pubblica) e, nel mezzo, parla “mano a mano” con questo specialista. Dalla sua personalità si sottolinea l’audacia delle sue proposte e la ferma convinzione “militante” con la quale si assume la ristrutturazione del sistema finanziario e il reinserimento strategico dell'America Latina nel mondo. Quello che segue è una parte dei suoi questionamenti.

Perché crede che la crisi internazionale non ha ancora attraversato il suo momento peggiore?

La storia che “il peggio della crisi è passata” sembra essere prodotto di un ipnotismo sincronizzato dei politici, mass media e alcuni governi. E’ molto pericoloso illudersi che sia già superata, perché quello che è stato fatto fin qui, come misure correttive, non ha fatto altro che aggravare le condizioni che hanno prodotto la crisi. I miliardi di miliardi di dollari che i governi centrali hanno trasferito al settore privato non sono stati la creazione di nuovi posti di lavoro, ma di speculazione. Vediamo salire la Borsa senza nessun senso, il petrolio soffre salti spettacolari per poi crollare. I fondi d’investimento si sono rafforzati. Non c’è relazione tra quello che succede in quei mercati e l’economia reale. Nè i cambiamenti dei costi, nè la scarsità o l’eccesso della domanda o dell’offerta, nè le prospettive di crescita giustificano tali movimenti. Si stanno formando nuove bolle e adesso possono colpire principalmente l’ America Latina.

Perché l’avvertimento in modo particolare per questa regione?

Per la sua dipendenza dalle risorse primarie e del prezzo internazionale. Per la sua vulnerabilità ai movimenti speculativi di capitali. Seguite con attenzione quello che sta succedendo in alcune borse della regione. Inoltre, per la sua dipendenza monetaria. Di fronte all’indebolimento del dollaro, chi esce a sostenerlo? Le banche centrali dei paesi della regione. Gli Stati Uniti raccolgono i benefici di emissione illimitata e non hanno nemmeno bisogno di fare lo sforzo di difendere il valore della loro moneta. Ci sono pochi studi fatti sull’utilizzo della moneta come strumento di dominio. E, nonostante questo, lo svolgimento di questa crisi potrebbe essere il fattore fondamentale. Chi ha maggiore capacità di emissione è in vantaggio.

Tuttavia, spesso s' interpreta l’egemonia del dollaro mettendola in discussione perchè potrebbe essere il tallone d’ Achille degli USA come economia dominante.

C’è anche chi dice che “la crisi dell’impero è terminale” ( ride). Quando mi chiedono se arriva il cataclisma, la caduta del sistema, dico di non dimenticare che ci sono anche esperti in demolizione, capaci di controllare i detonanti, dove e quando causare il danno e, la cosa più importante, sanno cosa fare sulle macerie. Gli Stati Uniti stanno transitando la crisi amministrandola. Decidono di salvare alcuni invece di altri. Perché sono crollate le banche di investimento Lehman Brothers e Bear Stearns prima che apparissero i piani di salvataggio? Erano i nomi più emblematici del sistema finanziario statunitense, e nonostante questo li lasciano cadere perché sono quelli che avrebbero colpito la Germania e la Francia, per coinvolgerli nei costi della crisi. Quale reazione hanno avuto questi due paesi? Si sono indignati con gli USA e li hanno incolpati di tutti i loro mali. Però, a dicembre (2008), alla riunione dei 20 negli Stati Uniti sono arrivati “mansueti”. Cosa è sorto da quella riunione? Più regolazioni al sistema finanziario, ma nelle mani degli Stati Uniti e gli organismi che controlla, la Banca Mondiale e l’ FMI. Cioè hanno concentrato ancora di più la capacità di regolamentare l'economia globale. Fanno la politica e trasferiscono i costi al resto del mondo. E questo è quello che sta per arrivare. Il peggio deve ancora accadere. E’ una storiella che la crisi l’hanno loro, per il Terzo Mondo i rischi sono molto superiori.

Lei dice che il tema monetario è la chiave. Cosa significa questo per l’America Latina?

Che ora è più urgente che mai avere una struttura finanziaria completa, che costruisce le basi per un nuovo tipo di sovranità. Un' organizzazione sovranazionale che pensi alla Grande Patria latino-americana, inserendo temi che non c’erano, fino ad adesso, nè nell’agenda dell’accademia nè dei movimenti sociali, nè dei politici, come la sovranità monetaria e finanziaria. Continuare ad essere legati al FMI e agli organismi tradizionali vuol dire continuare ad essere contaminati dal Consenso di Washington, il “dogma” del neoliberismo. La prossima tappa della crisi sarà molto aggressiva con America Latina. Le condizioni che si stanno generando ci conducono alla barbarie. Dobbiamo creare le condizioni per blindare le nostre economie, e difendere la produzione ed il lavoro. Non sto neanche parlando del socialismo del XXI secolo. Dico che è imprescindibile trovare gli strumenti per affrontare le condizioni di questo capitalismo del XXI secolo.

La Banca del Sud è questo strumento?

Non solo la Banca del Sud, che sarà una Banca di sviluppo con altri tipi di priorità: la sovranità alimentare ed energetica, il finanziamento dell’economia popolare, dell’ infrastruttura che integri i popoli. Che promuove una base critica di ricerca in scienze e tecnologia, da cui partire per rinegoziare il ruolo della regione nella divisione internazionale del lavoro. Siamo ottimisti sul fatto che alla fine del 2010 possa funzionare. Ma è anche necessario avere un fondo di stabilizzazione sovrana, un Fondo del Sud, ed una moneta regionale. Sono i tre pilastri della nuova architettura finanziaria. Una proposta modulare, ma con la sovranità monetaria come elemento chiave.

Fonte: http://www.pagina12.com.ar/diario/economia/2-134488-2009-11-01.html

Tradotto pr Voci Dalla Strada da Vanesa

3 novembre 2009

UN PO' DI "SUCRE" IN UN MONDO DI AMAREZZA

Di Maximilien Arvelaiz e Manuel Cerezal

In meno di un anno, l’Alleanza Bolivariana dei Popoli d’America (ALBA- TCP) ha concepito e messo in moto un sistema regionale di compensazione dei pagamenti, il SUCRE*, associato ad un valore di scambio comune con stesso nome. Il meccanismo comincerà ad operare nel 2010.

Di fronte alla decadenza di un modello economico che molto presto sarà insostenibile, le autorità economiche internazionali si limitano a mantenerlo sotto perfusione e cercano, invano, le ricette necessarie per riattivare la crescita depressa. Si possono vedere gli sforzi, ampiamente diffusi, nei mass media, dei Premi Nobel Joseph Stiglitz e Amyarta Sen, diretti a ripensare, o meglio, a “ricalcolare”, lo sviluppo, l'espressione di una certa propensione universitaria di diluire l' emergenza della recessione attuale. Un' approcio così sterile quanto la promessa di alcuni, in vigilia dell’ennesimo summit del “G+qualcosa” di “rifondare il capitalismo”.

Non sorprende che l'interesse, per le élite economiche e politiche del mondo è quello di mantenere lo stato quo. Principalmente quando argomentano che la difesa del libero commercio, garantisce l’intensità del libero commercio, e necessario per preservare il tenore di vita degli occidentali. Però le maschere cadono quando diciassette dei venti paesi che condannano congiuntamente il protezionismo si sbrigano a proteggere le loro stesse economie nazionali e i loro sistemi industriali: il discorso economico del G-20 è chiaramente ingannevole. Tanto ingannevole quanto il signoraggio degli Stati Uniti, che rilancia la sua economia lasciando cadere il biglietto verde e continua, in questo modo, a succhiare le ricchezze al resto del mondo.

Al Sud la crisi non è nuova, e sta aggravando i suoi tre principali problemi:
  • L’ asimmetria, da una parte, tra i centri tecnologici di alto valore riconosciuti dal Nord, e dall’altra parte, tra i paesi del Sud, condannati ad essere i primi fornitori di materie prime, privandoli della possibilità di soddisfare le loro necessità fondamentali.
  • L’estrema difficoltà per gli Stati del Sud di sviluppare sistemi produttivi solidi che contribuiscano alla creazione di posti di lavoro dignitosi e al benessere della loro popolazione. Un’altra conseguenza, una in più, delle ricette neoliberali della crescita basate sulle esportazioni.
  • E, infine, l’ostacolo monetario appena sciolto dall’ FMI, che per ammortizzare le incoerenze di un mondo intossicato dai dollari mal ripartiti, recentemente ha optato per una ripartizione generale dei diritti speciali di prelievo (DTS). Diritti che, quando saranno liquidati, ci rinvieranno rapidamente alle negoziazioni delle politiche con un FMI “rinnovato” grazie ai “favori” artificiali del G-20.
Affrontandosi nella pretesa rassegnazione dei popoli di continuare a subire l'insopportabile,e come risposta modesta, ma molto concreta, a questi tre tumori che affliggono le economie del Sud, l’ ALBA (1) ha creato, il 16 ottobre scorso, il Sistema Unitario di Compensazione Regionale di pagamenti (SUCRE) (2), durante il suo settimo summit dei capi di Stato.

Questo meccanismo comincerà a compensare i flussi commerciali, ancora modesti, (3) tra la Bolivia, l’Ecuador, il Venezuela, Nicaragua e Cuba. Il SUCRE si emanciperà così simbolicamente da altri sistemi internazionali di pagamenti utilizzando un valore di scambio comune, il SUCRE. Come anteriormente l’ecu in Europa, il sucre sarà composto da un paniere di monete nazionali. Inizialmente servirà solo per i pagamentitra le banche centrali dei valori dei flussi di commercio internazionale, e non per trasferire capitali. Ma, questi sucre saranno relativamente virtuali, dato che ogni unità emessa e attribuita ad un paese avrà come contropartita il suo equivalente in moneta nazionale, depositata nel Consiglio Monetario Regionale, organo supremo del SUCRE.

Si tratta di un modo originale di utilizzare di meno il dollaro negli scambi tra i paesi vicini ed amici. Tuttavia, all’inizio il sistema dovrà necessariamente essere influenzato dalla pervasività della valuta utilizzata come riferimento per la conversione delle valute nazionali tra di loro, che è ancora il metodo di pagamento preferito di agenti commerciali; e resta anche il fatto che sarà un’ unità di riserva vincolante per le banche centrali. Dopo ogni semestre di operazioni effettuate in sucre sarà necessario, quindi, che le banche centrali convertano le loro partite in dollari, con lo scopo di ossigenare la loro bilancia dei pagamenti. Questa operazione sarà anche, e soprattutto, una forma per mantenere una politica di emissione fissa, garanzia di fiducia contro eventuali rischi speculativi.

Man mano che il commercio inter-regionale s' intensifica, il sucre guadagnerà in peso ed in credibilità. Intervallato da uno scioglimento progressivo di dollari nel tempo, si potrà farere un pagamento alternativo all’interno dell’ALBA, estendendolo anche ai servizi o anche usandolo con altri blocchi monetari in costruzione.

Emanciparsi dal dollaro implica che le autorità commerciali dei paesi membri del SUCRE rispettino il compromesso di consolidare le loro relazioni commerciali... Dal che derivano i due obiettivi a breve e medio termine:
  • In primo luogo, un' espansione equilibrata del commercio. Le prime cifre saranno simboliche: non supereranno l’equivalente di 1.000 milioni di dollari, con lo scopo di provare il sistema senza rischi. Progressivamente, queste quantità aumenteranno. Anche se oggi sono insignificanti, sarà sufficiente la crescita al ritmo degli scambi degli ultimi anni (dal 17 al 26% per anno dal 2005) per trasformarsi in consistenti. La particolarità del SUCRE sarà, in primo luogo, rispondere ai bisogni fondamentali dei paesi membri e di favorire il commercio “complementare”, riaffermando così il ruolo dello Stato nella pianificazione degli scambi;
  • L’investimento incrociato tra i paesi membri, centrato nella consolidazione dei suoi sistemi produttivi e l’applicazione del principio della solidarietà tra gli eccedenti e i deficitari cronici (4). Si tratta di essere interessati allo sviluppo degli altri con il fine di ridurre le asimmetrie commerciali e produttive.
Se il sistema si mette in marcia correttamente, allora, a fine del 2010- ed è in ogni caso quello che i presidenti degli Stati membri, desiderano- la trasformazione di una frazione delle posizioni in deficit in investimenti produttivi potrebbe cominciare a far concretizzare gli sforzi comuni diretti a consolidare il potenziale produttivo delle nazioni ricche sia nelle risorse che nella mano d’opera. L’intermediario di queste operazioni incrociate sarà il Fondo di Riserva e di Convergenza Commerciale (FRCC) che come la Camera Centrale di Compensazione, sarà diretto dalla banca dell’ ALBA (5).

L'orchestrazione di questi sforzi complementari, spetterà al Consiglio Monetario Regionale, il CMR, che a differenza di una banca centrale sovranazionale, non si limiterà ad uno o due obiettivi macroeconomici nè si conformerà emettendo gli orientamenti della politica economica sovranazionale. Il CMR definirà le variabili e i parametri del sistema dei pagamenti, della moneta, e servirà come trasmittente in materia d’informazione commerciale e di politica degli investimenti.

Restano molti “se”, certamente, e grandi sforzi da fare al di là di instaurare il sistema nel 2010. Ma già cinque firme presidenziali hanno dato tutto il loro appoggio ai primi grammi del SUCRE depositati nel piatto di un’economia reale e costruttiva. Di fronte all’arroganza accademica e l’amaro progetto di egemonia che non saranno eterne….

(1) L’Alba , L’Alleanza Boliviana dei Popoli d' America, è nata a dicembre del 2004 come reazione simbolica all’ ALCA, Zona del Libero Scambio delle Americhe. L’ALCA è stata sotterrata definitivamente nel Summit delle Americhe tenutasi a Mar Del Plata (Argentina) a novembre del 2005 in presenza di George Bush. Il presidente boliviano, Evo Morales, propose di aggiungere all’acronimo dell’ALBA la menzione TPC (TLC) che non sono altro che le versioni bilaterali di un ALCA screditata.

(2) In riferimento al nome del Libertador (liberatore) Josè Antonio de Sucre e all’antica moneta dell’Ecuador la cui economia si è “ dollarizzata” nel 200. Leggere: http://www.medelu.org/spip.php?article211

(3) Attualmente, il volume degli scambi interregionali tra i membri del SUCRE rappresentano appena il 5 % del loro commercio globale

(4) Un’idea sviluppata da John Maynard Keynes nel piano che opponeva a Dexter White, capo della delegazione statunitense nella conferenza di Bretton Woods.

(5) La banca dell’Alba dispone di uno statuto giuridico da settembre del 2009.

Fonte: http://www.medelu.org/spip.php?article285

NDT: *Il titolo gioca con la parola “sucre” che in francese significa zucchero e in spagnolo è il nome della nuova organizzazione della moneta dell’ALBA.

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di VANESA

L'ORA DELLA SOVRANITA' ALIMENTARE

di Izaskun Sanchez Aroca

Recuperare il seme locale è molto più che un atto ambientale. E’ un gesto politico che vincola il Nord con il Sud. Si tratta di un gesto politico che collega il nord con il sud e sfida il modello neoliberista di monopolio che ha invaso la nostra alimentazione.

Guardiamo l’etichetta: mele cilene, asparagi peruviani, gamberetti dall’Ecuador, pomodori marocchini, zucche senegalesi...chilometraggio alimentare della terra da cima a fondo per raggiungere i nostri piatti. L’idea di frutta e verdura di stagione o di prodotti locali fanno parte della lista di concetti obsoleti, come ne fanno parte molte varietà orticole. Di fatto, per la FAO, il 75% delle varietà genetiche delle coltivazioni agricole sono scomparse nell’ultimo secolo. E tutto grazie ad una logica neoliberale di mercato che è entrata in pieno nel settore dell’alimentazione. Una logica di monopoli, di mono-coltivazioni che si traduce in prezzi più bassi per i consumatori dei paesi del Nord, alimenti di pessima qualità, grandi benefici per gli intermediari e le multinazionali del settore, e fame e miseria per i paesi impoveriti dove, causalmente, risiedono la maggior parte dei produttori e dei produttori di generi alimentari. Una logica che condanna il movimento contadino alla scomparsa e alla povertà. In effetti, gli ultimi dati della FAO affermano che sono 1.020 milioni le persone mal nutrite. Una cifra che peggiora con la crisi alimentare del 2008, frutto della speculazione, degli agro combustibili, e della congiuntura economica globale. Ciò che è ironico è che il 70 % delle persone che soffrono la fame sono o erano produttori di alimenti.

Il discorso ufficiale parla con allarmismo della mancanza di cibo e del bisogno di una nuova rivoluzione verde nei continenti come l’Africa (questo significa: più semi geneticamente modificati e agro-tossici) per aumentare la produttività. Una rivoluzione che favorirebbe le grandi corporazioni del settore, come la Monsanto, che aumenterebbe considerevolmente le sue entrate e che pregiudicherebbe direttamente i contadini, rendendoli più dipendenti con l’acquisto dei semi modificati ogni anno (i semi OGM si devono acquistare ogni anno, questa è una delle condizioni imposte dalle aziende come la Monsanto, NDT), inquinando la loro terra e la loro acqua e rovinando le coltivazioni tradizionali. Qualcosa che già succede in molti paesi come il Brasile o il Paraguay. Così, mentre nel 2008, il numero di famelici aumentava a 100 milioni, la Monsanto annunciava che durante l’ultimo trimestre di quell’anno i suoi guadagni si erano duplicati grazie alla vendita di pesticidi (glisofato), specialmente in America Latina, e all’aumento dei prezzi dei semi tra il 15 e il 20 %. Semi transgenici destinati alle mono-coltivazioni di soia che sarà esportata perché l’Europa alimenti il suo bestiame. Secondo i dati del Ministerio de Medio Ambiente Rural y Marino (Ministero delle Aree Rurali e Marine, NDT), solo allo stato spagnolo arrivano ogni anno circa 6 milioni di tonnellate di soia transgenica per far mangiare i polli, mucche e maiali. Una soia che nel suo luogo d’origine lascia deforestazione- circa tre milioni di ettari, che equivale alla grandezza della Galizia - inquinamento e migliaia di sfollati e profughi. Di fronte a questa situazione la risposta del movimento contadino non si sta facendo aspettare.

Sta affrontando gli Stati, gli organismi internazionali e le multinazionali, lottando per la sua sovranità alimentare. Questo è definito come il diritto dei popoli a decidere le loro politiche alimentari, produttive e distributive degli alimenti, in modo che si garantisca l’accesso ad un cibo sano, sostenibile e adeguato. Gli alimenti, quindi, restano fuori dall’esigenza dei mercati e delle multinazionali, fuori dalla speculazione. La Via Contadina, una coalizione di 148 organizzazioni creata nel 1992, è la maggior rappresentante a livello internazionale di questa lotta. Un momento centrale per questo movimento è stato il Foro Mondiale sulla Sovranità Alimentaria celebrato a Mali, nel 2007. Lì, più di 500 rappresentanti hanno presentato la dichiarazione di Nyéléni, dove reclamavano il diritto all’acqua, ai semi, alla gestione della terra.

Diritti negati

Diritti che fino ad oggi non sono garantiti in nessun paese. Neanche nello stato spagnolo, in cui il movimento contadino si trova ad affrontare, secondo Isabel Alvarez, del sindacato agrario EHNE, il problema dell’accesso alla terra, “si dà priorità alle infrastrutture e la speculazione prima che all' alimentazione locale”. L’altro grande problema, afferma Alvarez, è la “privatizzazione di tutte le nostre fonti di vita, come l’acqua o i semi”. Ma le alternative si stanno articolando, ed attraverso diversi sindacati agrari e organismi di lavoro, si sta reclamando la sovranità alimentare. Un esempio molto chiaro sono le mobilizzazioni contro le coltivazioni del mais transgenico in Spagna. Il sistema agroalimentare mondiale non è a vantaggio dei consumatori che in modo indiretto ingeriscono transgenici senza saperlo (attraverso la carne e l’allevamento industriale) e vedono scarseggiare la qualità dei loro alimenti (meno sapore, più chimici, meno varietà). Per Isabel Alvarez il loro ruolo è anche importante nella lotta per la sovranità alimentare. Di fatto, un’altra linea su cui si sta lavorando è “l’alleanza con i consumatori ed i produttori, se le persone prendono coscienza e sono capaci di vedere cosa c’è dietro un piatto di cibo, possono costituire una grande forza. Modificando le nostre abitudini di consumo giorno dopo giorno, la situazione può cambiare”.

“Dumping” nel Sud

Pratica attraverso la quale i paesi ricchi invadono, grazie alle sovvenzioni che ricevono, i mercati locali di altri paesi e affondano la loro produzione nazionale. Nel 2004, in Ghana, un chilo di pollo locale costava quasi il doppio di quello proveniente dall' UE.

La cura per l'ambiente

Lo studio più recente dell’ organizzazione internazionale Grain Cuidar, dimostra dai dati sul suolo, come l’agricoltura familiare e contadina possano contribuire ed essere un buon strumento, per combattere il cambiamento climatico, non essendo così inquinante.

Sicurezza alimentare

La sicurezza alimentare difende il diritto delle persone ad avere accesso al cibo necessario ogni giorno. Non dice nulla circa la precedenza o la forma di produzione dell’alimento e le conseguenze che questo può avere.

Fonte: http://www.diagonalperiodico.net/La-hora-de-la-sob-erania.html

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

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2 novembre 2009

HAITI NON COMPRA LA LIBERTA' E LA DEMOCRAZIA AL MERCATO!


Non c'è dubbio che il movimento politico Lavalas si opponeva al modello neoliberale di sviluppo è ora in fase di attuazione in Haiti.

L'insistenza del FMI, la Banca Mondiale e la Inter-American Development Bank sugli "aggiustamenti strutturali", compresa l'eliminazione dei dazi sulle importazioni e le esportazioni, la vendita delle industrie e delle aziende che erano nelle mani dello Stato, il mantenimento di uno salario minimo e una dipendenza ossessiva sul settore privato come motore di sviluppo economico è stato chiamato "il piano mortale".

di Kevin Pina
www.suramericapress.com/

"L'ostacolo maggiore al piano delle istituzioni finanziarie di Haiti è stata la stessa democrazia, il modo in cui il movimento Lavalas rappresentava gli interessi della maggioranza dei poveri e il presidente, due volte eletto Jean-Bertrand Aristide.
Il governo si è rifiutato di privatizzare le industrie chiave come la compagnia telefonica (Teleco) e la società elettrica (EDH) e mentre le istituzioni finanziarie insistevano sul fatto che i programmi sociali sono stati tagliati, il partito Fanmi Lavalas ha beneficiato di queste imprese di Stato per investire nell' alfabetizzazione e fornire milioni di pasti sovvenzionati per i poveri.

Per la prima volta nella storia, Haiti aveva una rete di sicurezza che proteggeva contro la fame e la malnutrizione diffusa. Nonostante le obiezioni delle istituzioni finanziarie e dell' élite economica depredatrice di Haiti, il salario minimo è stato raddoppiato per due volte durante il primo e il secondo mandato di Aristide, per la forza lavoro peggio pagata dell'emisfero. Non è un caso che i due mandati di Aristide sono stati falciati da un golpe.

Dovrebbe essere molto chiaro, anche per l'osservatore più distratto, che questo era uno dei motivi principali del colpo di stato del febbraio 2004, che non solo ha rovesciato il presidente, ma che ha rimosso oltre 7,400 eletti dal livello comunale a incarichi nazionali in tutta Haiti.

Non è stato altro che un tentativo di distruggere movimento maggioritario dei poveri haitiani e il loro diritto di stabilire, attraverso le elezioni, le proprie priorità per lo sviluppo economico basato sulla sovranità e la giustizia sociale.
L'amministrazione Bush e il partito repubblicano appoggiarono l'élite haitiana per rovesciare il governo costituzionale e orchestrare la transizione". Lontani dalla mitologica "rivolta popolare", menzionata spesso dai ben pagati giornalisti, il rovesciamento della democrazia in Haiti, nel 2004 è stato violento e perpetrati dalle antiche forze militari e dai comandanti degli squadroni della morte che fecero una strage.

La minoranza pagata dall' elite benestante scesa in strada per dare l'impressione di una rivolta popolare non è stata in grado di far cadere il governo, per questo lanciarono i cani di guerra ben curati che avevano nella vicina Repubblica Dominicana.

E non era diverso dai recenti sviluppi in Honduras: un presidente rapito in casa sua contro la sua volontà nel bel mezzo della notte e costretto a salire su un aereo, mentre il crimine cominciava per assicurare il trionfo dei cospiratori.

Due anni dopo il colpo di Stato 2004, in Haiti ha chiarito quali fossero le intenzioni della Organizzazione degli Stati Americani, Nazioni Unite e la comunità internazionale. Tutti hanno beneficiato del regime instaurato dagli Stati Uniti che prese il potere e scatenò una campagna senza precedenti di esecuzioni sommarie, episodi regolari di sparare ai manifestanti disarmati e di arresti arbitrari.

Tutto questo fatto nel nome di “restaurare la democrazia”. E’ stato un periodo di grandi violazioni dei diritti umani commessi sotto la protezione delle Nazioni Unite che con successo oscurarono e occultarono quello che è successo fino ad oggi. Confrontando migliaia uccisi, imprigionati e costretti all'esilio, il movimento Lavalas poté eleggere Rene Preval, il nuovo presidente nel 2006. La sua speranza era che avrebbe potuto fermare la repressione, liberare i prigionieri politici e permettere il ritorno di Aristide ad Haiti.

Quello che non potevano sapere è che lui aveva già firmato a favore del cinico progetto di distruggere il movimento popolare come preparazione per portare Haiti in un nuovo campo di sviluppo economico neoliberale e al “piano mortale” che tanto loro avevano contrastato. Nonostante i più di 4 miliardi di dollari di aiuti internazionali dopo il golpe del 2004, la vita ad Haiti è peggiorata, mentre l’elite depredatrice era libera di spremere più profitto possibile dalla disperata popolazione.

Con un limitato investimento, l’elite avrebbe usato il suo monopolio sulle importazioni di prodotti alimentari a rubare più di 1.500 milioni di dollari che familiari e amici inviavano annualmente dall’estero ai loro familiari e affetti in Haiti nello sforzo di mantenerli vivi. Un accordo “dolce” per i monopolisti che si assicuravano che la ridistribuzione della ricchezza cadesse nelle loro tasche, anche quando le proteste pubbliche contro la crescente miseria e fame aumentavano in aprile del 2008.

Tutto il tempo il movimento Lavalas ed i poveri si sono mantenuti attivi dimostrando contro il golpe e richiedendo giustizia ed il ritorno di Aristide. I loro leader furono fatti sparire forzatamente, come nel caso di Lovinsky Pierre- Antoine nell’agosto del 2007, o forzati a marcire in carcere come Ronald Dauphin, o a soccombere ai maltrattamenti come nel caso del Padre Gerard Jean- Juste il 27 maggio 2009.

Tuttavia altri sono stati corteggiati da Preval e hanno ricevuto offerte di posizioni di potere all'interno del suo governo se davano le spalle alla loro storia e al movimento Lavalas. Dopo sono venute le ritardate elezioni al senato in aprile e giugno del 2009 dove si diede il colpo finale a Lavalas.

Il partito Fanmi Lavalas sarebbe stato escluso dalla partecipazione alle elezioni per una questione tecnica, non perché esistesse la possibilità che vincesse se entrava nuovamente in campo politico. Nonostante questo Lavalas boicottò le selezioni e lo fece così effettivamente diventarono uno scherzo in relazione a qualsiasi valorizzazione di partecipazione democratica.

Non è stato altro che un rifiuto collettivo a Preval e alla comunità internazionale. Uccidere, incarcerare, esiliare, dividere, escludere e comprare tanto quanto hanno potuto si presentò come la strategia a lungo termine per distruggere Lavalas e per far apparire Haiti come storia trionfante dell’esito neoliberale nei Caraibi.

Anche così la maggioranza povera di Haiti è una forza elastica e speranzosa. Spera che con l’elezione di Obama, come primo presidente con sangue africano degli Stati Uniti, la politica estera degli Stati Uniti verso Haiti cambi. Ma non è cambiata.

Si sperava, almeno fino alla sua visita a giugno a Andy Apaid sostenitore del golpe e promotore del modello neoliberale, che la nomina di Hillary Clinton come Segretaria di Stato facesse una differenza.

Si sperava nella nomina di Bill Clinton come Inviato Speciale a Haiti delle Nazioni Uniti, avrebbe segnato un cambiamento,fino a quando ha fatto del suo meglio per ignorare le petizioni che gli venivano fatte frequentemente, durante le sue brevi visite negli ultimi due mesi. Al contrario lui ha parlato di coordinare l’aiuto delle ONG in vista dell’istituzione di un nuovo “piano mortale” come venne postulato dal consigliere economico delle Nazioni Uniti, Paul Collier, lo stesso piano mortale neoliberale degli anni 80 fatto da Reagan per la conca dei Caraibi.

Ignorando la storia, apponendo il proprio nome e annunciandolo come nuovo ad una stampa acritica che no sa. Le istituzioni finanziarie lo scoro giugno hanno annunciato che hanno cancellato 1200 milioni di dollari di debito ad Haiti, la maggior parte era stata acquistata da ex dittatori e i loro soci dell' elite benestante, che erano stati sponsorizzati dagli Stati Uniti.

Deve essere rassicurante andare a letto la notte, in un mare di terribile povertà, ma sapendo che uno è il “motore dello sviluppo economico del mondo e che uno non ha mai sbagliato”. Adesso arriva l’atto finale del ritorno ufficiale di Haiti al neoliberismo: precisamente questa settimana il Parlamento haitiano ha decretato il lavoratore haitiano come peggior stipendiato dell’emisfero.

Votano a porte chiuse il “doppio stipendio minimo” di 3,75 dollari al giorno, circa di 38 centesimi l’ora in una giornata normale di 10 ore. Il "vantaggio comparativo" di Haiti, nel quadro della politica economica neoliberista si è solidificata, si tratta di lavoro a buon mercato che mantiene il prezzo basso del lavoro nell’emisfero e nel mondo. Il vantaggio di Haiti dall’epoca di Reagan è stata quella di mantenere gli stipendi bassi nell’emisfero, l’haitiana è la forza lavorativa più economica e contro di lei devono competere altre forze lavorative della regione.

Dovrebbe servire da consolazione sapere che anche se uno non potrà mai guadagnare sufficiente denaro per uscire dalla povertà, anche lavorando 10 ore al giorno, almeno sta svolgendo un piccolo ruolo nel mantenere il prezzo del lavoro “sufficientemente basso” in modo che i manifatturieri tessili e i loro soci dell' elite ricevano buoni guadagni.

Si può dormire la notte sapendo che il Congresso degli Stati Uniti hanno così tante speranze, come uno in che la legislazione che assicura ai manifatturieri tessili degli USA buoni di tasse, paghino i ben guadagnati 3,75 dollari al giorno che il Parlamento haitiano ha appena approvato.

Tutto ciò che rimane della piattaforma ad Haiti della ex signora delle ONG e attuale primo ministro, Michele Duviviere Pierre- Louis è di sedersi nel teatro con Bill Clinton per annunciare “formalmente” che il periodo di incubazione del nuovo-vecchio Piano Mortale è finito e che è nato con rinnovata speranza ad Haiti.

I corpi sono seppelliti e il sangue è stato lavato, e quindi adesso Haiti può girare pagina su Lavalas e quelli che nella maggior parte dei poveri hanno avuto l’audacia di pensare che le selezioni significano che loro possono scegliere un’alternativa. Qualsiasi analista degno di questo nome che capisce la storia haitiana non scommetterebbe, però, che la situazione sia finita.

Vale la pena di ripetere le parole del presidente haitiano eletto democraticamente e fatto cadere nel 2004 e ancora esiliato in SudAfrica, Aristide, che una volta disse “Pèp pa achte libète ak demokrasinan mache" o “Il popolo non compra la sua libertà e democrazia al mercato”.

Nel mondo d’oggi qualsiasi cosa sembra possibile, con un Democratico alla Casa Bianca e un altro nel Congresso- specialmente uno deve il suo successo alla piattaforma di “Cambio nel quale lei possa credere”. La lezione per i poveri del mondo continua ad essere la stessa; quando parliamo di Partito Democratico non confondere speranza con cambiamento, specialmente se quello è tutto ciò che ricevi per le tue 10 ore di lavoro”.
upsidedownworld.org

Fonte: http://selvasorg.blogspot.com/2009/10/haiti-no-compra-libertad-y-democracia.html

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

OBIETTIVO: SCHEDARE IL DNA DI TUTTA LA POPOLAZIONE

di Jean Marc- Manach
Bug Brother
  • Il primo passo consiste nello stabilire l’infrastruttura e impegnare tecnici di laboratori. E questo dovrebbe portare via almeno un anno.
  • L’obiettivo è schedare, finalmente, tutta la popolazione.
  • La nostra meta è quella di ottenere i campioni di un milione di persone all’anno, e questo dovrebbe richiedere 10 anni, se teniamo conto dell’evoluzione della popolazione.
Il DR. Ahmed al Marzooqi, è il responsabile della base nazionale dei dati del DNA del ministero degli Interni degli Emirati Arabi Uniti.

Gli Emirati sono il primo paese che ha deciso di creare uno schedario delle impronte genetiche di tutta la sua popolazione, incluso gli espatriati, gli immigraTi ed i "visitatori", in modo indefinito, o almeno fino alla sua morte.

I primi ad essere schedati saranno i minorenni, dato che la maggior parte dei crimini cominciano quando sono giovani. Se li identifichiamo a quell’età, sarà più facile riabilitarli prima che commettano crimini più gravi”.

The National, il giornale inglese (controllato dalla famiglia reale di Abu Dhabi) che pubblica l’informazione, segnala ad un passo, che alcuni “funzionari” hanno suggerito che la schedatura generale dell’informazione genetica della popolazione, poteva richiedere una nuova legislazione.

Il DR. Al Marzooqi non è d’accordo:
  • Si tratta di una semplice misura di sicurezza e si ordinerà a tutta la popolazione di aprire la bocca per permettere che i tecnici delle forze di sicurezza prendano un pò di saliva. Non è necessario fare un dibattito pubblico, una legge o un controllo di conformità delle più alte cariche dello Stato
D'altronde, la banca dati nazionale è stata creata, e i kit di prelievo sono stati ordinati.

Apprendisti stregoni o all'avanguardia?

Certamente, alcuni s'interrogano su determinate questioni etiche, cominciando dal fatto di schedare innocenti, così come a tutta la popolazione, mentre, fin' ora, si schedavano solo i criminali.

Il DR. Al Marzooqi rifiuta totalmente questo tipo di critiche:
  • “Questo sforzo sarà di enorme utilità nel caso di un disastro naturale o umano (per poter identificare i resti dei cadaveri, fare le prove di paternità e concedere la cittadinanza ai figli espatriati, N.DR) Questo ridurrà anche drasticamente i crimini, così come la quantità di innocenti sospettati erroneamente, e permetterà, in maniera scientifica, d’identificare i criminali molto più velocemente”
Alec Jeffreys, il padre del DNA giudiziale, si mostra più dubbioso e ha chiesto una “giustificazione trasparente dei motivi per elaborare uno schedario universale al posto di un data base unicamente con il DNA dei criminali

  • Sarà interessante vedere come si svilupperà. Avrà un’importanza considerevole nel modo in cui altri paesi affrontino il problema.
  • Se si percepisce come un gran successo totalmente accettato dalla popolazione, penso che porterà molti altri paesi a seguire la stessa strada.
  • Se, per qualunque motivo, sarà un disastro, sarà la fine di questa storia. Per questo motivo, questa esperienza è interessante.
Il DR al Marzooqi si dichiara cosciente dell’importanza di questa “sfida”:

  • “Siamo convinti che gli aspetti positivi vinceranno su quelli negativi. La protezione della vita privata è così importante per noi quanto lo è per il pubblico.
  • Stabiliremo norme di applicazione molto ristrette e procederemo ad esami supplementari quando le mostre saranno usate in processi giudiziali, per garantire la loro validità”.
Il 75 % delle persone schedate non è stata condannata.
Nel suo editoriale, The National, sottolinea che “la chiave è la fiducia nel governo”.
Ma si sa che, matematicamente parlando, quante più persone schedate ci sono, maggiore è il rischio d’errore.

Falsi positivi (una persona identificata per errore), falsi negativi (una persona dichiarata innocente per errore), errori di manipolazione, conservazione, etichettatura, analisi; gli annuari giudiziari già menzionano decine di casi di errori giudiziali sulla questione delle impronte genetiche: Il ne faut pas “croir” les “ experts” (Non bisogna credere agli esperti)

Per non parlare del rischio di “perdita” di dati, venduti o cambiati da persone senza scrupoli, o la possibilità di usare questi DNA con scopi medici, per identificare futuri malati, aumentare o diminuire le polizze vita, e senza dimenticare le velleità di alcuni eugenisti.

Schedare tutta la popolazione è una scelta politica alla quale sono stati coinvolti anche, in particolar modo, la Francia e il Regno Unito, che hanno preso l’abitudine di schedare non solo le persone con condanne, ma anche semplici sospetti e anche coloro che successivamente sono dichiarati innocenti (che è il caso di 800.000 sui 4,5 milioni di britannici schedati, vedere "Le père de la preuve ADN critique le fichage de ses concitoyens britanniques" – Il padre della prova del DNA critica la schedatura dei suoi concittadini britannici)

Olliver Joulin, del sindacato della magistratura, me l'aveva spiegato molto bene nel 2007:
  • Secondo un metodo collaudato, in un primo momento si giustifica un attentato generale contro le libertà pubbliche insistendo sul suo carattere eccezionale (delitti sessuali gravi) e sull’importanza delle forme di controllo, in modo particolare per quanto riguarda l’abilitazione del personale e i protocolli che saranno messi in pratica.

  • Tutto questo viene messo in evidenza per tranquillizzare coloro che gridando a rischio di attentati alla libertà.
    Dopo si estende al campo applicativo del FNAEG
    (Archivio Nazionale Automatizzato delle Impronte Genetiche francese, N.d.R) che attualmente interessa quasi tutte le infrazioni, e riduce le possibilità di controllo. L’eccezione diventa la norma.”

Creato nel 2002 per schedare i criminali sessuali, il FNAEG si è esteso a quasi tutti i crimini e delitti (137, per essere precisi, con notevole eccezione dei delitti finanziari). Ormai sono schedate 1.080.000 persone, delle quali 263.000 sono state condannate, si registrano 30.000 schedature mensili (la cui tariffa unitaria è stata fissata a 17 euro, ma questa spesa potrebbe arrivare a 300€).

Più del 75 % delle persone ha il DNA schedato in Francia, continuano ad essere, quindi, “presunti innocenti”, ma per essere state sospettate un giorno, vennero processate e schedate.

Dall’altra parte, questi “innocenti” costituiscono la fonte principale di alimentazione del FNAEG, come si può osservare in questo grafico:

http://www.rebelion.org/imagenes/94223_1.jpg

La schedatura generalizzata è in marcia.

Le Monde ha rivelato recentemente che, dalla sua creazione, il FNAEG, ha permesso 25.000 comparazioni tra le impronte prese nella scena di un delitto e le impronte schedate.

“Certo, è possibile risolvere i casi, ma adesso ci troviamo in una logica di alimentazione dello schedario, pensa Matthieu Nonduelle, segretario generale del Sindacato della Magistratura. Nessuno predica lo schedario generalizzato ma, di fatto, lo stiamo facendo”.

Due personalità della politica francese, Jean–Christophe Lagarde e Christian Estrosi, si sono pronunciati a favore della schedatura generalizzata della popolazione, fin dalla nascita (vedere “ la petition pour l’abrogation du FNAEG” – petizione per abrogare il FNAEG ) si è presentato un progetto di modifica in questo senso che dopo è stato tolto dall’agenda parlamentare perché era troppo costoso.

Coloro che rifiutano (volontari, sindacalisti, militanti politici...) questa forma di schedatura rischiano un anno di prigione e 15.000 euro di multa. Tra il 2003 e il 2005, su 452 persone che hanno rifiutato la schedatura genetica, 108 sono state dispensate da pene, 267 sono state in carcere (3 mesi in media), 16 hanno avuto la condizionale e 58 hanno pagato multe ( in media 300 euro).

Il collettivo “RefusADN” ha lanciato una campagna di cancellazione dal FNAEG citando il caso particolare di un adolescente che, per aver fatto un sit-in di fronte ad un istituto per protestare contro la soppressione degli esami preparatori- una questione chiusa poi per mancanza di prove- si è visto le sue impronte digitali e genetiche schedate dalla polizia. La CNIL è intervenuta e quei dati furono cancellati.

Secondo il collettivo RefusADN, da come riporta il quotidiano The Brick, il 10% di rifiuti è sufficiente per intasare completamente i tribunali ...

Si legga anche del mio collega Bruno Fay, Les maitres de l’ADN (I maestri del DNA, NDT) sulla privatizzazione del patrimonio genetico di tutti gli islandesi; e sul mio blog Bug Brother:
Il ne faut pas “croire” les “ experts (Non bisogna credere agli esperti, NDT) (sugli errori giudiziale vincolati in modo speciale al DNA),
Comment légaliser les fichiers policiers? (Come per legalizzare gli archivi della polizia)
Le quart des 58 fichiers policiers est hors la loi (Un quarto dei 58 archivi di polizia è fuorilegge) e
En 2008 , la CNIL a constate 83% d’erreurs dans les fichiers policiers (Nel 2008, la CNIL ha rilevato l'83% di errori nellle schedature della polizia)

Fonte: http://bugbrother.blog.lemonde.fr/2009/10/08/objectif-ficher-ladn-de-toute-la-population/

Traduzione per Voci Dalla Strada a cura di Vanesa

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