3 dicembre 2014
La Repubblica del compromesso e del silenzio...
Da quasi due mesi
sono iniziati i lavori della nuova Commissione d'Inchiesta sul caso Moro
istituita sull'onda dei recenti e inediti sviluppi delle indagini relative
all'agguato di via Fani e al tragico epilogo dell'"affaire" in via
Caetani, rispettivamente inizio ed epilogo del più grave fra i delitti politici
della nostra Repubblica.
Per parte nostra non
ci resta che augurare ai membri della Commissione di svolgere al meglio delle
loro possibilità il loro lavoro e di approdare a un esito che, se non arriva a
certificare la verità dei fatti sul sequestro e l'esecuzione dello statista
democristiano, quantomeno ne fotografi l'essenza e il significato interamente
ed esaustivamente. Al di là, comunque di una certa facile, banale e
intossicante retorica che da decenni insiste a tamburo battente sulla necessità
di fare luce sui misteri che avvolgono e permeano i tentativi o le
"intentone" golpiste, lo stragismo, i delitti mafioso
"eccellenti" e la lunga stagione del terrorismo e degli anni di
piombo, ci permettiamo di rimanere scettici e assai dubbiosi e, per
l'occasione, di fare i "gufi d'occasione".
Se il delitto Moro
ha rappresentato per più generazioni uno snodo inquietante e irrisolto della
storia della Repubblica, durante questi settant'anni abbiamo avuto modo di
assistere alla strage di Portella della Ginestra e alle singolari vicende di
"delinquenti comuni" come Salvatore Giuliano e la sua banda,
all'"incidente" aereo fatale per il Presidente e fondatore dell'ENI
Enrico Mattei, a numerosi golpes apparentemente abortiti come quelli del
generale De Lorenzo (Piano SOLO), del principe "nero" Junio Valerio
Borghese (operazione "Tora Tora) e dell'ambasciatore ed ex partigiano
"bianco" Edgardo Sogno (il sosiddetto golpe "bianco"), a
diverse nefande stragi a base di potenti esplosivi opportunamente non
rivendicati come quello di piazza Fontana a Milano, piazza della Loggia a
Brescia, il treno Italicus, la stazione di Bologna, il rapido 904 e quelle del
biennio del "terrorismo mafioso" (1992/1993), ad incidenti dalle
implicazioni "militari" come quello del DC9 di Ustica e del Moby
Prince, a delitti eccellenti compiuti o rivendicati dalla mafia e dal
terrorismo, oppure camuffati e coperti per schermare gli interessi dei mandanti
e degli istigatori (per citare quelli più celebri ed esplorati, De Mauro,
Calabresi, Pasolini, Occorsio, Impastato, Alessandrini, Pecorelli, Varisco,
Ambrosoli, Reina, Giuliano, Terranova, Mattarella, Costa, La Torre, Calvi,
Dalla Chiesa, Chinnici, Insalaco, Rostagno, Falcone, Borsellino, Alpi e
Hrovatin). Per non parlare di delitti meno noti e dei tentativi
"abortiti" come quello di eliminare il giudice Palermo con un 'autobomba,
i numerosi incidenti "strani" o provvidenziali occorsi a testimoni
scomodi o a protagonisti che sanno maledettamente troppo, agli episodi
coinvolgenti la mafia o la criminalità organizzata o comune ma dalle
implicazioni certamente più ampie e, in proposito, si rivolga l'attenzione ai
traffici internazionali di armi, stupefacenti e preziosi, alle operazioni di
riciclaggio ed investimento dei capitali "sporchi" – con conseguente
corollario della corruzione politica – o ai sequestri di persona compiuti per
ragioni non solo e non tanto pecuniarie.
Ormai è quasi di
pubblico dominio che su questi e altri "episodi" suppostamente
misteriosi e sicuramente criminali della nostra storia sono stati riempiti
fascicoli traboccanti non solo di atti coperti da "segreto" o colmi
di omissis. Oltre alla documentazione raccolta nel corso delle istruttorie
giudiziarie si possono contare gli atti delle Commissioni d'Inchiesta
Parlamentare e in primis quelle Antimafia, quella sull'individuazione dei
responsabili della mancata identificazione dei colpevoli degli episodi di
strage e terrorismo, quella "vecchia" su Moro e quelle sulla P2 e
sugli affari del finanziere massomafioso Michele Sindona, il materiale
depositato negli archivi dei servizi di informazione, dell'Arma dei carabinieri,
delle questure, ecc... Senza dimenticare i National Archives americane e
l'archivio di stato britannico di Kew Gardens... Senza pretendere di
ricostruire dettaglio per dettaglio i singoli episodi forse possiamo
ragionevolmente sostenere che prove, elementi vari, indizi e testimonianze per
tappare molti buchi neri non mancano da anni anche se è sufficientemente chiaro
ai meno sprovveduti che occorre una volontà netta, salda e precisa di ricerca
delle verità più scomode e dolorose. Ad esempio non può più essere sottaciuto
quanto spesso alcuni organismi dello Stato abbiano reiteratamente occultato
prove e reperti, inquinato e fuorviato le indagini, subornato testi, ecc...
Eppure, a parte lodevoli eccezioni ed escludendo le manovre interessate e dal sapore
ricattatorio, le forze politiche non hanno fatto sforzi per individuare i
responsabili, i complici, gli istigatori e i mandanti e, anzi, hanno
addomesticato la costruzione della verità ufficiale nella maniera più
conveniente per tutti. Stendendo un manto di silenzio sulle vittime più o meno
indiscriminate...
E' la verità che
viene addomesticata, negoziata e concordata dalle parti "interessate"
– non necessariamente implicate nei crimini ma, comunque, in qualche misura
testimoni – che, quindi, i presenta come una verità distorta, deformata,
fuorviante... In definitiva una grande menzogna...
Ma come può una
Repubblica formalmente sovrana e democratica sopportare tutto questo. Quali
sono le ragioni di questo vulnus ? In qualche modo si deve prendere atto di
tale aspetto congenito e "strutturale" e, quindi, risalire alle
radici della storia repubblicana d'Italia...
Con grande
intelligenza, acume e una sensibilità difficilmente riscontrabile, Pasolini
aveva intuito la natura della giovane Repubblica italiana quando, con il suo
stile inconfondibile e incisivo, scriveva che l'Italia, in realtà, era composta
da una pluralità di "nazioni" e"popoli" che, di volta in
volta, collidono, si scontrano, negoziano, concludono armistizi e stringono
anche alleanze insospettabili. Almeno questo è anche il senso di alcuni suoi
saggi o di certi articoli pubblicati sul
"Corriere della Sera" diretto da Piero Ottone e, in primis, il famoso
"Romanzo delle stragi" che non è solo la perentoria affermazione di
essere riuscito a fotografare l'oggettiva realtà dei fatti e, quindi, le
responsabilità inerenti la "strategia della tensione" – Pasolini non
era riuscito tanto a sapere tanto a comprendere determinati meccanismi di
gestione e distribuzione del potere – ma, soprattutto, l'efficace e penetrante
spiegazione delle ragioni per cui gli italiani erano destinati a non conoscere
la verità. Una presa d'atto anche dolorosa per un uomo di sinistra che si
professava marxista, ma che molti, infastiditi dalle parole del poeta, fecero
finta di non aver bene compreso.
Il punto non
secondario della questione è che la retorica resistenziale e
dell'"antifascismo", che poi ha assunto forme più o meno
militanti, ha finito per coprire il
fatto che dietro la Costituzione repubblicana e democratica se ne era imposta
una materiale e ben più solida perchè risultato delle mediazioni e dei
contratti fra poteri "più o meno forti". Troppo spesso dimentichiamo
che, se è certo vero che la fine del conflitto aprì la strada a un sistema di
tipo parlamentare, l'Italia usciva dalla guerra con le ossa a pezzi, come un
paese sconfitto costretto ad accettare le imposizioni delle superpotenza
vincitrici del conflitto – USA, URSS, Gran Bretagna più la Francia gaullista –
contenute nel Trattato di Parigi (1946). Occupata dalle truppe degli alleati
angloamericani, la nostra penisola ricadeva necessariamente nella sfera di
influenza occidentale e conseguentemente e succesivamente, entrava a far parte
dello schieramento del Patto Atlantico. L'impellente necessità di ricostruire
la nazione e di restaurare il tessuto della società civile così profondamente
lacerato costringeva il Presidente de Consiglio Alcide De Gasperi – un
democristiano certo non sospetto di eccessive simpatie conservatrici e,
neanche, "anglofone" – ad accettare le condizioni americane per
ottenere i fondi stanziati nell'ambito dell'European Recovery Program, il
programma di aiuti americani ai paesi europei più conosciuto come Piano
Marshall, dal nome del Segretario di Stato dell'amministrazione Truman.
Ormai
gli americani avevano rimpiazzato i declinanti britannici nel ruolo di
superpotenza imperiale dai confini globali e lo stesso Presidente Truman aveva
rivendicato in maniera arrogante il ruolo egemone e dominante degli States,
potenza in espansione capace di sostenere lo sforzo bellico degli
"alleati" sovietici e britannici e con sconfinato diritto di
ingerenza e di interferenza negli affari politici ed economici interni dei
partners europei. La cosiddetta "Dottrina Truman" esposta al
Congresso americano il 12 marzo del 1947 sanciva ufficialmente l'inizio della
"Guerra Fredda", un conflitto combattuto con mezzi non convenzionali
e "psicologici".
Il nuovo assetto
formalmente democratico dell'Italia repubblicana – dal 2 giugno del 1946 –
doveva essere rinegoziato e concordato dai vari soggetti politici, economici,
finanziari e militari tenendo conto della "presenza" della
superpotenza statunitense.
Sicuramente il
risultato di uno dei compromessi raggiunti nell'Italia del Dopoguerra è stato
quello di dotare lo stato e il paese di una Costituzione avanzata dal punto di
vista delle istanze politiche e sociali e a forti tinte progressiste, frutto
della mediazione e degli accordi fra le culture politiche e le ideologie
espresse dai partiti emersi dalla lotta resistenziale e, quindi, fra la
dottrina cristiano sociale, quella marxista dei socialcomunisti e i principi
repubblicani, democratici e liberali.
Tuttavia, se si
vuole realmente comprendere l'accidentato e travagliato percorso storico della
giovane Repubblica italiana, non si possono più trascurare gli altri due
"compromessi" sanciti, rispettivamente, a livello internazionale e a
livello interno. Due "compromessi" e accordi, fra l'altro, che si
intrecciavano e sovrapponevano inscindibilmente...
In primo luogo –
confinata ad un ruolo secondario la "perfida Albione", ma non per
questo irrilevante e privo di significato – l'URSS di Stalin riconosceva agli
States di disporre del suolo e delle istituzioni italiane, sancendo una precisa
divisione di confini da rispettare e da proteggere ad ogni costo. In cambio gli
statunitensi avrebbero tollerato la presenza di un forte schieramento
socialcomunista e, soprattutto, del partito comunista più forte d'occidente,
diretto da Palmiro Togliatti, uomo di fiducia di Stalin e fedele alla linea di
politica internazionale della Terza Internazionale ad egemonia sovietica. Si
accettava una certa "rendita di posizione" da parte del PCI, ma,
secondo il principio della "conventio ad excludendum", ai comunisti
era negato l'accesso alle compagini governative anche in caso di vittoria
elettorale. E' facile immaginare quali sarebbero state le conseguenze di una
violazione di questo tacito patto fra la potenze vincitrici: direttamente o
indirettamente sarebbero intervenuti gli americani per imporre una soluzione di
"forza" a cui Stalin non avrebbe risposto per evitare conseguenze
imprevedibili su tutto lo scacchiere europeo. E' la rigida logica di Yalta
forse non ancora abbastanza studiata e analizzata dagli storici.
Da questo compromesso
ne discendeva un altro che era stato certamente anticipato dagli accordi fra i
partiti antifascisti e, a larga maggioranza, progressisti e di sinistra, del
CLN e lo schieramento monarchico e conservatore che faceva riferimento al re
Vittorio Emanuele III e al maresciallo Badoglio e dal Patto di Salerno (marzo
del 1944) che suggellava il ruolo del PCI togliattiano dietro l'evidente
impulso dell'orso sovietico. In maniera apparentemente paradossale si delinea
un compromesso fra classi, forze e gruppi sociali contrapposti. Da un lato
quelle a cui avevano fatto riferimento gli angloamericani durante il conflitto,
vale a dire Cosa Nostra italoamericana e l'Onorata Società siciliana – il cui
ruolo era stato fondamentale per occupare e mantenere il controllo prima della
Sicilia e poi del meridione italiano -, ampi settori della massoneria, il
Vaticano, la grande imprenditoria e l'alta finanza... Dall'altro gli operai, i
braccianti e le classi lavoratrici rappresentate soprattutto dal PCI e guidate
dai suoi vertici. Nel primo caso si trattava prevalentemente di quelle forze e
di quei soggetti che avevano dato un appoggio totale e incondizionato al Duce
del fascismo fino alle soglie del conflitto mondiale e che, evidentemente,
dimostravano ampie garanzie agli Alleati sul piano delle convinzioni
"anticomuniste".
Nell'altro, i dirigenti del PCI, perfettamente
consapevoli del ruolo assegnato loro nel nuovo sistema di relazioni interne ed
internazionali, si impegnavano a contenere e ridimensionare gli impulsi e i
furori "rivoluzionari" largamente presenti nella propria base
assumendo una posizione sostanzialmente moderata e, in certi frangenti,
conservatrice sul piano sociale. Fra la dirigenza comunista l'eccezione era
rappresentata da Pietro Secchia, riferimento principale del filone comunista e
antifascista della "Resistenza tradita". In tal modo si comprende
quello che è passata alla storia come "doppiezza togliattiana" che
non incarnava quell'ambiguità politico - ideologica dettata dalla compresenza
di una posizione fondamentalmente rispettosa dei processi democratico-
parlamentari e di una politica internazionale rigidamente filosovietica, ma
soprattutto nel mantenimento di un'anima moderata dentro un involucro modellato
dall'ortodossia marxista leninista.
Come parte di questo
tacito compromesso sociale e politico non deve poi essere sottaciuto che, per
ricostruire la macchina statale e della pubblica amministrazione, c'era bisogno
di reintegrare nei loro ruoli quei soggetti che avevano ricoperto importanti
posti chiave e di responsabilità anche per garantire una certa continuità con
il passato fascista. Magistrati, prefetti, generali, questori, ufficiali,
ecc... Inoltre i nuovi servizi segreti dell'Italia repubblicana – il SIFAR e
l'Ufficio Affari Riservati del Viminale – funzionali e pronti all'uso per la
"Guerra Fredda" venivano istituiti con semplici circolari
ministeriali e senza l'esercizio di alcun tipo di controllo democratico
ereditando uomini, risorse, strutture e archivi del SIM e dell'OVRA, i servizi
segreti dell'Italia fascista. Ovviamente questa continuità non solo
"ideale" è gradita agli alleati angloamericani che hanno sempre
temuto non solo il PCI ma anche l'affermazione decisa e il consenso popolare
tributato al CLN e alla sua componente di sinistra. Naturalmente non solo ciò
comporta l'occupazione non trascurabile di gangli vitali dello Stato da parte
di militari e funzionari conservatori e reazionari – e, quindi, anche
visceralmente anticomunisti - e di provata fede monarchica o fascista, ma anche
la protezione di veri e propri criminali di guerra da riutilizzare nella
maniera più opportuna. Allora si può comprendere perchè molti fascicoli
scottanti vennero occultati nei cosiddetti "armadi della vergogna"- A
ulteriore dimostrazione di una sorta di accordo o di "compromesso"
sancito sulla questione, quando il segretario del PCI Palmiro Togliatti era
ancora Ministro della Giustizia (aprile 1946), venne concessa l'amnistia per i
reati "politici di cui beneficiarono innanzitutto i fascisti. Un bello
smacco per quella Repubblica che doveva essere fondata sui valori e principi
dell'antifascismo...
Finora il nostro
sguardo si è posato e ha "cristallizzato" il Dopoguerra italiano,
periodo fondante e fondativo della Repubblica, tuttavia è necessario rammentare
come i compromessi e gli accordi più o meno espliciti o taciti siano stati
ridefiniti e rielaborati dalle circostanze e dalle contingenze politiche,
sociali ed economiche, perchè la storia è un grande flusso incessante e
tumultuoso che richiede aggiustamenti ed adattamenti. Quindi lasciamo agli
studiosi l'ingrato compito di esplorare questa dimensione diacronica,
catturandone i fotogrammi principali... Per quanto mi riguarda, secondo la mia
personalissima opinione, le successive rinegoziazioni dei compromessi
"repubblicani" – che quindi coinvolgono poteri e forze interne e
internazionali – si identificano con le seguenti date: 1964, 1969/1970, 1974,
1978/1981, 1988/1994 (il lungo periodo che segna il passaggio dalla Prima alla
Seconda Repubblica anche in corrispondenza del crollo del Muro di Berlino e
della caduta dell'impero sovietico)... Probabilmente oggi stiamo assistendo a
una nuova fase di ridefinizione e rielaborazione dei "compromessi"
sociali e politici di cui il cosiddetto Patto del Nazareno dell'incredibile
coppia Renzi/Berlusconi non è che la manifestazione più visibile agi occhi del
grande pubblico. In questo travagliato e complesso periodo sappiamo che
l'Italia è stata testimone di tentativi o ricatti golpisti, di stragi
indiscriminate, di omicidi mirati, ecc... Sono convinto che un filo neanche
tanto invisibile attraversi e colleghi molti episodi e che, spesso, si è
tentato di ridefinire gli equilibri di potere "forzando la mano" con
quelli che qualcuno ha eufemisticamente chiamato "colpi bassi". Però
quando le parti riescono a trovare anche faticosamente un punto d'incontro,
nessuno ritiene conveniente svelare determinati retroscena al popolino...
Nessuno vuole o può dire la verità facendo i nomi e i cognomi di esecutori,
istigatori, ispiratori e mandanti dei crimini più efferati e più gravi dal
punto di vista politico.
E' assordante il
silenzio dei compromessi, ma forse dentro questa assenza abita un silenzio
ancora più sotterraneo e profondo... Un secondo silenzio che trascende e
sovrasta i compromessi... Semplicemente si impone come una realtà
insopprimibile...
Funzionari dei
servizi di informazione, alti ufficiali delle forze armate, dell'Arma dei
Carabinieri, della Guardia di Finanza, prefetti e questori, ministri,
parlamentari, stimate personalità politiche, petrolieri, imprenditori,
finanzieri, banchieri, manager del settore pubblico e di quello privato,
esponenti dell'alta burocrazia statale, editori, tycoon di successo, uomini di
spettacolo, ecc... Apparentemente si direbbe che nessuno del bel mondo
dell'establishment sia rimasto fuori da questo gran calderone per cui una
domanda pressante e impellente ha agitato i sonni di "cultori del
complotto" e di dietrologi. Ma è mai possibile che un oscuro materassaio
di Arezzo dalla fama piuttosto dubbia sia riuscito a mettere insieme quel che
rimaneva dello stato e a controllarne i posti chiave per un periodo piuttosto
lungo ? Eppure erano in molti – affiliati alla nota loggia coperta oppure no –
a fare anticamera presso la suite del Maestro Venerabile all'Hotel Excelsior di
Roma per ricevere consigli, raccomandazioni e istruzioni. Perchè, quel che è
certo, è che, se l'Italia repubblicana è sempre stata fondata sui
"compromessi", le "officine" del cosiddetto Raggruppamento
Gelli/P2 si è affermato come il luogo del collegamento e della mediazione degli
interessi finanziari e politici. Per circa un decennio, al riparo
dall'indiscrezione di ampi settori dell'opinione pubblica, la Loggia coperta
Propaganda Due deve, anzi, essere stato la Stanza Principe di compensazione per
la gente che contava.
Tale caratteristica dovrebbe averne fatto una sorta di
consorzio di logge, circoli e associazioni interessate al mantenimento di un
certo ordine istituzionale, politico e sociale. Si dovrebbe candidamente ammettere
che la loggi gelliana non costituiva questo gran potere "occulto" e
che la sua esistenza – così come la sua influenza – non fosse un mistero per
nessuno a certi livelli. Arrembanti, ambiziosi e selezionati politici
dell'intero "spettro" politico – ideologico – democristiani,
socialisti, missini, socialdemocratici, repubblicani, liberali e, forse,
perfino alcuni comunisti e radicali – premevano per consultare il Maestro
Venerabile e, probabilmente, per pendere dalle sue labbra. Eppure se la nostra
mente ritorna alla catena di "misteri", delitti e scandali del
periodo compreso fra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta i nomi di affiliati
più o meno illustri e potenti ricorrono con una frequenza incredibile tanto da
far giustamente sospettare un qualche ruolo di questa "snella ed
efficiente" organizzazione nelle stagioni più buie e sanguinose della
Repubblica. Ma come è potuto accadere ? Come mai un personaggio oscuro e
dall'apparenza mediocre e dimessa ha potuto fare sfoggio di tutta questa inspiegata
influenza ? Quali le ragioni di tanto silenzio ?
Agli atti della
Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P2 risulta che l'affiliazione
massonica di Licio Gelli coincide con la fine della "missione" del
"fratello" italoamericano Frank Gigliotti il quale, dopo aver profuso
le sue energie a promuovere l'unificazione delle due grandi
"famiglie" della massoneria italiana – quella di Palazzo Giustiniani
e quella di Piazza del Gesù – fece ritorno negli States. Alto dignitario
massone ed ex reverendo evangelico, Gigliotti non era un personaggio qualsiasi,
ma un agente di alto livello dell'OSS americano prima e della CIA poi. Aveva
fatto parte di quel nucleo di agenti americani e italoamericani che, durante la
Seconda Guerra Mondiale, si erano attivati per mobilitare tutte le risorse
possibili e utili a intensificare il controllo territoriali, istituzionale,
politico ed economico dell'Italia. In tal modo, grazie all'impegno di queste
risorse di intelligence – alcune delle quali evidentemente ritenute in buona intimità
con i mafiosi italoamericani e quelli siciliani vennero indicate come facenti
parte di una "mafia cercle" -, vennero allestiti numerosi
canali di collegamento e network da sfruttare nella maniera più opportuna.
Indubbiamente a guerra conclusa Gugliotti si incaricò di mantenere i contatto
con la massoneria italiana anche per orientarla in senso filoamericano e
intensificarne l'impegno anticomunista. Questo attivismo raggiunse il culmine
quando – nel luglio del 1960 – il Governo italiano, nella persona del Ministro
delle Finanze Trabucchi, firmò l'accordo per la restituzione della storica sede
del Grande Oriente d'Italia Palazzo Giustiniani che era stata confiscata dal
regime mussoliniano. L'accordo venne sancito alla presenza dell'Ambasciatore
americano Zellerbach e, naturalmente, del "fratello" Gigliotti.
Nonostante i trascorsi fascisti, Gelli venne iniziato alla massoneria del
Grande Oriente d'Italia dal "fratello" Roberto Ascarelli, uomo di
fiducia del Gran Maestro Giordano Gamberini, da sempre indicato come
personalità gradita agli americani. La rapida carriera massonica di Gelli è
difficilmente spiegabile se si esclude la protezione e la raccomandazione
prestata dai "fratelli" americani e, in particolare, proprio da
agenti segreti come Gigliotti. Questa condotta è probabilmente dovuta ai
presumibili servizi prestati da Gelli agli americani e agli Alleati fin dal
conflitto, quando, nel 1944 sarebbe stato reclutato dai CIC – i Counter
Intelligence Corps della V Armata americana – per "spiare"
contemporaneamente i partigiani comunisti e i repubblichini della sua zona. Si
può immaginare che, tempi di Guerra Fredda, l'efficiente agente Gelli – la cui
carriera di "spione" era iniziata in giovanissima età nel SIM
fascista – avesse partecipato a importanti operazioni con soddisfacenti
risultati, altrimenti non si potrebbe spiegare tutta questa fiducia
accordatagli dai "colleghi" d'oltreoceano. Così gli vennero affidate
le cure della prestigiosa Loggia coperta del Grande Oriente d'Italia, la
Propaganda Due per trasformarla in una pedina strategica essenziale nello
"scacchiere" italiano.
Il compianto Presidente –
"gladiatore" Francesco Cossiga fornì un particolare fondamentale di
questa storia attribuendola ad un'attendibile fonte militare: la Loggia P2 era
stata "ricreata" come organizzazione di "civil servants"
degli americani – civili e militari – presso la base militare di Bagnoli. A
tale proposito, proprio fra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni
Sessanta, in corrispondenza con la fase più rilevante della missione del
"fratello" della CIA Gigliotti, in Italia venne fondata una serie di
logge riconducibili alla "presenza americana" sul territorio italiano
come la Loggia Colosseum presso l'Ambasciata statunitense di via Veneto, la
George Washington del comando SETAF di Vicenza, la Verona American Lodge del
comando FTASE di Verona, la H. Truman della bese di Bagnoli, la Benjamin Franklin di quella di
Livorno, ecc... Se ne può inferire che
la loggia P2 fosse parte di questo solido network della massoneria diplomatica,
militare e di intelligence USA e NATO, una sorta di "GLADIO" interna
alla massoneria.
Per penetrare a
fondo il nodo della P2, forse il più grave degli scandali dell'Italia
repubblicana, e scioglierlo completamente è assai difficile trascurare i
risvolti "americani", peraltro l'Ambasciata statunitense – presso cui
era stata anche fondata la Loggia Colosseum – si trovava a brevissima distanza
dall'Hotel Excelsior e, anche sulla base delle rivelazioni del solito Cossiga,
Gelli doveva essere di casa fra i diplomatici di oltreoceano. Secondo le
testimonianze rese da autorevoli e importanti personalità politiche italiane
come il segretario del PSI Bettino Craxi e quello del PSDI Pietro Longo –
peraltro egli stesso piduista - rese davanti alla Commissione Parlamentare
d'Inchiesta sulla Loggia P2 all'epoca ci si recava a conferire dal Venerabile
Maestro Gelli perchè autorevolmente accreditato da ambienti d'oltreoceano.
Quindi non si deve fare un eccessivo sforzo di fantasia immaginando il nostro mentre,
dopo aver discusso con il ministro, il parlamentare o l'ennesimo esponente
politico, si dirigeva presso l'Ambasciata statunitense ove, peraltro, ha sempre
avuto sede la centrale dell'intelligence americana. Peraltro non è un mistero
per nessuno che negli elenchi noti degli iscritti alla P2 figurano due
facoltosi americani che nel corso degli anni Settanta dirigevano la CIA nel
nostro paese. Già al termine del decennio precedente, in un anno cruciale come
il 1969, quando venne "rivitalizzata" la Loggia P2 e, al contempo,
venne compiuta la prima terribile strage indiscriminata, quella della Banca
dell'Agricoltura in Piazza Fontana e Milano, Gelli sarebbe stato immediatamente
sollecitato da tutorevoli personaggi riconducibili all'Amministrazione Nixon a iniziare
e affiliare alcune centinaia di alti ufficiali delle forze armate per
costituire probabilmente l'esercito "segreto" di un possibile golpe
in Italia.
Solo due anni prima – nell'aprile del 1967 – la stessa CIA aveva
appoggiato un golpe militare in Grecia per cui la prospettiva di un analogo
destino per l'Italia poteva essere messa in conto. Anche se nel 1970 al
"filoamericano" Gamberini – grande sponsor di Gelli – succede il Gran
Maestro Lino Salvini – un socialista – lo spartito non muta. Le tendenze
"destrorse" di Gelli e le sue frequentazioni non propriamente conformi agli ideali della
massoneria sono note e sono anche state denunciate da un gruppo di massoni
progressisti e democratici, mentre i tre rapporti del questore Santillo,
direttore dell'Ispettorato Antiterrorismo, denunciavano il coinvolgimento del
capo della P2 nel terrorismo "nero" eppure il nostro gode di amicizie
e protezioni di livello troppo elevato. Semplicemente Gelli è diventato un alto
dignitario della massoneria, il più importante e potente delle
"famiglie" italiane, stimato e apprezzato dalla muratoria
internazionale. Non si deve dimenticare che in questi anni il Grande Oriente
d'Italia incassa importanti successi come il riconoscimento da parte della Gran
Loggia Unita d'Inghilterra (1972), sintomatico del grande credito di cui anche
il Gelli all'epoca godeva presso i "fratelli" britannici. Sotto la
sua egida per qualche tempo sembrò avverarsi il "sogno" del
"fratello" Gigliotti e degli americani in genere: unificare le due
grandi "famiglie" massoniche italiane possibilmente sotto l'insegna
di un più saldo e determinato anticomunismo. A quanto pare – probabilmente a
partire dal biennio 1972 – 1973 – Gelli passò all'incasso guadagnandosi
l'ammissione alla P2 da parte di personaggi italiane di primissimo piano
provenienti dalla più facoltosa loggia coperta della "Famiglia" di
Piazza del Gesù, di Rito Scozzese Antico e Accettato e, quindi, già parte della
"famiglia" massonica britannica. Fra i nomi che vi compaiono si
possono annoverare il patron di Mediobanca Enrico Cuccia, il "big"
dell'industria petrolifera e chimica Eugenio Cefis Presidente della Montedison
e già successore del compianto Mattei alla guida dell'ENI, il finanziere
"massomafioso" Michele Sindona e due prestigiosi e discussi militari
come il generale Giovanni De Lorenzo e il generale Giuseppe Aloja. Per quel che
riguarda gli ultimi due il primo è stato il direttore del SIFAR che ha siglato
l'accordo con la CIA che segnava l'avvio dell'attività della GLADIO, la sezione
italiana della STAY BEHIND e il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri
implicato nella pianificazione del Piano SOLO mentre il secondo era quel capo
di Stato Maggiore della Difesa che aveva organizzato il famoso convegno sulla
"guerra rivoluzionaria" presso l'Hotel Parco dei Principi a Roma (3 –
5 maggio 1965) ritenuto il vero inizio della "strategia della
tensione" da molti studiosi e osservatori. Nonostante l'aspra rivalità fra
questi pezzi da novanta delle forze armate c'è chi ha avanzato il sospetto che
entrambi avessero ricoperto un ruolo importante nella carriera di Gelli
all'interno dei servizi segreti militari tanto da promuoverlo al rango di
"capo occulto" almeno nel periodo più caldo della "strategia
della tensione". Tanto più che il futuro Venerabile Maestro avrebbe sempre
mantenuto ottimi rapporti con l'intelligence statunitense. Per quale ragione,
infatti, fra il 1967 e il 1968 un fedelissimo del generale De Lorenzo ed ex
direttore del SIFAR come il generale Giovanni Allavena avrebbe consegnato parte
del prezioso materiale informativo del servizio segreto del Ministero della
Difesa all'oscuro materassaio di Arezzo ? Non c'era nessuno che garantiva per
lui ?
Comunque il quesito
ineludibile per chi si voglia accostare alla scottante e intricata materia non
può che riguardare la natura stessa della Loggia P2. Tutto ciò non spiega
sufficientemente e in maniera convincente perchè in una determinata fase della
nostra storia e di quella internazionale c'era bisogno di dotarsi di una
struttura come la famigerata loggia "coperta" e di elevare Gelli e il
sodale Ortolani al grado di "agenti di influenza" d'alto livello e in
conformità con determinate logiche. Tale circostanza si spiegherebbe con il
fatto che, fra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, non solo
determinati circoli finanziari, politici, diplomatici e militari – americani e
"atlantici" – erano preoccupati dalla grande attrattiva elettorale
esercitata dalla DC, ma anche dai cedimenti della DC che, con gli auspici di un
leader come Aldo Moro, cominciava a guardare sempre più a sinistra. In effetti
dal centrosinistra – la linea di politica governativa basata sull'asse DC – PSI
– si passa alla "strategia dell'attenzione" nei confronti dei
comunisti, per approdare poi al noto Compromesso Storico e ai governi di
Solidarietà Nazionale. E' stato ampiamente documentato come vasti settori
dell'establishment "euroamericano" non avessero mai condiviso tali
prospettive che, anzi, erano reputate sciagurate per l'Italia, per la stessa
Alleanza Atlantica e per gli interessi americani. In qualche modo – come è
stato giustamente rimarcato – la "strategia della tensione" venne
contrapposta alla "strategia dell'attenzione" morotea. In aggiunta,
in mancanza di validi interlocutori partitici – intesi come partiti nella loro
interezza -, si pensò di costruire una sorta di "partito occulto" e
in questo senso lo schermo della massoneria risultava utilissimo. Tuttavia, in
senso stretto, la loggia P2 non era stata concepita solo come lo strumento principe
per la savaguardia della fedeltà "atlantica" dell'Italia e per la
strategia "anticomunista", ma, parimenti, come una pedina nelle mani
dell'establishment occidentale, "plutocratico" e tecnocratico. Non è
un mistero per nessuno che sono rilevabili evidenti affinità fra il manifesto
"programmatico" della Commissione Trilaterale (Rockefeller,
Kissinger, Brzezinsky, Huntington) – Crisis of Democracy – e il celebre
e piduista Piano di Rinascita Democratica, sostanzialmente la versione
"trilateralista" approntata e adattata al contesto italiano.
L'impianto congegnato da solerti e intraprendenti esperti di ingegneria sociale
e istituzionale è noto: non ci si può più permettere di sostenere i costi degli
"eccessi" di democrazia per cui occorrerà promuovere le condizioni
adatte a diffondere apatia e indifferenza "politica" fra i cittadini
occidentali anche e soprattutto attraverso i mass media – televisione e stampa
in primis -.
Così sorge il dubbio
che il Piano di Rinascita Democratica non fosse esclusivamente
"piduista" e che vi contribuissero anche altre "entità".
Altrimenti non si comprende come mai, nel momento di estrema difficoltà, il
Venerabile Maestro non trovò di meglio da fare che lanciare messaggi più o meno
ricattatori. Come non ricordare che fece intenzionalmente sequestrare una borsa
con alcuni documenti scottanti come lo stesso
Piano di Rinascita all'aeroporto di Fiumicino ? Era il 4 luglio
del 1981, giorno in cui la pirima compagine governativa laica della storia,
guidata dal repubblicano Giovanni Spadolini, si presentava alla Camera per la
fiducia... Il 4 luglio del 1776 era stata approvata la Dichiarazione
d'Indipendenza americana al Congresso di Philadelphia. Non è certo da
escludere una valenza "simbolica" nella condotta del Venerabile...
Alla metà degli anni
Settanta la carriera del Venerabile è a un punto di svolta e ormai pare anche
ben inserito nell'ambito dell'establishment internazionale. Forse una serie di
circostanze anche "fortunate" hanno contribuito a migliorare
notevolmente la posizione di Gelli, infatti molte illustri personalità italiane
riconducibili a certi circoli di potere non se la stanno passando troppo
bene... Basti pensare che, sia Sindona che Cefis sono "costretti" a
lasciare l'Italia seppure in frangenti diversi, mentre altri "confratelli"
piduisti di Gelli – o comunque vicini alle sue posizioni – sono nel mirino
della magistratura. Il rinnovato prestigio di quel figlio di un modesto mugnaio
di Pistoia viene rimarcato dalla sua presenza alle cerimonie di insediamento di
ben tre Presidenti statunitensi, Gerald Ford (1974), Jimmy Carter (1977) e
Ronald Reagan (1981) anche se, anno dopo anno, si fanno più precisi e chiari i
segnali dello sgretolamento della sua enorme influenza... Sul periodo del
declino "gelliano" e della Loggia P2 (1978 – 1981) si dovrebbero
forse scrivere altre numerose pagine di un libro ancora in gran parte da
inventare...
Insomma di Gelli,
Ortolani e della "famiglia" piduista si parla spesso e si parla
troppo e, tuttavia, permane una fitta linea d'ombra e si avverte costante la
presenza di tutto un territorio in cui il "silenzio è d'oro". Come
rimane impenetrabile il silenzio che avvolge le stragi, il terrorismo, gli
omicidi "mafiosi" eccellenti e diversi attentati mirati... Ma quali
sono stati i risultati delle perizie balistiche condotte e disposte durante le
varie inchieste giudiziarie ? Quante volte è accaduto che reperti di un certo
valore probatorio venissero inquinati o sottratti ? Da dove provengono gli
esplosivi, i mitra, le pistole, i proiettili, ecc... adoperati in alcuni
attentati eclatanti ? Da arsenali militari ? Da depositi allestiti nelle
caserme ? Da quelli "naturali", i NASCO dell'operazione GLADIO/STAY
BEHIND ? Oppure occore ricostruire i percorsi e le rotte di certi traffici
internazionali ? Non si può escludere che molte risposte potrebbero venire da
quelle clausole segrete e aggiuntive del Protocollo della NATO siglate nel
1949. In posizione strategica nello scacchiere mediterraneo l'Italia accoglie
forse il più grande numero di basi e siti militari USA e NATO di tutta l'Europa
e, al contempo, si situa al grande crocevia di ingenti e criminali traffici
internazionali (armi, stupefacenti, preziosi, rifiuti, uomini, ecc...).
In un certo senso
tutto ciò sovrasta, sommerge e trascende i nostrani "compromessi"
imponendo quel grande silenzio su cui tutti – da destra a sinistra – non
possono far altro che calare costantemente il sipario...
In attesa della fine
del sonno e del principio di un giorno finalmente nuovo...
Saluti
HS
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